DSipario Mensile e Portale: scopri il mondo dello spettacolo. Guida ai Teatri, ai Festival, alle Scuole di Danza e di Teatro; Recensioni degli spettacoli, Comunicati stampa, Cyclopedia e molto altro.https://www.sipario.it/recensionidanzad.feed2024-03-29T16:08:47+01:00Joomla! - Open Source Content Management"DIVERTISSEMENT" – a cura di Stéphane Fournial (IN STREAMING)2021-04-30T07:52:51+02:002021-04-30T07:52:51+02:00https://www.sipario.it/recensionidanzad/item/13656-divertissement-a-cura-di-stephane-fournial-in-streaming.htmlFrancesca Myriam Chiatto<div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/700b447db68cab3f2165aa543df6d758_S.jpg" alt=""Divertissement" - Teatro San Carlo, Napoli" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p style="text-align: justify;"><strong>Spettacolo di balletto a cura di Stéphane Fournial </strong><br /><strong>Direttore Maurizio Agostini</strong><br /><strong> Programma: </strong><br /><em><strong>Enrico VIII </strong></em><br /><strong>Variazione Gipsy Luisa Ieluzzi </strong><br /><strong><em>Fiamme de Paris</em> </strong><br /><strong>Pas de Deux Anna Chiara Amirante, Alessandro Staiano </strong><br /><strong><em>Paquita</em> </strong><br /><strong>Stanislao Capissi, Claudia D’Antonio </strong><br /><strong>Donne Primo Ingresso Valeria Iacomino, Adriana Pappalardo, Francesca Riccardi / Secondo Ingresso Rita De Martino, Ottavia Cocozza di Montanara, Annalina Nuzzo </strong><br /><strong> Soliste: </strong><br /><strong>Primo Ingresso Luisa Ieluzzi, Grazia Striano </strong><br /><strong>Secondo Ingresso Annalisa Casillo, Annalina Nuzzo </strong><br /><strong>Pas de Trois Martina Affaticato, Salvatore Manzo, Grazia Striano </strong><br /><strong>Variazione Annalina Nuzzo </strong><br /><strong>Variazione Luisa Ieluzzi </strong><br /><strong>Con l’Orchestra e il Balletto del Teatro di San Carlo </strong><br /><strong>Dal 23 aprile al 15 maggio 2021, tramite biglietto, sul sito del Teatro di San Carlo</strong></p> <p style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>www.Sipario.it, 27 aprile 2021</strong>}</p> <p style="text-align: justify;">Da vocabolario, nell'opera francese, col termine di <em>divertissement</em> si definivano, solitamente, le parti danzate (con intervento del canto, spesso, ma non necessariamente) che erano presenti nelle commedie e nelle tragedie liriche o in forme ad esse simili, come intermezzo oppure a chiusura degli atti. Nell'opera – balletto le parti danzate si sono poi diffuse sempre di più, quasi ad entrare a un certo punto anche nella stessa costituzione dell’opera medesima e ad assumerne, quindi, un carattere strutturale. In generale, in musica, ma anche in arte o in letteratura, il <em>divertimento</em> è un componimento a carattere giocoso, frivolo e scanzonato. Sembra di essere seduti al centro del Palco Reale del Teatro di San Carlo, questa sera e di poter avere il privilegio di assistere ad uno spettacolo che, sì, è vero, è proprio divertente, allegro, coinvolgente, nonostante mantenga quell’aria un po’ più eterea e delicata del normale, perché segue quell’armonia dolce e sensibile della danza classica. La rappresentazione, che riprende brani e pezzi ballati da <em>Enrico VIII</em>, <em>Fiamme de Paris</em>, <em>Paquita</em>, è un alternarsi di bellezza ed allegria. Sembra davvero di essere in quella sala invece vuota, di cui è riempita soltanto la buca dell’orchestra e di provare quelle emozioni a cui amiamo tanto assistere da una poltrona di velluto rosso. Nel buio della platea non ci si accorge che dal palco si balla per il pubblico a casa, che potrà fruire dello spettacolo in differita, mentre lì dal vivo ci sono soltanto braccioli e sedili. Assente la scenografia, lo sfondo semplice è soltanto impreziosito dal gioco di luci e dal contorno del corpo di ballo, che lascia il posto ai solisti ed ai passi a due, per composizioni artistiche di alto livello e valore estetico e tecnico. Anche i costumi contribuiscono ad adornare ed arricchire un quadro di stile e di armonia danzata, disponibile fino al 15 maggio.</p> <p><strong>Francesca Myriam Chiatto</strong></p> <p style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</p></div><div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/700b447db68cab3f2165aa543df6d758_S.jpg" alt=""Divertissement" - Teatro San Carlo, Napoli" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p style="text-align: justify;"><strong>Spettacolo di balletto a cura di Stéphane Fournial </strong><br /><strong>Direttore Maurizio Agostini</strong><br /><strong> Programma: </strong><br /><em><strong>Enrico VIII </strong></em><br /><strong>Variazione Gipsy Luisa Ieluzzi </strong><br /><strong><em>Fiamme de Paris</em> </strong><br /><strong>Pas de Deux Anna Chiara Amirante, Alessandro Staiano </strong><br /><strong><em>Paquita</em> </strong><br /><strong>Stanislao Capissi, Claudia D’Antonio </strong><br /><strong>Donne Primo Ingresso Valeria Iacomino, Adriana Pappalardo, Francesca Riccardi / Secondo Ingresso Rita De Martino, Ottavia Cocozza di Montanara, Annalina Nuzzo </strong><br /><strong> Soliste: </strong><br /><strong>Primo Ingresso Luisa Ieluzzi, Grazia Striano </strong><br /><strong>Secondo Ingresso Annalisa Casillo, Annalina Nuzzo </strong><br /><strong>Pas de Trois Martina Affaticato, Salvatore Manzo, Grazia Striano </strong><br /><strong>Variazione Annalina Nuzzo </strong><br /><strong>Variazione Luisa Ieluzzi </strong><br /><strong>Con l’Orchestra e il Balletto del Teatro di San Carlo </strong><br /><strong>Dal 23 aprile al 15 maggio 2021, tramite biglietto, sul sito del Teatro di San Carlo</strong></p> <p style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>www.Sipario.it, 27 aprile 2021</strong>}</p> <p style="text-align: justify;">Da vocabolario, nell'opera francese, col termine di <em>divertissement</em> si definivano, solitamente, le parti danzate (con intervento del canto, spesso, ma non necessariamente) che erano presenti nelle commedie e nelle tragedie liriche o in forme ad esse simili, come intermezzo oppure a chiusura degli atti. Nell'opera – balletto le parti danzate si sono poi diffuse sempre di più, quasi ad entrare a un certo punto anche nella stessa costituzione dell’opera medesima e ad assumerne, quindi, un carattere strutturale. In generale, in musica, ma anche in arte o in letteratura, il <em>divertimento</em> è un componimento a carattere giocoso, frivolo e scanzonato. Sembra di essere seduti al centro del Palco Reale del Teatro di San Carlo, questa sera e di poter avere il privilegio di assistere ad uno spettacolo che, sì, è vero, è proprio divertente, allegro, coinvolgente, nonostante mantenga quell’aria un po’ più eterea e delicata del normale, perché segue quell’armonia dolce e sensibile della danza classica. La rappresentazione, che riprende brani e pezzi ballati da <em>Enrico VIII</em>, <em>Fiamme de Paris</em>, <em>Paquita</em>, è un alternarsi di bellezza ed allegria. Sembra davvero di essere in quella sala invece vuota, di cui è riempita soltanto la buca dell’orchestra e di provare quelle emozioni a cui amiamo tanto assistere da una poltrona di velluto rosso. Nel buio della platea non ci si accorge che dal palco si balla per il pubblico a casa, che potrà fruire dello spettacolo in differita, mentre lì dal vivo ci sono soltanto braccioli e sedili. Assente la scenografia, lo sfondo semplice è soltanto impreziosito dal gioco di luci e dal contorno del corpo di ballo, che lascia il posto ai solisti ed ai passi a due, per composizioni artistiche di alto livello e valore estetico e tecnico. Anche i costumi contribuiscono ad adornare ed arricchire un quadro di stile e di armonia danzata, disponibile fino al 15 maggio.</p> <p><strong>Francesca Myriam Chiatto</strong></p> <p style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</p></div>DAME AUX CAMELIAS (LA) - coreografia e regia John Neumeier2008-10-05T02:00:00+02:002008-10-05T02:00:00+02:00https://www.sipario.it/recensionidanzad/item/1499-sipario-recensioni-dame-aux-cam%C3%A9lias-la.htmlLa Redazionerivista@sipario.it<div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/c511c1bbac51725f9a8fb4ceafe921f2_S.jpg" alt="La Dame aux camélias" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>coreografia e regia: John Neumeier</strong><br /><strong>dal romanzo di Alexandre Dumas (figlio)</strong><br /><strong>coreografia ripresa da Victor Hughes</strong><br /><strong>musica: Fryderyk Chopin</strong><br /><strong>direttore: Ermanno Florio</strong><br /><strong>pianoforte: Andrea Padova</strong><br /><strong>scene e costumi: Jürgen Rose</strong><br /><strong>luci: John Neumeier</strong><br /><strong>con Lucia Lacarra / Marta Romagna / Emanuela Montanari, Roberto Bolle / Gabriele Corrado / Massimo Murru</strong><br /><strong>Orchestra e Corpo di Ballo del Teatro alla Scala</strong><br /><strong>Milano, Teatro alla Scala, dal 1 al 24 ottobre 2008</strong></p> <p>{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>Avvenire, 5 ottobre 2008</strong>}<span style="font-size: 10pt;"><strong>Lacarra e Bolle, una vibrante «Dame aux camélias» </strong> </span></p> <p style="text-align: justify;">Lucia Lacarra e Roberto Bolle hanno trionfato, alla Scala, nella ripresa della «Dame aux camélias» (in scena fino al 24 ottobre), balletto romantico creato da John Neumeier nel 1978 per la grande danzatrice Marcia Haydée ad Amburgo. È la storia di Margerita Gautier e Armand Duval raccontata da Alessandro Dumas figlio e resa celebre in tutto il mondo dall' opera «La traviata» di Giuseppe Verdi: una tragica parabola dell' amore impossibile che ha una forte valenza simbolica e che resta nell' eternità dei nostri sentimenti. Neumeier usa musiche di Chopin, scelta perfetta, affidate al pianista Andrea Padova e all' orchestra diretta da Ermanno Florio: ne viene una atmosfera lirica e melanconica che ben si adatta alla vicenda. Il balletto prende il via dalla vendita all' asta dei beni di Margherita, e si snoda in flashback sul filo dei ricordi di Armand. In più il coreografo crea un parallelo col destino di Manon Lescaut, introducendo nelle feste galanti del 1840 parigino i fatti dolorosi narrati dall' abate Prévost. Singolarmente, l' allestimento bellissimo di Jurgen Rose sembra spostare i tempi del racconto in un clima elegantemente proustiano. Sul filo rosso di intensi «duetti», nei quali i due protagonisti esprimono una amplissima gamma di sentimenti, il balletto crea un' atmosfera vibrante, molto vicina al «melodramma». Le feste, i peccati, le bravate giovanili, il senso magico della vita si materializzano in una scrittura coreografica veloce e ricca di passi e di gesti dove tradizione e modernità si uniscono. Il Corpo di ballo, con i suoi solisti, si è mosso con fresca precisione, meritando il consenso del pubblico.</p> <p><strong>Mario Pasi</strong></p> <p>{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</p></div><div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/c511c1bbac51725f9a8fb4ceafe921f2_S.jpg" alt="La Dame aux camélias" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>coreografia e regia: John Neumeier</strong><br /><strong>dal romanzo di Alexandre Dumas (figlio)</strong><br /><strong>coreografia ripresa da Victor Hughes</strong><br /><strong>musica: Fryderyk Chopin</strong><br /><strong>direttore: Ermanno Florio</strong><br /><strong>pianoforte: Andrea Padova</strong><br /><strong>scene e costumi: Jürgen Rose</strong><br /><strong>luci: John Neumeier</strong><br /><strong>con Lucia Lacarra / Marta Romagna / Emanuela Montanari, Roberto Bolle / Gabriele Corrado / Massimo Murru</strong><br /><strong>Orchestra e Corpo di Ballo del Teatro alla Scala</strong><br /><strong>Milano, Teatro alla Scala, dal 1 al 24 ottobre 2008</strong></p> <p>{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>Avvenire, 5 ottobre 2008</strong>}<span style="font-size: 10pt;"><strong>Lacarra e Bolle, una vibrante «Dame aux camélias» </strong> </span></p> <p style="text-align: justify;">Lucia Lacarra e Roberto Bolle hanno trionfato, alla Scala, nella ripresa della «Dame aux camélias» (in scena fino al 24 ottobre), balletto romantico creato da John Neumeier nel 1978 per la grande danzatrice Marcia Haydée ad Amburgo. È la storia di Margerita Gautier e Armand Duval raccontata da Alessandro Dumas figlio e resa celebre in tutto il mondo dall' opera «La traviata» di Giuseppe Verdi: una tragica parabola dell' amore impossibile che ha una forte valenza simbolica e che resta nell' eternità dei nostri sentimenti. Neumeier usa musiche di Chopin, scelta perfetta, affidate al pianista Andrea Padova e all' orchestra diretta da Ermanno Florio: ne viene una atmosfera lirica e melanconica che ben si adatta alla vicenda. Il balletto prende il via dalla vendita all' asta dei beni di Margherita, e si snoda in flashback sul filo dei ricordi di Armand. In più il coreografo crea un parallelo col destino di Manon Lescaut, introducendo nelle feste galanti del 1840 parigino i fatti dolorosi narrati dall' abate Prévost. Singolarmente, l' allestimento bellissimo di Jurgen Rose sembra spostare i tempi del racconto in un clima elegantemente proustiano. Sul filo rosso di intensi «duetti», nei quali i due protagonisti esprimono una amplissima gamma di sentimenti, il balletto crea un' atmosfera vibrante, molto vicina al «melodramma». Le feste, i peccati, le bravate giovanili, il senso magico della vita si materializzano in una scrittura coreografica veloce e ricca di passi e di gesti dove tradizione e modernità si uniscono. Il Corpo di ballo, con i suoi solisti, si è mosso con fresca precisione, meritando il consenso del pubblico.</p> <p><strong>Mario Pasi</strong></p> <p>{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</p></div>DAME AUX CAMELIAS (LA) - coreografia John Neumeier2007-03-22T01:00:00+01:002007-03-22T01:00:00+01:00https://www.sipario.it/recensionidanzad/item/7773-dame-aux-camelias-la-coreografia-john-neumeier.htmlLa Redazionerivista@sipario.it<div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/665f5d6be934d61068fc2727cefc7ef5_S.jpg" alt="La Dame aux camélias" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong></strong><strong><span style="font-size: 12pt;"><strong><span style="color: #000000;"> </span></strong></span>con Alessandra Ferri/Marta Romagna/Emanuela Montanari, Roberto Bolle/Massimo Murru <br />coreografia: John Neumeier<br />dal romanzo di Alexandre Dumas (figlio)<br />ripresa da Victor Hughes e Ilse Wiedmann<br />musica: Fryderyk Chopin<br />direttore: Kevin Rhodes<br />scene e costumi: Jürgen Rose<br />luci: John Neumeier<br />Milano, Teatro alla Scala, dal 20 al 31 marzo 2007</strong></p> <p>{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>Avvenire, 23 marzo 2007</strong>}<span style="font-size: 10pt;"><strong>Per la Ferri un addio di passione alla Scala</strong></span></p> <p style="text-align: justify;">L'étoile ha scelto la «Dame aux Camélias» di Neumeier per congedarsi dalle scene milanesi e oggi trionfa con una performance intensa supportata da un perfetto Roberto Bolle</p> <p> </p> <p style="text-align: justify;">Per dare l'addio (addio definitivo?) al suo pubblico, non poteva scegliere Alessandra Ferri che un personaggio romantico e drammatico, vicino alle sue corde, come Marguerite Gautier e per il suo congedo scegliere un balletto così ricco di fascino e di grande eleganza come questo La Dame aux camélias di John Neumeier, l'americano di Milwaukee da decenni in Germania alla guida del Balletto di Amburgo. Un «dance drama» nato negli anni Settanta (e si nota) ma che sulla ribalta del Piermarini non aveva ancora fatto la sua entrata. Un lavoro che non si accosta all'opera lirica, e per opera lirica naturalmente intendiamo Verdi, e nemmeno al famoso dramma, passione della Duse e della Bernhardt, ma più specificatamente al romanzo di Dumas, Dumas fils beninteso. E poiché anche per Neumeier la danza comincia dove si esaurisce la lingua egli ha cercato, riuscendovi, di mettere in coreografia, e persino in eccesso, quello che si può leggere tra le righe del romanzo: cioè l'atmosfera, i sentimenti, tutte le commozioni possibili. <br />Il grande coreografo, ha trovato così una linea drammaturgica complessa e fantasiosa, facendo vedere teatro nel teatro, sovrapponendo filmicamente scene realistiche, retrospettive, sogni di un'azione ripetutamente interrotta, offrendo insomma doppia letteratura danzata per evidenziare i desideri e le ansie segrete di Marguerite Gautier mettendola a confronto con la figura di Manon Lescaut. In un allestimento scenico essenziale (di Jurgen Rose), a base di grandi sipari, mobili d'epoca, lampadari e rami fioriti, tutto ciò dimostrato attraverso un linguaggio classico dove però la purezza accademica è sempre lacerata dal dolore, dalla passione che portano la sua danza in una dimensione contemporanea molto densa e di bella forza evocativa. Servendosi poi della preziosa musica di Chopin, soprattutto le pagine pianistiche, che meglio rispecchia l'atmosfera dei saloni francesi nei quali era di casa la sventurata eroina. <br />Una musica che accompagna riflessiva (forse un po' troppo) il procedere della vicenda, che non trascende mai. Tragedia e passione a far piangere il pianoforte (applaudito il pianista Daniele Spaccarotella) di un dolore interiorizzato. Senza bisogno della grancassa. Tutto il balletto, suddiviso in tre atti, a svolgersi ad alto livello (anche se talora un po' algido) e l'ultimo straziante pas de deux a farsi il momento più alto. E dove la Ferri dimostra appieno come sappia fondere in modo mirabile capacità tecniche e interpretative. Festeggiatissima alla fine insieme a Roberto Bolle il cui Armand ha forse ancora bisogno di maturazione interiore ma è ricco di passi perfetti, raggiante di bellezza e nobiltà. Li affiancano la brava Sabrina Brazzo, Gilda Gelati, Gianni Ghisleni , Vittorio D'Amato e la giovane Emanuela Montanari alla quale (con partner Massimo Murru), in alcune repliche, la Ferri passerà il testimone. Al podio Kevin Rhodes.</p> <p><strong>Domenico Rigotti</strong></p> <p>{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>Corriere della Sera, 22 marzo 2007</strong>}<span style="font-size: 10pt;"><strong>Ferri-Margherita Addio con i fiori e senza clamore</strong> </span></p> <p style="text-align: justify;">Tutto comincia con una vendita all' asta, il mobilio della defunta Margherita Gautier, amata cortigiana, è portato via dal bell' appartamento, sotto gli occhi dell' esattore Duval (Papà Germont nella «Traviata» di Verdi), di amici e curiosi. Arriva di corsa il giovane Armand Duval, che amò Margherita, abbraccia il padre e cade svenuto. Nella sua mente affiorano i ricordi, la storia prende forma dal primo incontro (nella tecnica del flash back) al Teatro dei Varietà a Parigi, durante un balletto ispirato a Manon Lescaut. Questa è l' idea centrale della «Dame aux camélias» di John Neumeier, creato nel 1978 per la grande Marcia Haydée e ora alla Scala per il «valzer degli addii» di Alessandra Ferri. Armand rievoca le gioie, i dolori, le violenze di una passione impossibile. Si identifica, fra molti, troppi svenimenti, con il cavaliere Des Grieux della «Manon» di Prévost, ma non ha il senso del sacrificio, non accompagna la povera prigioniera deportata in Louisiana, resta sempre un piccolo borghese vendicativo che privilegia il denaro. Margherita, malata condannata a morir «sì giovane», passa dai piaceri agli strazi, come voleva Dumas figlio che in lei fece coincidere la sua amica Duplessis, senza mai diventare un' eroina. Roberto Bolle, in nero, sembra un angelo della morte: evoca la sua storia leggendo il suo diario, entra di prepotenza nelle scene con tutte le sue eccellenti qualità tecniche ed espressive, meritando i caldi applausi a scena aperta e le attese ovazioni finali. Alessandra Ferri danza Margherita e pensa alla Manon che tante volte ha interpretato, dando vita a una sofferta interpretazione e sempre riuscendo a rendere credibile un ruolo arduo, non sempre amabile, e così portando il pubblico a esserle vicino nel suo disgraziatissimo finale di partita. È l' ultimo spettacolo che danza alla Scala, l' addio cadrà il 30, l' affetto dei milanesi si è espresso con serenità, senza clamori. Un mazzo di fiori lanciato da un palco e un pò di commozione. Rievocando un Ottocento un pò proustiano e un primo 900 alla Coco Chanel, Neumeier ha scelto musiche di Chopin e ha evitato giustamente Verdi; Kevin Rhodes ha diretto l' orchestra scaligera e Roberto Cominati sedeva al pianoforte, e spesso il calore romantico ha preso i cuori.</p> <p><strong>Mario Pasi</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong></strong>{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</p></div><div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/665f5d6be934d61068fc2727cefc7ef5_S.jpg" alt="La Dame aux camélias" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong></strong><strong><span style="font-size: 12pt;"><strong><span style="color: #000000;"> </span></strong></span>con Alessandra Ferri/Marta Romagna/Emanuela Montanari, Roberto Bolle/Massimo Murru <br />coreografia: John Neumeier<br />dal romanzo di Alexandre Dumas (figlio)<br />ripresa da Victor Hughes e Ilse Wiedmann<br />musica: Fryderyk Chopin<br />direttore: Kevin Rhodes<br />scene e costumi: Jürgen Rose<br />luci: John Neumeier<br />Milano, Teatro alla Scala, dal 20 al 31 marzo 2007</strong></p> <p>{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>Avvenire, 23 marzo 2007</strong>}<span style="font-size: 10pt;"><strong>Per la Ferri un addio di passione alla Scala</strong></span></p> <p style="text-align: justify;">L'étoile ha scelto la «Dame aux Camélias» di Neumeier per congedarsi dalle scene milanesi e oggi trionfa con una performance intensa supportata da un perfetto Roberto Bolle</p> <p> </p> <p style="text-align: justify;">Per dare l'addio (addio definitivo?) al suo pubblico, non poteva scegliere Alessandra Ferri che un personaggio romantico e drammatico, vicino alle sue corde, come Marguerite Gautier e per il suo congedo scegliere un balletto così ricco di fascino e di grande eleganza come questo La Dame aux camélias di John Neumeier, l'americano di Milwaukee da decenni in Germania alla guida del Balletto di Amburgo. Un «dance drama» nato negli anni Settanta (e si nota) ma che sulla ribalta del Piermarini non aveva ancora fatto la sua entrata. Un lavoro che non si accosta all'opera lirica, e per opera lirica naturalmente intendiamo Verdi, e nemmeno al famoso dramma, passione della Duse e della Bernhardt, ma più specificatamente al romanzo di Dumas, Dumas fils beninteso. E poiché anche per Neumeier la danza comincia dove si esaurisce la lingua egli ha cercato, riuscendovi, di mettere in coreografia, e persino in eccesso, quello che si può leggere tra le righe del romanzo: cioè l'atmosfera, i sentimenti, tutte le commozioni possibili. <br />Il grande coreografo, ha trovato così una linea drammaturgica complessa e fantasiosa, facendo vedere teatro nel teatro, sovrapponendo filmicamente scene realistiche, retrospettive, sogni di un'azione ripetutamente interrotta, offrendo insomma doppia letteratura danzata per evidenziare i desideri e le ansie segrete di Marguerite Gautier mettendola a confronto con la figura di Manon Lescaut. In un allestimento scenico essenziale (di Jurgen Rose), a base di grandi sipari, mobili d'epoca, lampadari e rami fioriti, tutto ciò dimostrato attraverso un linguaggio classico dove però la purezza accademica è sempre lacerata dal dolore, dalla passione che portano la sua danza in una dimensione contemporanea molto densa e di bella forza evocativa. Servendosi poi della preziosa musica di Chopin, soprattutto le pagine pianistiche, che meglio rispecchia l'atmosfera dei saloni francesi nei quali era di casa la sventurata eroina. <br />Una musica che accompagna riflessiva (forse un po' troppo) il procedere della vicenda, che non trascende mai. Tragedia e passione a far piangere il pianoforte (applaudito il pianista Daniele Spaccarotella) di un dolore interiorizzato. Senza bisogno della grancassa. Tutto il balletto, suddiviso in tre atti, a svolgersi ad alto livello (anche se talora un po' algido) e l'ultimo straziante pas de deux a farsi il momento più alto. E dove la Ferri dimostra appieno come sappia fondere in modo mirabile capacità tecniche e interpretative. Festeggiatissima alla fine insieme a Roberto Bolle il cui Armand ha forse ancora bisogno di maturazione interiore ma è ricco di passi perfetti, raggiante di bellezza e nobiltà. Li affiancano la brava Sabrina Brazzo, Gilda Gelati, Gianni Ghisleni , Vittorio D'Amato e la giovane Emanuela Montanari alla quale (con partner Massimo Murru), in alcune repliche, la Ferri passerà il testimone. Al podio Kevin Rhodes.</p> <p><strong>Domenico Rigotti</strong></p> <p>{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>Corriere della Sera, 22 marzo 2007</strong>}<span style="font-size: 10pt;"><strong>Ferri-Margherita Addio con i fiori e senza clamore</strong> </span></p> <p style="text-align: justify;">Tutto comincia con una vendita all' asta, il mobilio della defunta Margherita Gautier, amata cortigiana, è portato via dal bell' appartamento, sotto gli occhi dell' esattore Duval (Papà Germont nella «Traviata» di Verdi), di amici e curiosi. Arriva di corsa il giovane Armand Duval, che amò Margherita, abbraccia il padre e cade svenuto. Nella sua mente affiorano i ricordi, la storia prende forma dal primo incontro (nella tecnica del flash back) al Teatro dei Varietà a Parigi, durante un balletto ispirato a Manon Lescaut. Questa è l' idea centrale della «Dame aux camélias» di John Neumeier, creato nel 1978 per la grande Marcia Haydée e ora alla Scala per il «valzer degli addii» di Alessandra Ferri. Armand rievoca le gioie, i dolori, le violenze di una passione impossibile. Si identifica, fra molti, troppi svenimenti, con il cavaliere Des Grieux della «Manon» di Prévost, ma non ha il senso del sacrificio, non accompagna la povera prigioniera deportata in Louisiana, resta sempre un piccolo borghese vendicativo che privilegia il denaro. Margherita, malata condannata a morir «sì giovane», passa dai piaceri agli strazi, come voleva Dumas figlio che in lei fece coincidere la sua amica Duplessis, senza mai diventare un' eroina. Roberto Bolle, in nero, sembra un angelo della morte: evoca la sua storia leggendo il suo diario, entra di prepotenza nelle scene con tutte le sue eccellenti qualità tecniche ed espressive, meritando i caldi applausi a scena aperta e le attese ovazioni finali. Alessandra Ferri danza Margherita e pensa alla Manon che tante volte ha interpretato, dando vita a una sofferta interpretazione e sempre riuscendo a rendere credibile un ruolo arduo, non sempre amabile, e così portando il pubblico a esserle vicino nel suo disgraziatissimo finale di partita. È l' ultimo spettacolo che danza alla Scala, l' addio cadrà il 30, l' affetto dei milanesi si è espresso con serenità, senza clamori. Un mazzo di fiori lanciato da un palco e un pò di commozione. Rievocando un Ottocento un pò proustiano e un primo 900 alla Coco Chanel, Neumeier ha scelto musiche di Chopin e ha evitato giustamente Verdi; Kevin Rhodes ha diretto l' orchestra scaligera e Roberto Cominati sedeva al pianoforte, e spesso il calore romantico ha preso i cuori.</p> <p><strong>Mario Pasi</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong></strong>{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</p></div>DAME AUX CAMÉLIAS (LA) - coreografia John Neumeier 2018-01-19T01:00:00+01:002018-01-19T01:00:00+01:00https://www.sipario.it/recensionidanzad/item/11128-dame-aux-camelias-la-coreografia-john-neumeier.htmlVito Lentini, Michele Olivieri<div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/a30ad57f7b3fcb5ce1c4dff584a1f494_S.jpg" alt="Svetlana Zakharova e Roberto Bolle in "La Dame aux camélias", coreografia John Neumeier" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p style="text-align: justify;"><strong>Balletto in tre atti.</strong><br /><strong>Coreografia e regia di John Neumeier <br />dal romanzo di Alexandre Dumas figlio <br />riprese da Kevin Haigen, Radik Zaripov e Janusz Mazon.</strong><br /><strong>Musica di Fryderyk Chopin. Scene e costumi di Jürgen Rose. Luci di: John Neumeier.</strong><br /><strong>Con: Svetlanza Zakharova, Roberto Bolle, Emanuela Montanari, Claudio Coviello, <br />Nicoletta Manni, Timofej Andrijashenko, Anna Laudere, Edvin Revazov <br />e il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala diretto da Frédéric Olivieri.</strong><br /><strong>Nuova Produzione. Allestimento del Royal Theatre, Copenhagen. Orchestra del Teatro alla Scala. Direttore: Theodor Guschlbauer. Pianoforte: Roberto Cominati.</strong><br /><strong>MILANO, Teatro alla Scala, dal 17 dicembre 2017 al 13 gennaio 2018.</strong></p> <p>{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>www.Sipario.it, 13 gennaio 2018</strong>}</p> <p style="text-align: justify;">La sublime danza in scena, con protagonisti Bolle e Zakharova, percorre compiutamente il ciclo coreografico del maestro statunitense rappresentando alla perfezione la persistenza dell'amore. "La Dame aux Camélias", nasce nel 1978 al Balletto di Stoccarda per l'étoile Marcia Haydée e negli anni ha assunto sempre maggiore importanza nel campo delle arti coreutiche come simbolo di una passione impossibile fondata sulla purezza d'animo. La storia sentimentale, che contiene anche disperazione e troppo tardi redenzione, porta alla ribalta le figure di Armand e Marguerite. Lei "La signora delle camelie", lui rampollo di una famiglia benestante che a Parigi, durante una soirée teatrale, incontra l'affascinante dama, la più nota cortigiana della città, pronta a concedersi a chi sia in grado di soddisfare il suo smisurato desiderio di lusso. Armand si innamora perdutamente di Marguerite (nel frattempo malata di tisi) e con dedizione riesce a conquistare il suo cuore. Lei si scopre altresì innamorata di un uomo per la prima volta e, assaporando tale nuovo sentimento lo affronta come monito di redenzione da una vita licenziosa. La coreografia portata alla ribalta con inestinguibile misura dal Corpo di Ballo scaligero possiede una partitura straziante, commovente nel narrare gli spasimi di una donna che paga a caro prezzo le decisioni assunte in vita, ma al contempo capace di un coraggio straordinario nel rinunciare alla propria felicità per colui che ama. Il successo del balletto si determina nella svolta teatrale, dove viene espresso il contenuto drammatico, dando al coreografo un ruolo fondamentale e ben connotato mediante gli elementi scenici sapientemente utilizzati al servizio della trama facendo pulsare realisticamente i personaggi, colpendo l'immaginazione del pubblico non solo sul piano estetico o tecnico ma soprattutto delineando chiaramente le linee delle emozioni. Fondamentale è l'espressività, ben calibrata e studiata in ogni singolo ballerino, che grazie al gesto danzato e al raffinato allestimento hanno potenziato il messaggio della letteratura. La narrazione si dipana in un susseguirsi di "quadri viventi" dove i passi a due trovano il massimo fulgore nelle pennellate di Neumeier che si identifica come elegante pittore, capace di usare la scena come fosse una tela. Lo studio dell'interiorizzazione denota, fin dall'apertura di sipario, l'architettura dove ogni regola e nozione codificata viene applicata con scrupolo lasciando intatta la prospettiva dell'epoca. Bolle e Zakharova, calibrano all'unisono lo spazio, abbandonano la "maschera" descrivendo i ruoli punteggiati da freschezza, innocenza e purezza, riflettendo un vissuto vivido. Una coreografia "noble" che porta in sé il carattere della tragedia, prendendo in prestito i suoi elementi distintivi, riflettendo incantevoli suggestioni viscontiniane e streheleriane nel mito dell'amore romantico. Lo stile di Neumeier è fluido e prezioso nella qualità del movimento, venato da una sostenuta poesia del gesto. Merito al Maestro Frédéric Olivieri per aver proposto, ad inaugurazione di stagione, questo titolo che commuove ancora oggi come ieri i primi lettori dell'opera che ne decretarono l'immortale successo. I danzatori del Corpo di Ballo scaligero danno prova di spontaneità e duttilità. L'aspetto ritmico della musica strettamente collegato alla danza, è per merito di tutti lucente e lieve, dall'aristocraticità della linea al calore commosso di alcuni passaggi fino alla bellezza d'insieme. A seconda dei ruoli i danzatori, ognuno con la propria preparazione dettata da una più o meno maturità esperienziale di identificazione, hanno infiammato di passione il teatro alla Scala tra adorazione e beltà. La chiave di volta risiede proprio nell'affascinante mistero dell'amore che Neumeier propone con delicatezza anche nella fragilità e cupezza dell'esistenza. Le dinamiche riflessive restituiscono una profonda teatralità che persuade senza timori. L'eden prima e l'inferno poi, del romanzo di Dumas, fanno da sfondo ad un vuoto incolmabile che riesce ancora ad essere riempito partecipatamente con il linguaggio coreutico seppure venato da un'atmosfera di paradiso perduto. "<em>(...) quando l'esistenza ha contratto un'abitudine come quella del mio amore, sembra impossibile che quell'abitudine s'interrompa senza inaridire, allo stesso tempo, tutte le altre energie vitali"</em>.</p> <p><strong>Michele Olivieri</strong></p> <p>{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>www.Sipario.it, 5 gennaio 2018</strong>}</p> <p style="text-align: justify;"><strong>Zakharova e Bolle nel fervore della "Dame aux camélias"</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 2018 incornicerà molteplici anniversari e prestigiose ricorrenze nell'alveo dell'arte coreutica che seguita ad enumerare gli ineludibili rilievi di ordine storico da custodire quale dono prezioso dell'umano: testimonianza di correlazione fra vissuto, creazione e pensiero manifestato sulle punte. Il Teatro alla Scala avvalora opportunamente tale prospettiva aprendo la stagione di balletto con <em>La Dame aux camélias</em> di John Neumeier nel quarantesimo anniversario della creazione per il Balletto di Stoccarda, nel decimo anniversario dalla prima rappresentazione scaligera del titolo e a 170 anni dalla pubblicazione del romanzo di Alexandre Dumas fils, cardinale riferimento dell'opera di colui che dirige il Balletto di Amburgo dal 1973. Gli attenti ballettomani ricorderanno, inoltre, che proprio questo titolo suggellò, nel mese di marzo del 2007, l'addio alle scene di Alessandra Ferri nei panni di Marguerite Gautier.<br />Oggi lo spettacolo torna trionfalmente sul palco del Piermarini con dodici repliche, più l'anteprima dedicata ai giovani, riconquistando vigorosamente le scene del rimpianto, del sogno, della felicità, della nostalgia, della disperazione e della vulnerabilità d'amore fra colei che aveva "de longs yeux d'émail comme une Japonaise" e l'impulsivo Armand Duval. I protagonisti dell'opera di Dumas rivivono con le <em>étoiles</em> Svetlana Zakharova e Roberto Bolle, per la prima volta insieme nella creazione di Neumeier, impegnate ad aprire il sipario sull'eterna e notissima storia d'amore che guadagna spazio, nelle curvature coreografiche del primo atto, grazie al delicato, poetico e morbido <em>pas de deux</em> pennellato sul secondo movimento del <em>Concerto n. 2 in fa min. </em>per pianoforte e orchestra op. 21 di Chopin. Palpitante e raffinatamente vezzoso è il dialogo restituito dai due interpreti scaligeri: indiscussi sovrani del linguaggio classico-accademico, appaiono compiutamente in linea con l'incedere coreografico che struttura l'opera.<br />Il secondo <em>pas de deux</em>, preceduto dalla risoluta scelta di Marguerite di condividere con Armand il sogno d'amore a discapito del Duca, è lo spazio della pura narrazione in cui Bolle e Zakharova palesano il dialettico fraseggio di quel dono di sé che unicamente nelle venature d'amore conquista l'apice della condivisione più pura in un gioco coreografico in cui spensieratezza, intimità e afflato emozionale si stagliano quali tratti distintivi. Accortamente nevrotica è, quindi, la danza che Roberto Bolle manifesta nella chiusa del secondo atto - cesellata sul <em>Prélude n. 24 in re min.</em>, da <em>Vingt-quatre Préludes</em> op. 28 - in cui è disserrata con forte tempra l'ira causata dall'infausta decisione dell'amata.<br />Austeramente spettrale è l'immagine di Marguerite che diviene preludio dell'ultimo passo a due: qui Svetlana Zakharova modula l'implorante richiesta di perdono con l'ardente rimembranza dell'anelito d'amore mai parco nel mostrare, finanche nella scrittura coreografica, l'inevitabile vulnerabilità. Le ultime visionarie immagini che accompagnano la lettura di Armand del diario di Marguerite chiudono un dialogo coreografico meritevole e restituito dalle due <em>étoiles</em> con consapevolezza e saldamente intinto di ardore mai debordante.<br />Com'è noto l'epilogo del balletto ripropone, inoltre, il reiterato ed efficace intreccio con la storia di Manon e Des Grieux - personaggi alla prima rappresentazione affidati a Nicoletta Manni e Marco Agostino - con tratti di eloquente espressività allorquando, ad esempio, i due protagonisti descritti dall'abate Prévost si innestano nell'acuto confronto che intercorre fra Marguerite e Monsieur Duval nel secondo atto: sono penetranti e solenni i lineamenti consegnati da Mick Zeni nei panni del padre di Armand. Efficace la <em>verve</em> della compagine maschile nelle scene di campagna, di spicco il brioso Gaston Rieux di Gioacchino Starace.<br />I sedici minuti di applausi che salutano la prima rappresentazione inghirlandano, dunque, un'apertura di stagione consacrata ad un grande titolo e a quella "aimable petite âme que devait, comme quelques autres, immortaliser le péché d'amour" (Alexandre Dumas Fils).</p> <p><strong>Vito Lentini</strong></p> <p><strong></strong>{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</p></div><div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/a30ad57f7b3fcb5ce1c4dff584a1f494_S.jpg" alt="Svetlana Zakharova e Roberto Bolle in "La Dame aux camélias", coreografia John Neumeier" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p style="text-align: justify;"><strong>Balletto in tre atti.</strong><br /><strong>Coreografia e regia di John Neumeier <br />dal romanzo di Alexandre Dumas figlio <br />riprese da Kevin Haigen, Radik Zaripov e Janusz Mazon.</strong><br /><strong>Musica di Fryderyk Chopin. Scene e costumi di Jürgen Rose. Luci di: John Neumeier.</strong><br /><strong>Con: Svetlanza Zakharova, Roberto Bolle, Emanuela Montanari, Claudio Coviello, <br />Nicoletta Manni, Timofej Andrijashenko, Anna Laudere, Edvin Revazov <br />e il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala diretto da Frédéric Olivieri.</strong><br /><strong>Nuova Produzione. Allestimento del Royal Theatre, Copenhagen. Orchestra del Teatro alla Scala. Direttore: Theodor Guschlbauer. Pianoforte: Roberto Cominati.</strong><br /><strong>MILANO, Teatro alla Scala, dal 17 dicembre 2017 al 13 gennaio 2018.</strong></p> <p>{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>www.Sipario.it, 13 gennaio 2018</strong>}</p> <p style="text-align: justify;">La sublime danza in scena, con protagonisti Bolle e Zakharova, percorre compiutamente il ciclo coreografico del maestro statunitense rappresentando alla perfezione la persistenza dell'amore. "La Dame aux Camélias", nasce nel 1978 al Balletto di Stoccarda per l'étoile Marcia Haydée e negli anni ha assunto sempre maggiore importanza nel campo delle arti coreutiche come simbolo di una passione impossibile fondata sulla purezza d'animo. La storia sentimentale, che contiene anche disperazione e troppo tardi redenzione, porta alla ribalta le figure di Armand e Marguerite. Lei "La signora delle camelie", lui rampollo di una famiglia benestante che a Parigi, durante una soirée teatrale, incontra l'affascinante dama, la più nota cortigiana della città, pronta a concedersi a chi sia in grado di soddisfare il suo smisurato desiderio di lusso. Armand si innamora perdutamente di Marguerite (nel frattempo malata di tisi) e con dedizione riesce a conquistare il suo cuore. Lei si scopre altresì innamorata di un uomo per la prima volta e, assaporando tale nuovo sentimento lo affronta come monito di redenzione da una vita licenziosa. La coreografia portata alla ribalta con inestinguibile misura dal Corpo di Ballo scaligero possiede una partitura straziante, commovente nel narrare gli spasimi di una donna che paga a caro prezzo le decisioni assunte in vita, ma al contempo capace di un coraggio straordinario nel rinunciare alla propria felicità per colui che ama. Il successo del balletto si determina nella svolta teatrale, dove viene espresso il contenuto drammatico, dando al coreografo un ruolo fondamentale e ben connotato mediante gli elementi scenici sapientemente utilizzati al servizio della trama facendo pulsare realisticamente i personaggi, colpendo l'immaginazione del pubblico non solo sul piano estetico o tecnico ma soprattutto delineando chiaramente le linee delle emozioni. Fondamentale è l'espressività, ben calibrata e studiata in ogni singolo ballerino, che grazie al gesto danzato e al raffinato allestimento hanno potenziato il messaggio della letteratura. La narrazione si dipana in un susseguirsi di "quadri viventi" dove i passi a due trovano il massimo fulgore nelle pennellate di Neumeier che si identifica come elegante pittore, capace di usare la scena come fosse una tela. Lo studio dell'interiorizzazione denota, fin dall'apertura di sipario, l'architettura dove ogni regola e nozione codificata viene applicata con scrupolo lasciando intatta la prospettiva dell'epoca. Bolle e Zakharova, calibrano all'unisono lo spazio, abbandonano la "maschera" descrivendo i ruoli punteggiati da freschezza, innocenza e purezza, riflettendo un vissuto vivido. Una coreografia "noble" che porta in sé il carattere della tragedia, prendendo in prestito i suoi elementi distintivi, riflettendo incantevoli suggestioni viscontiniane e streheleriane nel mito dell'amore romantico. Lo stile di Neumeier è fluido e prezioso nella qualità del movimento, venato da una sostenuta poesia del gesto. Merito al Maestro Frédéric Olivieri per aver proposto, ad inaugurazione di stagione, questo titolo che commuove ancora oggi come ieri i primi lettori dell'opera che ne decretarono l'immortale successo. I danzatori del Corpo di Ballo scaligero danno prova di spontaneità e duttilità. L'aspetto ritmico della musica strettamente collegato alla danza, è per merito di tutti lucente e lieve, dall'aristocraticità della linea al calore commosso di alcuni passaggi fino alla bellezza d'insieme. A seconda dei ruoli i danzatori, ognuno con la propria preparazione dettata da una più o meno maturità esperienziale di identificazione, hanno infiammato di passione il teatro alla Scala tra adorazione e beltà. La chiave di volta risiede proprio nell'affascinante mistero dell'amore che Neumeier propone con delicatezza anche nella fragilità e cupezza dell'esistenza. Le dinamiche riflessive restituiscono una profonda teatralità che persuade senza timori. L'eden prima e l'inferno poi, del romanzo di Dumas, fanno da sfondo ad un vuoto incolmabile che riesce ancora ad essere riempito partecipatamente con il linguaggio coreutico seppure venato da un'atmosfera di paradiso perduto. "<em>(...) quando l'esistenza ha contratto un'abitudine come quella del mio amore, sembra impossibile che quell'abitudine s'interrompa senza inaridire, allo stesso tempo, tutte le altre energie vitali"</em>.</p> <p><strong>Michele Olivieri</strong></p> <p>{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>www.Sipario.it, 5 gennaio 2018</strong>}</p> <p style="text-align: justify;"><strong>Zakharova e Bolle nel fervore della "Dame aux camélias"</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 2018 incornicerà molteplici anniversari e prestigiose ricorrenze nell'alveo dell'arte coreutica che seguita ad enumerare gli ineludibili rilievi di ordine storico da custodire quale dono prezioso dell'umano: testimonianza di correlazione fra vissuto, creazione e pensiero manifestato sulle punte. Il Teatro alla Scala avvalora opportunamente tale prospettiva aprendo la stagione di balletto con <em>La Dame aux camélias</em> di John Neumeier nel quarantesimo anniversario della creazione per il Balletto di Stoccarda, nel decimo anniversario dalla prima rappresentazione scaligera del titolo e a 170 anni dalla pubblicazione del romanzo di Alexandre Dumas fils, cardinale riferimento dell'opera di colui che dirige il Balletto di Amburgo dal 1973. Gli attenti ballettomani ricorderanno, inoltre, che proprio questo titolo suggellò, nel mese di marzo del 2007, l'addio alle scene di Alessandra Ferri nei panni di Marguerite Gautier.<br />Oggi lo spettacolo torna trionfalmente sul palco del Piermarini con dodici repliche, più l'anteprima dedicata ai giovani, riconquistando vigorosamente le scene del rimpianto, del sogno, della felicità, della nostalgia, della disperazione e della vulnerabilità d'amore fra colei che aveva "de longs yeux d'émail comme une Japonaise" e l'impulsivo Armand Duval. I protagonisti dell'opera di Dumas rivivono con le <em>étoiles</em> Svetlana Zakharova e Roberto Bolle, per la prima volta insieme nella creazione di Neumeier, impegnate ad aprire il sipario sull'eterna e notissima storia d'amore che guadagna spazio, nelle curvature coreografiche del primo atto, grazie al delicato, poetico e morbido <em>pas de deux</em> pennellato sul secondo movimento del <em>Concerto n. 2 in fa min. </em>per pianoforte e orchestra op. 21 di Chopin. Palpitante e raffinatamente vezzoso è il dialogo restituito dai due interpreti scaligeri: indiscussi sovrani del linguaggio classico-accademico, appaiono compiutamente in linea con l'incedere coreografico che struttura l'opera.<br />Il secondo <em>pas de deux</em>, preceduto dalla risoluta scelta di Marguerite di condividere con Armand il sogno d'amore a discapito del Duca, è lo spazio della pura narrazione in cui Bolle e Zakharova palesano il dialettico fraseggio di quel dono di sé che unicamente nelle venature d'amore conquista l'apice della condivisione più pura in un gioco coreografico in cui spensieratezza, intimità e afflato emozionale si stagliano quali tratti distintivi. Accortamente nevrotica è, quindi, la danza che Roberto Bolle manifesta nella chiusa del secondo atto - cesellata sul <em>Prélude n. 24 in re min.</em>, da <em>Vingt-quatre Préludes</em> op. 28 - in cui è disserrata con forte tempra l'ira causata dall'infausta decisione dell'amata.<br />Austeramente spettrale è l'immagine di Marguerite che diviene preludio dell'ultimo passo a due: qui Svetlana Zakharova modula l'implorante richiesta di perdono con l'ardente rimembranza dell'anelito d'amore mai parco nel mostrare, finanche nella scrittura coreografica, l'inevitabile vulnerabilità. Le ultime visionarie immagini che accompagnano la lettura di Armand del diario di Marguerite chiudono un dialogo coreografico meritevole e restituito dalle due <em>étoiles</em> con consapevolezza e saldamente intinto di ardore mai debordante.<br />Com'è noto l'epilogo del balletto ripropone, inoltre, il reiterato ed efficace intreccio con la storia di Manon e Des Grieux - personaggi alla prima rappresentazione affidati a Nicoletta Manni e Marco Agostino - con tratti di eloquente espressività allorquando, ad esempio, i due protagonisti descritti dall'abate Prévost si innestano nell'acuto confronto che intercorre fra Marguerite e Monsieur Duval nel secondo atto: sono penetranti e solenni i lineamenti consegnati da Mick Zeni nei panni del padre di Armand. Efficace la <em>verve</em> della compagine maschile nelle scene di campagna, di spicco il brioso Gaston Rieux di Gioacchino Starace.<br />I sedici minuti di applausi che salutano la prima rappresentazione inghirlandano, dunque, un'apertura di stagione consacrata ad un grande titolo e a quella "aimable petite âme que devait, comme quelques autres, immortaliser le péché d'amour" (Alexandre Dumas Fils).</p> <p><strong>Vito Lentini</strong></p> <p><strong></strong>{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</p></div>DAME DI PICCHE (LA) - coreografia Anzelika Cholina2023-05-06T09:41:26+02:002023-05-06T09:41:26+02:00https://www.sipario.it/recensionidanzad/item/15130-dame-di-picche-la-coreografia-anzelika-cholina.htmlFrancesco Bettin<div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/a54a6275ace10b2eddac9ec80a5816a8_S.jpg" alt=""LA Dama di Picche", coreografia Anzelika Cholina. Foto Riccardo Panozzo" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>ispirato al racconto di Alexander Pushkin<br /></strong><strong>e al libretto dell’opera di Modest Tchaikovsky<br /></strong><strong>con Jonas Laucius, Beata Molytè, Olesia Saitanova, Rokas Spalinskas, Sandra Lavrenovaitè, Neila Lavrenovaitè, Ema Lavrenovaitè<br /></strong><strong>coreografia Anzelika Cholina<br /></strong><strong>musiche di Piotr Tchaikovsy, Sergei Rachmaninoff, Sergei Prokofiev<br /></strong><strong>scene Marijus Jacovskis<br /></strong><strong>costumi Olga Filatova Kontrimienè<br /></strong><strong>luci Tadas Valeika<br /></strong><strong>regia Anzelika Cholina<br /></strong><strong>Festival Danza in Rete<br /></strong><strong>Vicenza, Teatro Comunale, 14 aprile 2023 - PRIMA NAZIONALE</strong></p> <p style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>www.Sipario.it, 4 maggio 2023</strong>}</p> <p style="text-align: justify;">Quanto può affascinare il gioco d’azzardo, quello delle carte? Sicuramente moltissimo, con tutti i danni irreparabili che ne conseguono, spesso. Il giocatore è una figura quanto meno che spiazza, e che si spiazza da solo perché incontrollabile, mutabile. Il tema è trattato anche in questo accurato spettacolo di Anzelika Cholina Dance Theatre, compagnia lituana di grande classe e stile, ritornata a Vicenza con un’altra prima nazionale, <em>La dama di picche</em>, concentrato di grande composizione (Tchaikovsky, Prokofiev e Rachmaninoff) e turbinio di tecnica, eleganza. Al centro della vicenda più e più peccati umani, evidenziati, a cui l’uomo in generale non può e non vuole sfuggire. Soprattutto il gioco, appunto, ma anche l’ipocrisia che cova dentro, e la voglia, l’ambizione di volersi arricchire, e dire a qualunque costo è solo un eufemismo. Il gioco, dunque, elemento portante di esaltazione della vita ma anche di disgrazia, dove il prestante e bello ufficiale Hermann trova conforto e destino, convinto chissà come di poter riuscire a direzionare con la sua sola forza di volontà quest’ultimo, cosa assai improbabile in un ragionamento lucido. Il balletto della Cholina indaga con la danza ma anche nelle pieghe nemmeno tanto nascoste nel dramma della prosa, mettendo in scena con rigorosissimo esercizio, alta scuola e protagonisti di gran livello una storia che ben si presta per il palcoscenico, e che sa dare al pubblico squarci di luce. Questo in una messa in scena spesso cupa, che mette al meglio in risalto i colori accesi e i costumi, molto interessanti, di Olga Filatova Kontrimienè e quel che ne consegue diventa agli occhi di chi guarda elemento prezioso, stile, appunto, gran spettacolo. Hermann sfida in qualche misura una vecchia Contessa, cercando di carpirle i segreti di una fortuna e di un’abilità, ponendosi però al centro di un gioco che lo riguarda fin troppo da vicino, e quel gioco si chiama autodistruzione. E’ infatti lui stesso la vittima predestinata che sogna di sfolgorare e non si accontenta del proprio ruolo e della propria vita. Gli slanci tecnici sono notevoli, i volteggi e le acrobazie di grande precisione, il corpo di ballo rappresenta anche il gioco delle tre carte in un forte simbolismo, i desideri sentiti e non realizzati di Hermann: vittoria d’amor, posizione sociale, salto personale. L’allestimento si arricchisce anche delle musiche di Rachmaninoff e Prokofiev che aggiungono alle composizioni di Tchaikovsky linfa e altro metodo, e non può che uscirne uno spettacolo completo. Ottima la visione e la direzione di Anzelika Cholina, che orchestra molto bene i suoi danzatori, soprattutto Beata Molytè, la contessa, e Olesia Saitanova, la nipote Lisa. Una gran bella prova che testimonia ancora come la coreografa sa intendere teatro e danza in una fusione unica, specialità dei suoi spettacoli. Tanti gli applausi.</p> <p><strong>Francesco Bettin</strong></p> <p style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</p></div><div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/a54a6275ace10b2eddac9ec80a5816a8_S.jpg" alt=""LA Dama di Picche", coreografia Anzelika Cholina. Foto Riccardo Panozzo" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>ispirato al racconto di Alexander Pushkin<br /></strong><strong>e al libretto dell’opera di Modest Tchaikovsky<br /></strong><strong>con Jonas Laucius, Beata Molytè, Olesia Saitanova, Rokas Spalinskas, Sandra Lavrenovaitè, Neila Lavrenovaitè, Ema Lavrenovaitè<br /></strong><strong>coreografia Anzelika Cholina<br /></strong><strong>musiche di Piotr Tchaikovsy, Sergei Rachmaninoff, Sergei Prokofiev<br /></strong><strong>scene Marijus Jacovskis<br /></strong><strong>costumi Olga Filatova Kontrimienè<br /></strong><strong>luci Tadas Valeika<br /></strong><strong>regia Anzelika Cholina<br /></strong><strong>Festival Danza in Rete<br /></strong><strong>Vicenza, Teatro Comunale, 14 aprile 2023 - PRIMA NAZIONALE</strong></p> <p style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>www.Sipario.it, 4 maggio 2023</strong>}</p> <p style="text-align: justify;">Quanto può affascinare il gioco d’azzardo, quello delle carte? Sicuramente moltissimo, con tutti i danni irreparabili che ne conseguono, spesso. Il giocatore è una figura quanto meno che spiazza, e che si spiazza da solo perché incontrollabile, mutabile. Il tema è trattato anche in questo accurato spettacolo di Anzelika Cholina Dance Theatre, compagnia lituana di grande classe e stile, ritornata a Vicenza con un’altra prima nazionale, <em>La dama di picche</em>, concentrato di grande composizione (Tchaikovsky, Prokofiev e Rachmaninoff) e turbinio di tecnica, eleganza. Al centro della vicenda più e più peccati umani, evidenziati, a cui l’uomo in generale non può e non vuole sfuggire. Soprattutto il gioco, appunto, ma anche l’ipocrisia che cova dentro, e la voglia, l’ambizione di volersi arricchire, e dire a qualunque costo è solo un eufemismo. Il gioco, dunque, elemento portante di esaltazione della vita ma anche di disgrazia, dove il prestante e bello ufficiale Hermann trova conforto e destino, convinto chissà come di poter riuscire a direzionare con la sua sola forza di volontà quest’ultimo, cosa assai improbabile in un ragionamento lucido. Il balletto della Cholina indaga con la danza ma anche nelle pieghe nemmeno tanto nascoste nel dramma della prosa, mettendo in scena con rigorosissimo esercizio, alta scuola e protagonisti di gran livello una storia che ben si presta per il palcoscenico, e che sa dare al pubblico squarci di luce. Questo in una messa in scena spesso cupa, che mette al meglio in risalto i colori accesi e i costumi, molto interessanti, di Olga Filatova Kontrimienè e quel che ne consegue diventa agli occhi di chi guarda elemento prezioso, stile, appunto, gran spettacolo. Hermann sfida in qualche misura una vecchia Contessa, cercando di carpirle i segreti di una fortuna e di un’abilità, ponendosi però al centro di un gioco che lo riguarda fin troppo da vicino, e quel gioco si chiama autodistruzione. E’ infatti lui stesso la vittima predestinata che sogna di sfolgorare e non si accontenta del proprio ruolo e della propria vita. Gli slanci tecnici sono notevoli, i volteggi e le acrobazie di grande precisione, il corpo di ballo rappresenta anche il gioco delle tre carte in un forte simbolismo, i desideri sentiti e non realizzati di Hermann: vittoria d’amor, posizione sociale, salto personale. L’allestimento si arricchisce anche delle musiche di Rachmaninoff e Prokofiev che aggiungono alle composizioni di Tchaikovsky linfa e altro metodo, e non può che uscirne uno spettacolo completo. Ottima la visione e la direzione di Anzelika Cholina, che orchestra molto bene i suoi danzatori, soprattutto Beata Molytè, la contessa, e Olesia Saitanova, la nipote Lisa. Una gran bella prova che testimonia ancora come la coreografa sa intendere teatro e danza in una fusione unica, specialità dei suoi spettacoli. Tanti gli applausi.</p> <p><strong>Francesco Bettin</strong></p> <p style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</p></div>DANCES AT A GATHERING/THE CELLIST - coreografia Jerome Robbins/Cathy Marston2020-02-29T18:40:43+01:002020-02-29T18:40:43+01:00https://www.sipario.it/recensionidanzad/item/13095-dances-at-a-gathering-the-cellist-coreografia-jerome-robbins-cathy-marston.htmlSelene I.S. Brumana<div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/a6b30456e15661e6d0883286b0557dd5_S.jpg" alt="Marcelino Sambé e Lauren Cuthbertson “The Cellist”, coreografia Cathy Marston’s, 2019 ROH. Foto Gavin Smart" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong><em>Dances at a Gathering</em></strong><br /><strong>the 72nd performance by the Royal Ballet at the Royal Opera House</strong><br /><strong>Choreography Jerome Robbins</strong><br /><strong> Music Fryderyk Chopin</strong><br /><strong>Costume designer Joe Eula</strong><br /><strong>Lighting designer Joe Eula</strong><br /><strong>Staging Ben Huys</strong><br /><strong>Cast</strong><br /><strong>Pink: Marianela Nuñez </strong><br /><strong>Mauve: Francesca Hayward</strong><br /><strong>Apricot: Yasmine Naghdi</strong><br /><strong>Green: Laura Morera</strong><br /><strong>Blue: Fumi Kaneko</strong><br /><strong>Brown: Alexander Campbell</strong><br /><strong>Purple: Federico Bonelli</strong><br /><strong>Green: William Bracewell</strong><br /><strong>Brick: Luca Acri</strong><br /><strong>Blue: Valentino Zucchetti</strong><br /><strong><em>The Cellist </em></strong><br /><strong>The world premiere by the Royal Ballet at the Royal Opera House</strong><br /><strong>Choreography Cathy Marston</strong><br /><strong>Scenario Cathy Marston and Edward Kemp</strong><br /><strong>Music Philip Feeney, after Edward Elgar, Ludwig van Beethoven, Gabriel Fauré, <br />Felix Mendelssohn, Alfredo Piatti, Serge Rachmaninoff, and Franz Schubert</strong><br /><strong>Set Designer Hildegard Bechtler</strong><br /><strong>Costume designer Bregje van Balen</strong><br /><strong>Lighting designer Jon Clark</strong><br /><strong>Dramaturgy Edward Kemp</strong><br /><strong>Choreographic collaborator Jenny Tattersall</strong><br /><strong>Conductor Andrea Molino</strong><br /><strong>Cast</strong><br /><strong>The Cellist: Lauren Cuthbertson</strong><br /><strong>The Instrument: Marcelino Sambé</strong><br /><strong>The Conductor: Matthew Ball</strong><br /><strong>The Cellist (as a young girl): Emma Lucano</strong><br /><strong>Her sister (as a young girl): Lauren Godfrey</strong><br /><strong>Her mother: Kristen McNally</strong><br /><strong>Her father: Thomas Whitehead</strong><br /><strong>Her sister: Anna Rose O’Sullivan</strong><br /><strong>Her cello teachers: Gary Avis, Nicol Edmonds, Benjamin Ella</strong><br /><strong>Her musical friends: Luca Acri, Paul Kay, Joseph Sissens</strong><br /><strong>A chorus of narrators: Artists of the Royal Ballet</strong><br /><strong>Solo cello: Hetty Snell</strong><br /><strong>Orchestra of the Royal Opera House</strong><br /><strong>London, Royal Opera House 17 febbraio 2020</strong></p> <p>{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>www.Sipario.it, 21 febbraio 2020</strong>}</p> <p style="text-align: justify;">Quale “il biglietto da visita” del Royal Ballet? Alex Beard BCE, Chief Executive della Royal Opera House, riferendosi alle produzioni della stagione londinese ha parlato di «wonderful demonstration of the Royal Ballet’s balance of the historic and the cutting edge». Ebbene, si tratta di una auto-perspettiva pienamente rispondente alla realtà di una compagnia che vanta un organico di danzatori dalle eccellenti qualità tecniche ed espressive, una compagnia in cui tradizione e innovazione percorrono un medesimo cammino fatto di eleganza e intensità, esaltazione della tecnica e rispetto degli stili, una compagnia solida e di ampie vedute, in cui “classico” e “contemporaneo” quasi perdono la loro connotazione di categorie e divengono sinergiche note dell’espressione coreutica.<br /> Una serata attesa dalla critica internazionale, quella del 17 febbraio scorso, che al Main stage della ROH ha proposto un programma misto: dapprima <em>Dances at the Gathering</em> di Jerome Robbins, poi <em>The Cellist</em>. Opposte nel linguaggio espressivo –– classico/neoclassico il primo; contemporaneo il secondo ––, le due opere si distinguono anche per la storia che le lega al Royal Ballet –– una produzione affermata la prima, giunta alla 72esima rappresentazione, da quella storica del 1970 con Antony Dowell e Rudolf Nureyev, ma che ora “rinasce” con una nuova generazione di danzatori; una “première assoluta” la seconda. <br /> In entrambi i balletti la narrazione ha il sapore di una scoperta che trattiene il respiro. Cullati dalla musica di Chopin, quello splendido “esercizio in danza” che è <em>Dances at the Gathering</em> evoca con raffinatezza, fra eleganza e ironia, le modulazioni dell’animo, e il suo caleidoscopico gioco di emozioni. Ispirato alla storia della celebre cellista Jacqueline Du Pré (1945-1987), la cui prodigiosa carriera fu stroncata a 28 anni dalla sclerosi, <em>The Cellist</em> è semplicemente pura poesia. Ma è ben più che l’evocazione in danza di una tragica storicità dei fatti. <em>The Cellist</em> narra la reciprocità di un sentimento, quello diafano e ardente del genio artistico, e della sintonia palpabile ma irripetibile, fra la giovine ragazza e il suo cello. Deliziosa nota quella della vitalità dello strumento musicale, qui reso umano, a sottolinearne la personalità: inevitabile è la sua capacità di comunicare sentimenti, innegabile il suo essere presenza unica nell’esistenza dell’artista.<br /> Ottima <em>performance</em> per tutti gli artisti del Royal Ballet, esibitisi nel primo come nel secondo spettacolo. Una nota di eccezionale merito sia consentito di rivolgere ai principals di <em>The Cellist</em>, alla cellista Lauren Cuthbertson e al suo cello Marcelino Sambé, meravigliosi interpreti di una raffinata creazione, che in questa trasfigurazione artistica hanno semplicemente rapito l’attenzione del pubblico per la liricità della loro comunicazione, splendida nel sentimento, impeccabile nel gesto tecnico.</p> <p><strong>Selene I.S. Brumana</strong></p> <p>{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</p></div><div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/a6b30456e15661e6d0883286b0557dd5_S.jpg" alt="Marcelino Sambé e Lauren Cuthbertson “The Cellist”, coreografia Cathy Marston’s, 2019 ROH. Foto Gavin Smart" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong><em>Dances at a Gathering</em></strong><br /><strong>the 72nd performance by the Royal Ballet at the Royal Opera House</strong><br /><strong>Choreography Jerome Robbins</strong><br /><strong> Music Fryderyk Chopin</strong><br /><strong>Costume designer Joe Eula</strong><br /><strong>Lighting designer Joe Eula</strong><br /><strong>Staging Ben Huys</strong><br /><strong>Cast</strong><br /><strong>Pink: Marianela Nuñez </strong><br /><strong>Mauve: Francesca Hayward</strong><br /><strong>Apricot: Yasmine Naghdi</strong><br /><strong>Green: Laura Morera</strong><br /><strong>Blue: Fumi Kaneko</strong><br /><strong>Brown: Alexander Campbell</strong><br /><strong>Purple: Federico Bonelli</strong><br /><strong>Green: William Bracewell</strong><br /><strong>Brick: Luca Acri</strong><br /><strong>Blue: Valentino Zucchetti</strong><br /><strong><em>The Cellist </em></strong><br /><strong>The world premiere by the Royal Ballet at the Royal Opera House</strong><br /><strong>Choreography Cathy Marston</strong><br /><strong>Scenario Cathy Marston and Edward Kemp</strong><br /><strong>Music Philip Feeney, after Edward Elgar, Ludwig van Beethoven, Gabriel Fauré, <br />Felix Mendelssohn, Alfredo Piatti, Serge Rachmaninoff, and Franz Schubert</strong><br /><strong>Set Designer Hildegard Bechtler</strong><br /><strong>Costume designer Bregje van Balen</strong><br /><strong>Lighting designer Jon Clark</strong><br /><strong>Dramaturgy Edward Kemp</strong><br /><strong>Choreographic collaborator Jenny Tattersall</strong><br /><strong>Conductor Andrea Molino</strong><br /><strong>Cast</strong><br /><strong>The Cellist: Lauren Cuthbertson</strong><br /><strong>The Instrument: Marcelino Sambé</strong><br /><strong>The Conductor: Matthew Ball</strong><br /><strong>The Cellist (as a young girl): Emma Lucano</strong><br /><strong>Her sister (as a young girl): Lauren Godfrey</strong><br /><strong>Her mother: Kristen McNally</strong><br /><strong>Her father: Thomas Whitehead</strong><br /><strong>Her sister: Anna Rose O’Sullivan</strong><br /><strong>Her cello teachers: Gary Avis, Nicol Edmonds, Benjamin Ella</strong><br /><strong>Her musical friends: Luca Acri, Paul Kay, Joseph Sissens</strong><br /><strong>A chorus of narrators: Artists of the Royal Ballet</strong><br /><strong>Solo cello: Hetty Snell</strong><br /><strong>Orchestra of the Royal Opera House</strong><br /><strong>London, Royal Opera House 17 febbraio 2020</strong></p> <p>{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>www.Sipario.it, 21 febbraio 2020</strong>}</p> <p style="text-align: justify;">Quale “il biglietto da visita” del Royal Ballet? Alex Beard BCE, Chief Executive della Royal Opera House, riferendosi alle produzioni della stagione londinese ha parlato di «wonderful demonstration of the Royal Ballet’s balance of the historic and the cutting edge». Ebbene, si tratta di una auto-perspettiva pienamente rispondente alla realtà di una compagnia che vanta un organico di danzatori dalle eccellenti qualità tecniche ed espressive, una compagnia in cui tradizione e innovazione percorrono un medesimo cammino fatto di eleganza e intensità, esaltazione della tecnica e rispetto degli stili, una compagnia solida e di ampie vedute, in cui “classico” e “contemporaneo” quasi perdono la loro connotazione di categorie e divengono sinergiche note dell’espressione coreutica.<br /> Una serata attesa dalla critica internazionale, quella del 17 febbraio scorso, che al Main stage della ROH ha proposto un programma misto: dapprima <em>Dances at the Gathering</em> di Jerome Robbins, poi <em>The Cellist</em>. Opposte nel linguaggio espressivo –– classico/neoclassico il primo; contemporaneo il secondo ––, le due opere si distinguono anche per la storia che le lega al Royal Ballet –– una produzione affermata la prima, giunta alla 72esima rappresentazione, da quella storica del 1970 con Antony Dowell e Rudolf Nureyev, ma che ora “rinasce” con una nuova generazione di danzatori; una “première assoluta” la seconda. <br /> In entrambi i balletti la narrazione ha il sapore di una scoperta che trattiene il respiro. Cullati dalla musica di Chopin, quello splendido “esercizio in danza” che è <em>Dances at the Gathering</em> evoca con raffinatezza, fra eleganza e ironia, le modulazioni dell’animo, e il suo caleidoscopico gioco di emozioni. Ispirato alla storia della celebre cellista Jacqueline Du Pré (1945-1987), la cui prodigiosa carriera fu stroncata a 28 anni dalla sclerosi, <em>The Cellist</em> è semplicemente pura poesia. Ma è ben più che l’evocazione in danza di una tragica storicità dei fatti. <em>The Cellist</em> narra la reciprocità di un sentimento, quello diafano e ardente del genio artistico, e della sintonia palpabile ma irripetibile, fra la giovine ragazza e il suo cello. Deliziosa nota quella della vitalità dello strumento musicale, qui reso umano, a sottolinearne la personalità: inevitabile è la sua capacità di comunicare sentimenti, innegabile il suo essere presenza unica nell’esistenza dell’artista.<br /> Ottima <em>performance</em> per tutti gli artisti del Royal Ballet, esibitisi nel primo come nel secondo spettacolo. Una nota di eccezionale merito sia consentito di rivolgere ai principals di <em>The Cellist</em>, alla cellista Lauren Cuthbertson e al suo cello Marcelino Sambé, meravigliosi interpreti di una raffinata creazione, che in questa trasfigurazione artistica hanno semplicemente rapito l’attenzione del pubblico per la liricità della loro comunicazione, splendida nel sentimento, impeccabile nel gesto tecnico.</p> <p><strong>Selene I.S. Brumana</strong></p> <p>{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</p></div>DANSE MACABRE - coreografia Martin Zimmermann2022-11-07T20:10:52+01:002022-11-07T20:10:52+01:00https://www.sipario.it/recensionidanzad/item/14735-danse-macabre-coreografia-martin-zimmermann.htmlGiulia Clai<div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/8aa9e17d9c096b1bcdaf6ee425d28fc0_S.jpg" alt=""Danse macabre", coreografia Martin Zimmermann" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>Ideazione, direzione, coreografia Martin Zimmermann<br />creato con e interpretato da Tarek Halaby, Dimitri Jourde, Methinee Wongtrakoon, Martin Zimmermann<br />creazione musicale Colin Vallon<br />drammaturgia Sabine Geistlich scena Simeon Meier, Martin Zimmermann costumi Susanne Boner, Martin Zimmermann<br />disegno luci Sarah Büchel sound design Andy Neresheimer<br />Reggio Emilia Teatro Cavallerizza, 23 ottobre 2022</strong></p> <p style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>www.Sipario.it, 25 ottobre 2022</strong>}</p> <p style="text-align: justify;">Martin Zimmermann è un clown, un ballerino, uno scenografo, un attore e un regista. Nello spettacolo <em>Danse Macabre</em> pone diverse domande: sulla lotta degli individui all’interno della famiglia, sull’amore e la violenza che le animano, su quale sia la più grande preoccupazione di ogni individuo, sé stesso, gli altri o entrambi? Sul palco Martin Zimmermann con quest’opera porta una sorta di famiglia piena di angoscia. Il palcoscenico è popolato da tre personaggi che ondeggiano tra il mostruoso e il tragicomico, costantemente in squilibrio tra la loro parte umana e la decadenza irrisa, animati da un'energia chiassosa e caotica. L’ambientazione non ha riferimenti precisi, sembra una di terra di nessuno in cui si accumula la sporcizia su sporcizia. Gli individui che vivono questo spazio sono tre emarginati sociali, interpretati da Tarek Halaby, Dimitri Jourde e Methinee Wongtrakoon, eccezionali artisti di circo, teatro e danza, sembrano alla deriva, alla ricerca di una propria strategia di sopravvivenza. Non ci sono norme per questa discarica in cui vive la feccia della società. Qui vengono abbandonati e scaricati senza pietà corpi e materiali. Gli interpreti formano famiglie di fronte alle avversità, fanno affari per sopravvivere, sono mobili, fantasiosi e leggeri contro la gravità. A volte si coccolano nel magma di detriti che li inghiotte. L'appartenenza al gruppo familiare è presentata come un'alleanza tra esclusi e rappresentativa della realtà politica e sociale odierna. Sono figure ai margini della società, amaramente allegre e fragili che si trovano nello stesso posto allo stesso tempo, immersi ognuno nella propria disperazione, non sanno se i pericoli e le sfide provengono dal mondo esterno o dal loro universo intimo e la loro sola via d'uscita è il loro umorismo che <<corrisponde al lato ridicolo della tragedia>>. Di questa sorta di discarica questo improbabile trio fa la sua dimora. Tra un susseguirsi di battute d’arresto i tre personaggi si rialzano sempre per trovare soluzioni insolite. Interviene su questa fragile e sgangherata comunità il dispettoso Mr. Skeleton, interpretato da Zimmermann, e tira le fila di questo macabro gioco, suscitando sorprese e introducendo follia: la morte interpretata da Martin Zimmermann aleggia sui personaggi, che combattono per la sopravvivenza e l'unica cosa che può salvarli è il loro <<umorismo, la forma ridicola della tristezza>>. <br />La fusione di umorismo tagliente e assurdità conferisce magia a questa opera di Martin Zimmermann che ha creato un mondo stravagante in cui ha messo in scena figure e oggetti bizzarri. Ha portato fuori dalla realtà la banalità facendola scivolare per un’ora in mondi paralleli, rompendo le convenzioni, sfidando il solito e scoprendo il nascosto e l’assurdo, in breve mostrando come plausibile l'improbabile. Le strutture sociali si stanno sempre più disintegrando, gli esseri umani, per soddisfare i propri bisogni sociali, si rivolgono sempre più a comunità basate su un pensiero comune, all'interno del quale scelgono liberamente di evolversi. Ma questo implica che l'essere umano sia libero nei suoi movimenti e nelle sue scelte. La musica di Colin Vallon che accompagna questo miscuglio di scene di corpi e materiali in una fusione di realtà, finzione e illusione, questa danza della morte, gioca un ruolo importante nel mantenere in movimento gli ingranaggi della grande ruota della vita in cui ci porta Martin Zimmermann con la sua <em>Danse macabre</em>.</p> <p><strong>Giulia Clai</strong></p> <p style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</p></div><div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/8aa9e17d9c096b1bcdaf6ee425d28fc0_S.jpg" alt=""Danse macabre", coreografia Martin Zimmermann" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>Ideazione, direzione, coreografia Martin Zimmermann<br />creato con e interpretato da Tarek Halaby, Dimitri Jourde, Methinee Wongtrakoon, Martin Zimmermann<br />creazione musicale Colin Vallon<br />drammaturgia Sabine Geistlich scena Simeon Meier, Martin Zimmermann costumi Susanne Boner, Martin Zimmermann<br />disegno luci Sarah Büchel sound design Andy Neresheimer<br />Reggio Emilia Teatro Cavallerizza, 23 ottobre 2022</strong></p> <p style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>www.Sipario.it, 25 ottobre 2022</strong>}</p> <p style="text-align: justify;">Martin Zimmermann è un clown, un ballerino, uno scenografo, un attore e un regista. Nello spettacolo <em>Danse Macabre</em> pone diverse domande: sulla lotta degli individui all’interno della famiglia, sull’amore e la violenza che le animano, su quale sia la più grande preoccupazione di ogni individuo, sé stesso, gli altri o entrambi? Sul palco Martin Zimmermann con quest’opera porta una sorta di famiglia piena di angoscia. Il palcoscenico è popolato da tre personaggi che ondeggiano tra il mostruoso e il tragicomico, costantemente in squilibrio tra la loro parte umana e la decadenza irrisa, animati da un'energia chiassosa e caotica. L’ambientazione non ha riferimenti precisi, sembra una di terra di nessuno in cui si accumula la sporcizia su sporcizia. Gli individui che vivono questo spazio sono tre emarginati sociali, interpretati da Tarek Halaby, Dimitri Jourde e Methinee Wongtrakoon, eccezionali artisti di circo, teatro e danza, sembrano alla deriva, alla ricerca di una propria strategia di sopravvivenza. Non ci sono norme per questa discarica in cui vive la feccia della società. Qui vengono abbandonati e scaricati senza pietà corpi e materiali. Gli interpreti formano famiglie di fronte alle avversità, fanno affari per sopravvivere, sono mobili, fantasiosi e leggeri contro la gravità. A volte si coccolano nel magma di detriti che li inghiotte. L'appartenenza al gruppo familiare è presentata come un'alleanza tra esclusi e rappresentativa della realtà politica e sociale odierna. Sono figure ai margini della società, amaramente allegre e fragili che si trovano nello stesso posto allo stesso tempo, immersi ognuno nella propria disperazione, non sanno se i pericoli e le sfide provengono dal mondo esterno o dal loro universo intimo e la loro sola via d'uscita è il loro umorismo che <<corrisponde al lato ridicolo della tragedia>>. Di questa sorta di discarica questo improbabile trio fa la sua dimora. Tra un susseguirsi di battute d’arresto i tre personaggi si rialzano sempre per trovare soluzioni insolite. Interviene su questa fragile e sgangherata comunità il dispettoso Mr. Skeleton, interpretato da Zimmermann, e tira le fila di questo macabro gioco, suscitando sorprese e introducendo follia: la morte interpretata da Martin Zimmermann aleggia sui personaggi, che combattono per la sopravvivenza e l'unica cosa che può salvarli è il loro <<umorismo, la forma ridicola della tristezza>>. <br />La fusione di umorismo tagliente e assurdità conferisce magia a questa opera di Martin Zimmermann che ha creato un mondo stravagante in cui ha messo in scena figure e oggetti bizzarri. Ha portato fuori dalla realtà la banalità facendola scivolare per un’ora in mondi paralleli, rompendo le convenzioni, sfidando il solito e scoprendo il nascosto e l’assurdo, in breve mostrando come plausibile l'improbabile. Le strutture sociali si stanno sempre più disintegrando, gli esseri umani, per soddisfare i propri bisogni sociali, si rivolgono sempre più a comunità basate su un pensiero comune, all'interno del quale scelgono liberamente di evolversi. Ma questo implica che l'essere umano sia libero nei suoi movimenti e nelle sue scelte. La musica di Colin Vallon che accompagna questo miscuglio di scene di corpi e materiali in una fusione di realtà, finzione e illusione, questa danza della morte, gioca un ruolo importante nel mantenere in movimento gli ingranaggi della grande ruota della vita in cui ci porta Martin Zimmermann con la sua <em>Danse macabre</em>.</p> <p><strong>Giulia Clai</strong></p> <p style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</p></div>DANZA DELLA MENTE (LA) - drammaturgia e regia Andrea Chiodi 2018-12-30T08:16:06+01:002018-12-30T08:16:06+01:00https://www.sipario.it/recensionidanzad/item/12123-danza-della-mente-la-drammaturgia-e-regia-andrea-chiodi.htmlClaudia Allasia<div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/d0a6ef54d6cfe9f9dfaaba28d78960e2_S.jpg" alt="Marta Ciappina in "La danza della mente", drammaturgia e regia Andrea Chiodi. Foto Michele D'Ottavio" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p style="text-align: justify;"><strong>Performance artistico-scientifica</strong><br /><strong>Danzatrice Marta Ciappina</strong><br /><strong>Drammaturgia e Regia Andrea Chiodi</strong><br /><strong>Musiche Ferdinando Baroffio</strong><br /><strong>Video Nikica Milevic</strong><br /><strong>Allestimento scenico e coordinamento Matteo Patrucco</strong><br /><strong>Poesia <em>The Brain is wider than the Sky</em> di Emily Dickinson</strong><br /><strong>Teatro Piccolo Regio di Torino 15 novembre 2018</strong></p> <p>{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>www.Sipario.it, 29 dicembre 2018</strong>}</p> <p style="text-align: justify;">Tra i più recenti spettacoli ispirati alla scienza, il più sorprendente è stato <em>La Danza della Mente</em>, andato in scena a metà novembre al Piccolo Regio di Torino durante la cerimonia di consegna del Premio Lagrange al giovane scienziato cileno César Hidalgo, autore di rivoluzionarie scoperte nel campo dei sistemi complessi.<br />Il committente e l'ideatore di questo spettacolo "scientifico" - concepito per il parterre internazionale, competente e poliglotta giunto da ogni parte del mondo per presenziare alla consegna del prestigioso Premio dell' I.S.I. (Institute for Scientific Interchange Foundation)- è stato infatti uno scienziato di fama internazionale, l'accademico torinese Mario Rasetti, uno degli ex ragazzi-prodigio della leggendaria via Panisperma.<br />Convinto della necessità di impiegare la danza per divulgare con chiarezza e poesia, e soprattutto in modo pop, le ultime scoperte della scienza relative alle mappe semantiche del cervelllo, lo scienziato presidente dell' I.S.I. di Torino e di New York, ha giocato di squadra con un gruppo di giovani teatranti guidati dal regista Andrea Chiodi e coordinati dall' artista visivo Matteo Patrucco. Designata protagonista la danzatrice Marta Ciappina, eccellente e duttile interprete, prediletta da coreografi anticonformisti come Di Stefano e Sciarroni, il professor Rasetti ha scritto il plot della <em>piéce</em> e deciso il titolo. Sicchè sul palco, dove un grande cervello montato su un'asta, oggetto-scenico di Matteo Patrucco, suggeriva il tema dell'azione, Marta Ciàppina ha danzato per una ventina di minuti con intelligenza e leggerezza, compiendo movimenti astrattamente didascalici, piccoli passi, cambi di direzione, slanci minimi e torsioni controllate per incarnare i prodigi mostrati sul fondale dalla video-proiezione di Nikita Milevic: un cervello distinto in due parti, una vera e propria mappa con zone delineate che, stimolate da parole semplici come "mamma", "casa", "albero", pur pronunciate in lingue diverse, reagivano rimbalzando e diventando rosse allo stesso modo, in una perfetta interazione tra sonorità, corpo e immagini.<br />Un vagito usciva dalla videoproiezione e vi faceva ritorno in un punto preciso del cervello, mentre una voce registrata scandiva i versi (sorprendentemente intuitivi di future scoperte scientifiche) della poetessa americana Emily Dickinson: "Il cervello è più grande del Cielo, perchè, mettili uno accanto all'altro, l'uno conterrà l'altro. ...Il cervello è più profondo del mare .. l'uno assorbirà l' altro, come le spugne i secchi.". Questa appassionante scoperta diventerà anche l'oggetto di una ricerca internazionale guidata dal professor Rasetti, in autunno alle O.G.R., affascinante luogo post-industriale (l'acronimo sta per Officine Grandi Riparazioni) convertito oggi in spazi versatili e cool, sempre affollati in occasione di spettacoli, esposizioni, intrattenimenti.</p> <p><strong>Claudia Allasia</strong></p> <p><strong></strong>{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</p></div><div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/d0a6ef54d6cfe9f9dfaaba28d78960e2_S.jpg" alt="Marta Ciappina in "La danza della mente", drammaturgia e regia Andrea Chiodi. Foto Michele D'Ottavio" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p style="text-align: justify;"><strong>Performance artistico-scientifica</strong><br /><strong>Danzatrice Marta Ciappina</strong><br /><strong>Drammaturgia e Regia Andrea Chiodi</strong><br /><strong>Musiche Ferdinando Baroffio</strong><br /><strong>Video Nikica Milevic</strong><br /><strong>Allestimento scenico e coordinamento Matteo Patrucco</strong><br /><strong>Poesia <em>The Brain is wider than the Sky</em> di Emily Dickinson</strong><br /><strong>Teatro Piccolo Regio di Torino 15 novembre 2018</strong></p> <p>{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>www.Sipario.it, 29 dicembre 2018</strong>}</p> <p style="text-align: justify;">Tra i più recenti spettacoli ispirati alla scienza, il più sorprendente è stato <em>La Danza della Mente</em>, andato in scena a metà novembre al Piccolo Regio di Torino durante la cerimonia di consegna del Premio Lagrange al giovane scienziato cileno César Hidalgo, autore di rivoluzionarie scoperte nel campo dei sistemi complessi.<br />Il committente e l'ideatore di questo spettacolo "scientifico" - concepito per il parterre internazionale, competente e poliglotta giunto da ogni parte del mondo per presenziare alla consegna del prestigioso Premio dell' I.S.I. (Institute for Scientific Interchange Foundation)- è stato infatti uno scienziato di fama internazionale, l'accademico torinese Mario Rasetti, uno degli ex ragazzi-prodigio della leggendaria via Panisperma.<br />Convinto della necessità di impiegare la danza per divulgare con chiarezza e poesia, e soprattutto in modo pop, le ultime scoperte della scienza relative alle mappe semantiche del cervelllo, lo scienziato presidente dell' I.S.I. di Torino e di New York, ha giocato di squadra con un gruppo di giovani teatranti guidati dal regista Andrea Chiodi e coordinati dall' artista visivo Matteo Patrucco. Designata protagonista la danzatrice Marta Ciappina, eccellente e duttile interprete, prediletta da coreografi anticonformisti come Di Stefano e Sciarroni, il professor Rasetti ha scritto il plot della <em>piéce</em> e deciso il titolo. Sicchè sul palco, dove un grande cervello montato su un'asta, oggetto-scenico di Matteo Patrucco, suggeriva il tema dell'azione, Marta Ciàppina ha danzato per una ventina di minuti con intelligenza e leggerezza, compiendo movimenti astrattamente didascalici, piccoli passi, cambi di direzione, slanci minimi e torsioni controllate per incarnare i prodigi mostrati sul fondale dalla video-proiezione di Nikita Milevic: un cervello distinto in due parti, una vera e propria mappa con zone delineate che, stimolate da parole semplici come "mamma", "casa", "albero", pur pronunciate in lingue diverse, reagivano rimbalzando e diventando rosse allo stesso modo, in una perfetta interazione tra sonorità, corpo e immagini.<br />Un vagito usciva dalla videoproiezione e vi faceva ritorno in un punto preciso del cervello, mentre una voce registrata scandiva i versi (sorprendentemente intuitivi di future scoperte scientifiche) della poetessa americana Emily Dickinson: "Il cervello è più grande del Cielo, perchè, mettili uno accanto all'altro, l'uno conterrà l'altro. ...Il cervello è più profondo del mare .. l'uno assorbirà l' altro, come le spugne i secchi.". Questa appassionante scoperta diventerà anche l'oggetto di una ricerca internazionale guidata dal professor Rasetti, in autunno alle O.G.R., affascinante luogo post-industriale (l'acronimo sta per Officine Grandi Riparazioni) convertito oggi in spazi versatili e cool, sempre affollati in occasione di spettacoli, esposizioni, intrattenimenti.</p> <p><strong>Claudia Allasia</strong></p> <p><strong></strong>{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</p></div>DANZATALENTI 2014 - coreografie varie2014-03-20T08:56:34+01:002014-03-20T08:56:34+01:00https://www.sipario.it/recensionidanzad/item/8511-danzatalenti-2014-coreografie-varie.htmlFrancesca Camponero<div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/972ce0cd25c21c65bfa440bc6fa085a2_S.jpg" alt="Carla Moro e Aurelio Dessì del Balletto di Milan in "Romeo e Giulietta", coreografia Giorgio Madia." /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p style="text-align: justify;"><strong></strong><strong><span style="font-size: 12pt;"><strong><span style="color: #000000;"> </span></strong> </span> </strong><strong>Danzatalenti 2014</strong><br /><strong>Con Balletto di Milano, Balletto Teatro di Torino, Cannes Jeune Ballet, Do Ut Dance</strong><br /><strong>Genova, Teatro della Tosse 19 marzo 2014</strong> </p> {2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>www.Sipario.it, 20 marzo 2014</strong>} <p style="text-align: justify;">Per fortuna da quattro anni torna la bella danza a Genova, quella di qualità e soprattutto quella che mette in mostra i giovani con le capacità giuste per riuscire. Il Gala internazionale DANZATALENTI organizzato dall'Associazione D'Angel-Angeli della Danza per la direzione artistica di <strong>Simona Griggio</strong>, con il contributo di Regione Liguria e patrocinio di Provincia e Comune di Genova, fa questo portando in scena grandi compagnie affermate composte da giovani ballerini che per un'ora e mezza deliziano un pubblico variegato amante sia del balletto classico che della danza contemporanea. Quest'anno sul palcoscenico del Teatro alla Tosse che mercoledì 19 marzo ha ospitato la manifestazione erano gli artisti del Balletto di Milano diretto da <strong>Carlo Pesta</strong>, del Balletto Teatro di Torino diretto da <strong>Loredana Furno</strong> e, come ormai tradizione, quelli del Cannes Jeune Ballet diretto da <strong>Paola Cantalupo</strong>. Il programma giocato su nuove creazioni o rivisitazioni del repertorio classico si è aperto con una coreografia di benvenuto della compagnia genovese Do Ut Dance, guidata da <strong>Viviana Pozzolo</strong>, un ensemble formato in gran parte da professionisti che lavorano in tv, in stile modern-street. Dopo la presentazione di <strong>Simona Griggio</strong> si è dato il via alla kermesse vera e propria con le esibizioni di maggior richiamo quali il <em>pas de deux</em> tratto da <em>Romeo e Giulietta</em> di <strong>Giorgio Madia</strong> ed alcuni estratti da <em>Chansons</em> per quanto riguarda il Balletto di Milano, il brano <em>In Mozart</em> su musica di <strong>Michael Nyman</strong>, coreografato da <strong>Matteo Levaggi</strong> per il Balletto Teatro di Torino (la vera chicca della serata) e il duetto maschile <em>La Ressemblance</em> composto da <strong>Claude Brumachon</strong>, direttore del Centro Coreografico di Nantes, per la compagnia preprofessionale dell'Ècole Supérieure de Danse de Cannes Rosella Hightower.<br />Grande attesa era per la presenza del genovese <strong>Lorenzo Terzo</strong>, ventenne proveniente dalla compagnia Junior Balletto di Toscana, scelto per debuttare in una coreografia di <strong>Davide Bombana</strong> al fianco di<strong> Federica Maine</strong> (anche lei di origine ligure), protagonista di molte produzioni della compagnia Maggio Musicale Fiorentino. I due giovani hanno debuttato in un brano composto per <strong>Eleonora Abbagnato</strong> e <strong>Benjamin Pech</strong>, <em>Prélude à l'aprés-midi d'un Faune</em>, cimentandosi in un ruolo impegnativo sia dal punto di vista tecnico che espressivo. A fine serata Simona Griggio ha consegnato il riconoscimento Danzatalenti 2014 alle ballerine <strong>Giulia Paris</strong> (Balletto di Milano), <strong>Federica Maine</strong> (Maggio Musicale Fiorentino), <strong>Manuela Maugeri</strong> (Balletto Teatro di Torino) e a <strong>Lorenzo Terzo</strong> in qualità di talento emergente.</p> <p><strong>Francesca Camponero</strong> </p> <p><strong></strong>{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</p></div><div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/972ce0cd25c21c65bfa440bc6fa085a2_S.jpg" alt="Carla Moro e Aurelio Dessì del Balletto di Milan in "Romeo e Giulietta", coreografia Giorgio Madia." /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p style="text-align: justify;"><strong></strong><strong><span style="font-size: 12pt;"><strong><span style="color: #000000;"> </span></strong> </span> </strong><strong>Danzatalenti 2014</strong><br /><strong>Con Balletto di Milano, Balletto Teatro di Torino, Cannes Jeune Ballet, Do Ut Dance</strong><br /><strong>Genova, Teatro della Tosse 19 marzo 2014</strong> </p> {2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>www.Sipario.it, 20 marzo 2014</strong>} <p style="text-align: justify;">Per fortuna da quattro anni torna la bella danza a Genova, quella di qualità e soprattutto quella che mette in mostra i giovani con le capacità giuste per riuscire. Il Gala internazionale DANZATALENTI organizzato dall'Associazione D'Angel-Angeli della Danza per la direzione artistica di <strong>Simona Griggio</strong>, con il contributo di Regione Liguria e patrocinio di Provincia e Comune di Genova, fa questo portando in scena grandi compagnie affermate composte da giovani ballerini che per un'ora e mezza deliziano un pubblico variegato amante sia del balletto classico che della danza contemporanea. Quest'anno sul palcoscenico del Teatro alla Tosse che mercoledì 19 marzo ha ospitato la manifestazione erano gli artisti del Balletto di Milano diretto da <strong>Carlo Pesta</strong>, del Balletto Teatro di Torino diretto da <strong>Loredana Furno</strong> e, come ormai tradizione, quelli del Cannes Jeune Ballet diretto da <strong>Paola Cantalupo</strong>. Il programma giocato su nuove creazioni o rivisitazioni del repertorio classico si è aperto con una coreografia di benvenuto della compagnia genovese Do Ut Dance, guidata da <strong>Viviana Pozzolo</strong>, un ensemble formato in gran parte da professionisti che lavorano in tv, in stile modern-street. Dopo la presentazione di <strong>Simona Griggio</strong> si è dato il via alla kermesse vera e propria con le esibizioni di maggior richiamo quali il <em>pas de deux</em> tratto da <em>Romeo e Giulietta</em> di <strong>Giorgio Madia</strong> ed alcuni estratti da <em>Chansons</em> per quanto riguarda il Balletto di Milano, il brano <em>In Mozart</em> su musica di <strong>Michael Nyman</strong>, coreografato da <strong>Matteo Levaggi</strong> per il Balletto Teatro di Torino (la vera chicca della serata) e il duetto maschile <em>La Ressemblance</em> composto da <strong>Claude Brumachon</strong>, direttore del Centro Coreografico di Nantes, per la compagnia preprofessionale dell'Ècole Supérieure de Danse de Cannes Rosella Hightower.<br />Grande attesa era per la presenza del genovese <strong>Lorenzo Terzo</strong>, ventenne proveniente dalla compagnia Junior Balletto di Toscana, scelto per debuttare in una coreografia di <strong>Davide Bombana</strong> al fianco di<strong> Federica Maine</strong> (anche lei di origine ligure), protagonista di molte produzioni della compagnia Maggio Musicale Fiorentino. I due giovani hanno debuttato in un brano composto per <strong>Eleonora Abbagnato</strong> e <strong>Benjamin Pech</strong>, <em>Prélude à l'aprés-midi d'un Faune</em>, cimentandosi in un ruolo impegnativo sia dal punto di vista tecnico che espressivo. A fine serata Simona Griggio ha consegnato il riconoscimento Danzatalenti 2014 alle ballerine <strong>Giulia Paris</strong> (Balletto di Milano), <strong>Federica Maine</strong> (Maggio Musicale Fiorentino), <strong>Manuela Maugeri</strong> (Balletto Teatro di Torino) e a <strong>Lorenzo Terzo</strong> in qualità di talento emergente.</p> <p><strong>Francesca Camponero</strong> </p> <p><strong></strong>{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</p></div>DANZE PANDEMICHE (LE) - coreografia Gabriella Stazio2021-12-18T01:14:38+01:002021-12-18T01:14:38+01:00https://www.sipario.it/recensionidanzad/item/14098-danze-pandemiche-le-coreografia-gabriella-stazio.htmlFrancesca Myriam Chiatto<div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/afefdf53b60e80f9ed3c5bcf18bebd97_S.jpg" alt=""Le Danze Pandemiche", coreografia Gabriella Stazio. Foto Giusva Cennamo, Ag. Cubo" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>Progetto MED FOCUS DANZA <br />A cura di SISTEMA MED MUSICA E DANZA, UNIONE REGIONALE AGIS CAMPANIA<br /> Con Sonia Di Gennaro, Michele Simonetti, Emanuela Tagliavia e interventi di Martina Galardo e Francesca Gifuni <br /> Sound design Francesco Giangrande<br /> Luci Alessandro Messina<br />Musiche Fred Buscaglione, Dj Shadow, Jimmy Fontana, Rino Gaetano, Morgan, Patty Pravo, Massimo Ranieri, Yann Tiersen, Damn Yankees<br /> Produzione MOVIMENTO DANZA, MIC, REGIONE CAMPANIA<br /> Foto usate durante lo spettacolo VOGUE ITALIA<br />Teatro Sannazaro di Napoli, 12 dicembre 2021</strong></p> <p style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>www.Sipario.it, 15 dicembre 2021</strong>}</p> <p style="text-align: justify;">Ancora una volta la protagonista di uno spettacolo, in questo caso all’interno della rassegna del Campania Teatro Festival, è proprio lei: la Pandemia. Paradossalmente, quella che per mesi ha provato e talvolta prova ancora a portar via la creatività e la creazione, la voglia di fare e di realizzare, i sogni e i desideri, quelle che una volta si sarebbero definite le arti e i mestieri, diventa invece la protagonista di quella stessa creatività e poi creazione, di quella stessa identica voglia di fare e di realizzare, di quegli stessi sogni, desideri e di quella messa in scena, come le tre coreografie di Gabriella Stazio: <em>Polvere: minutissime particelle incoerenti</em>, <em>Il paradosso di Lulù</em> e <em>Pandemik Mambo</em>, in un solo titolo <em>Le danze pandemiche</em>. Ed è così che nascono le danze fra le mura di casa, il ricreare un quotidiano che non c’è più, ma che forse facendoci fermare ci ha dettato nuove regole e nuove fonti per realizzare qualcosa di bello. Forse c’è il desiderio di essere qualcun altro, un’immagine perfetta, una ragazza da copertina, con la contraddizione di essere invece in una casa, fra quattro mura, a spolverare là dove quei granelli si insinuano, con incoerenza appunto, ma quell’incoerenza che, si scoprirà poi, fa nascere qualcosa di nuovo. La ricerca di un corpo che non si sente più come unico, ma che sfodera tante diverse personalità e che racchiude tante storie, ma talvolta a quelle storie ha anche bisogno di essere restituito, proprio sulla scia di ciò che sosteneva nella sua opera e nella sua vita anche Luigi Pirandello. Oppure ancora un modo originale di poter mantenere il distanziamento sociale tramite la forma più antica e divertente, paradossalmente, di aggregazione e di socievole allegria: il gioco, ma tramite due enormi salvagente, per ballare ciascuno nel proprio spazio, ma al contempo insieme, in sicurezza. L’interpretazione di questo spettacolo, per quanto riguarda tutte e tre le coreografie, è strettamente personale e diversificata per ciascuno spettatore; il prodotto si presenta come un trittico di danza contemporanea tra le più pure e aderenti ai canoni dello stile e quindi spesso difficile nel movimento che deve apparire fluido, ma al tempo stesso fermo e maggiormente a scatti nei momenti giusti. Una danza che coniuga il quotidiano con i passi dei ballerini e che prende i suoi suoni anche dalla strada, dai rumori, quasi fosse in presa diretta su tutto ciò che noi ogni giorno, in tanti momenti diversi, ascoltiamo. La confusione e la delusione ben si mescolano con la gioia e l’allegria di musiche e melodie ritmate che sottolineano gli attimi di speranza e di bellezza, proprio come può essere una danza, nata dal buio, ma rivolta verso la luce.</p> <p><strong>Francesca Myriam Chiatto</strong></p> <p style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</p></div><div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/afefdf53b60e80f9ed3c5bcf18bebd97_S.jpg" alt=""Le Danze Pandemiche", coreografia Gabriella Stazio. Foto Giusva Cennamo, Ag. Cubo" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>Progetto MED FOCUS DANZA <br />A cura di SISTEMA MED MUSICA E DANZA, UNIONE REGIONALE AGIS CAMPANIA<br /> Con Sonia Di Gennaro, Michele Simonetti, Emanuela Tagliavia e interventi di Martina Galardo e Francesca Gifuni <br /> Sound design Francesco Giangrande<br /> Luci Alessandro Messina<br />Musiche Fred Buscaglione, Dj Shadow, Jimmy Fontana, Rino Gaetano, Morgan, Patty Pravo, Massimo Ranieri, Yann Tiersen, Damn Yankees<br /> Produzione MOVIMENTO DANZA, MIC, REGIONE CAMPANIA<br /> Foto usate durante lo spettacolo VOGUE ITALIA<br />Teatro Sannazaro di Napoli, 12 dicembre 2021</strong></p> <p style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:<strong>www.Sipario.it, 15 dicembre 2021</strong>}</p> <p style="text-align: justify;">Ancora una volta la protagonista di uno spettacolo, in questo caso all’interno della rassegna del Campania Teatro Festival, è proprio lei: la Pandemia. Paradossalmente, quella che per mesi ha provato e talvolta prova ancora a portar via la creatività e la creazione, la voglia di fare e di realizzare, i sogni e i desideri, quelle che una volta si sarebbero definite le arti e i mestieri, diventa invece la protagonista di quella stessa creatività e poi creazione, di quella stessa identica voglia di fare e di realizzare, di quegli stessi sogni, desideri e di quella messa in scena, come le tre coreografie di Gabriella Stazio: <em>Polvere: minutissime particelle incoerenti</em>, <em>Il paradosso di Lulù</em> e <em>Pandemik Mambo</em>, in un solo titolo <em>Le danze pandemiche</em>. Ed è così che nascono le danze fra le mura di casa, il ricreare un quotidiano che non c’è più, ma che forse facendoci fermare ci ha dettato nuove regole e nuove fonti per realizzare qualcosa di bello. Forse c’è il desiderio di essere qualcun altro, un’immagine perfetta, una ragazza da copertina, con la contraddizione di essere invece in una casa, fra quattro mura, a spolverare là dove quei granelli si insinuano, con incoerenza appunto, ma quell’incoerenza che, si scoprirà poi, fa nascere qualcosa di nuovo. La ricerca di un corpo che non si sente più come unico, ma che sfodera tante diverse personalità e che racchiude tante storie, ma talvolta a quelle storie ha anche bisogno di essere restituito, proprio sulla scia di ciò che sosteneva nella sua opera e nella sua vita anche Luigi Pirandello. Oppure ancora un modo originale di poter mantenere il distanziamento sociale tramite la forma più antica e divertente, paradossalmente, di aggregazione e di socievole allegria: il gioco, ma tramite due enormi salvagente, per ballare ciascuno nel proprio spazio, ma al contempo insieme, in sicurezza. L’interpretazione di questo spettacolo, per quanto riguarda tutte e tre le coreografie, è strettamente personale e diversificata per ciascuno spettatore; il prodotto si presenta come un trittico di danza contemporanea tra le più pure e aderenti ai canoni dello stile e quindi spesso difficile nel movimento che deve apparire fluido, ma al tempo stesso fermo e maggiormente a scatti nei momenti giusti. Una danza che coniuga il quotidiano con i passi dei ballerini e che prende i suoi suoni anche dalla strada, dai rumori, quasi fosse in presa diretta su tutto ciò che noi ogni giorno, in tanti momenti diversi, ascoltiamo. La confusione e la delusione ben si mescolano con la gioia e l’allegria di musiche e melodie ritmate che sottolineano gli attimi di speranza e di bellezza, proprio come può essere una danza, nata dal buio, ma rivolta verso la luce.</p> <p><strong>Francesca Myriam Chiatto</strong></p> <p style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</p></div>