Di Miguel de Cervantes
Balletto in tre atti
Coreografia Aleksej Fadeeĉev (dall’originale di Marius Petipa)
Musica Ludwig Minkus
Direttore d’orchestra David Garforth
Scene e costumi Viaĉeslav Okunev
Luci Amiran Ananashvili
Maître de Ballet Andrei Fedotov
Interpreti principali: Don Quijote Marcello Pepe, Sancho Panza Marco Spizzica,
Kitri/Dulcinea Maria Kochetkova/Claudia D’Antonio (29/02, 3/03),
Basilio Daniil Simkin/Alessandro Staiano (29/02, 3/03)
Allestimento del Teatro Statale di Opera e Balletto di Tbilisi
Al Teatro San Carlo di Napoli, dal 28 febbraio al 3 marzo 2020
Un classico della letteratura può essere raccontato anche tramite la nobile arte della danza, quando le note vivaci e virtuose, accompagnate dalla grazia dei movimenti e dalla sapienza tecnica dei grandi ballerini, si uniscono a costumi di pregevole fattura e scene di straordinaria bellezza e verosimiglianza. Si apre così il Don Chisciotte al Teatro San Carlo, su di uno scenario della meraviglia e del colore, che ci regala la versione delle coreografie originali del coreografo Petipa, che come tanti nell’Ottocento era emigrato in Russia per lavorare per i Teatri Imperiali, nella stagione più fervida della creazione russa e dei balletti di repertorio. Di sicuro un balletto poi dimenticato, questo, perché sopraffatto dalle storie più quotidiane e più aderenti alla realtà, che, seppur ancora narranti favole e sogni, si rifacevano ad aspetti meno fantastici e meno bizzarri rispetto a quelli costitutivi dell’eroe negativo Don Chisciotte della Mancia, ultimo di un mondo di cavalleria e duelli ormai inesistente ed abbondantemente superato. Un po’ come la Madame Bovary eroina di tante donne, che si perde nella letteratura e nei sogni romantici del vivere avventure assolutamente fuori dalla normalità e ben lontane dalla noia di un ripetitivo e banale quotidiano, anche il cavaliere errante desidera una vita ricca e avventurosa, ma al contrario della fervida lettrice di Flaubert, l’impossibile non tiene Don Chisciotte prima ancorato ai libri e poi nel dolore di scoprire l’amara realtà, ma, accompagnato dal suo fido scudiero Sancho Panza, il paladino della giustizia comico e idealista cerca per il mondo la sua bella Dulcinea, combatte giganti e ormai famosi mulini a vento e tenta di portare ovunque giustizia e pace, sfidando a duello cavalieri che in realtà vede soltanto lui. Nel profondo però, la vera missione dell’erede del mondo delle corti medievali di dame e cavalleria, è quella di riportare l’amore e di fare del bene, come ben presto succede anche nel balletto del Don Quijote. Il passo a due finale e le variazioni di Kitri e Basilio sono tra i più alti punti d’arrivo per esperti danzatori e rappresentano la vera eredità di questo balletto, quei pezzi di storia della danza che, per il loro altissimo virtuosismo e la difficoltà tecnica ed espressiva, hanno continuato ad essere portati in scena anche quando il Don Chisciotte non era più tra i balletti in programmazione. In questa versione, che è appunto quella con le coreografie riprese dall’originale, vediamo al centro in particolar modo Kitri e Basilio, con il loro amore e le loro danze, a cui contribuiranno anche i due forestieri Don Chisciotte e lo scudiero. La musica di Minkus è stata a volte definita esclusivamente di consumo, perché creata appositamente per le composizioni di balletti e con poco spazio per la creatività, ma in realtà il suo gusto preciso e ben allestito ha permesso ad ogni coreografo di esprimere gli argomenti allora più in voga con eleganza e sicurezza. La vivacità della sua partitura, anche se non ne fa uno dei nomi più famosi e ricordati, valorizza pienamente il racconto per immagini e movimento di una perfetta armonia scenica che proprio come i cavalieri a cui tanto aspirava il suo protagonista, è realizzata da una moderna compagnia “valorosa”: quella di esperti ballerini professionisti.
Francesca Myriam Chiatto