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BLIND DATE - coreografia Bill T. Jones

Blind Date Blind Date Coreografia Bill T. Jones

coreografia: Bill T. Jones
musica originale composta e arrangiata da: Daniel Bernard Roumain
Johann Sebastian Bach "Sonata per Violino n.1 in sol minore, BWV 1001": Fuga e adagio
"Mrs. McGrath", canzone tradizionale irlandese (1815)
"Security" scritta da Otis Redding
"Tired of being alone" di Al Green
scene: Bjorn Amelan, costumi: Liz Prince, luci: Robert Wierzel
testo originale: Bill T. Jones e la Compagnia
Milano, Teatro degli Arcimboldi, 16 e 17 aprile 2007

Avvenire, 18 aprile 2007
Panorama, 1 maggio 2007
Il Sole 24 Ore, 22 aprile 2007
Il Manifesto, 22 aprile 2007
Corriere della Sera, 18 aprile 2007
La danza di Jones allontana la guerra

Il grande coreografo afroamericano conquista gli Arcimboldi a Milano con la denuncia di «Blind date»

Spiazzante. Imprevedibile. A tratti, Blind Date, presentato agli Arcimboldi in prima italiana, si direbbe indecifrabile, come tutti i lavori di Bill T. Jones. E ancora una volta uno spettacolo in cui il maestro della danza di colore americana in procinto di festeggiare i 25 anni della sua multietnica e straordinaria compagnia, intreccia riflessioni universali con un lessico, un dire e un esprimersi, che escono dai soliti parametri. E come sempre anche uno spettacolo forte a livello visivo, fonico e testuale. Uno spettacolo che getta a fondo l'amo in questo nostro mondo, in questa società che va smarrendo i valori autentici che dovrebbe possedere l'uomo. Che è denuncia dei fondamentalismi e delle violenze tutte che l'uomo in tutti i continenti subisce: la guerra in primis e le stragi dettate dal terrorismo, ma anche i disastri della natura, i terremoti e gli tsunami. Una sorta di "documentario morale" Blind Date (ovvero «Appuntamento al buio») fatto scrivere in prima persona dai suoi eccellenti danzatori che recano esperienze autobiografiche. Un documentario dove riassunti nel termine generico di "patriottismo", si analizzano quei concetti di onore, identità, sacrificio, che si riscontrano in tutti quei giovani che, sotto tutte le bandiere partecipano a una guerra incauta. La vivono e la soffrono. Ne sono complici, ma sentono il bisogno di pace.
Tante piccole storie personali e parallele che si incrociano sulla base di una affascinante colonna sonora di Daniel Bernard Romainche. Storie piene di paure e di speranza . Riflesse attraverso quel mix di danza (una danza ora fluidissima ora sprizzante energia), di parola, di poesia e di canto, e il soccorso delle nuove e più ardite tecnologie che sono caratteristica del fare di Bill T. Jones. Forse Blind Date soffre di qualche ripetitività, ma la metafora corre via limpida e asciutta e lo spettacolo non si raggela mai, grazie a quelle piccole e continue variazioni perché Jones sa dosare, con lavoro di finissimo cesello, momenti di grande intensità con altri di acceso humour. E il pubblico esce conquistato.

Domenico Rigotti

Manifesto poetico d’impegno
Al Teatro degli Arcimboldi di Milano «Blind Date» nuovo emozionante spettacol del coreografo USA Bill T. Jones

Bill T. Jones, il grande coreografo nero americano che ha fatto dell’impegno e della critica alla società americana il marchio di fabbrica, torna con la sua compagnia e con un nuovo emozionante spettacolo pacifista: Blind date, vale a dire incontro al buio.
L’incontro di danza, musica, parole e video, i materiali che abitualmente Bill utilizza, si trasforma in un amalgama di poesia che cattura. Con lui i grandi temi, l’intolleranza, il razzismo, la lotta all’aids, la malattia terminale diventano materia per una danza-manifesto. Era da anni che la mousse poetica non gli riusciva così bene. Viscerale e sofisticato, emozionante e magico, Blind date supera la piatta illustrazione dei propri principi.

Sergio Trombetta

Bill, corpo narrante

Tournée lampo di Jones & Arnie Zane Dance Company a Cremona e Milano, con uno spettacolo antimilitarista molto tecnologico fatto anche di canti e musiche dal vivo

Accorate domande sul patriottismo, scritte che segnalano su grandi e piccoli schermi che «occorre superare l’ignoranza alimentata dalle superstizioni e dalle religioni». Altre parole sull’ormai sfumata distinzione tra “civile” e “militare” e tra “tempo di pace” e “tempo di guerra”. E ancora: passi rigidi, militareschi, duetti morbidi e magnifici, vocalizzi buddisti, e Bach suonato da un violino solo. Più tante piccole storie “patriottiche”: quella della ballerina turca che ama la mezzaluna posta sulla sua bandiera e ne conosce l’origine mitologica, e quella dell’inconsapevole Richard, sedicenne della lowest class che muta il suo travestimento da papero venditore di hamburger con una divisa militare…
Questo teatro / danza / film / musica è Blind Date, documento scenico confezionato dal celebre coreografo di colore Bill T. Jones e dalla sua compagnia multietnica nel 2005, all’indomani della seconda elezione di George W. Bush, ma senza intenti anti-repubblicani. Jones preferisce porsi domande capitali che restano senza risposta, e semmai rovistare nelle insondabili contraddizioni umane come fa nel promettente inzio della pièce, quando danzando – benissimo, da par suo – fuma e dice: «So a cosa state pensando, ma prima o poi ci darò un taglio». È la stessa frase ripetuta anche alla fine, quando però – dopo un’ora e trenta di spettacolo sugli orrori delle morti giovani e inutili – non sembra più essere in gioco la dipendenza dal fumo (causa di mortalità, certo) bensì l’intolleranza, l’impossibilità ad accettare la differenza di pensiero altrui. Se bastasse intonare uno spiritual come Hold my Head, Lord, Walk with Me, per azzerare le guerre, l’ignoranza, le false religioni, il fondamentalismo Jones non urlerebbe il monosillabo «Me» (io), lo stesso continuamente ripetuto da chi cade, ovvero metaforicamente muore, nella danza vorticosa del suo gruppo. Invece lo fa, e così ribadisce che piuttosto che «darci un taglio» anche lui, il “predicatore”, muore.
Così descritto Blind Date potrà sembrare vagamente istrionesco; in effetti il «tener concione» è sempre stata la cifra dell’autore e affabulatore dell’Ultima Cena nella capanna dello Zio Tom, La terra promessa e di Still/Here, creato assieme ai malati di cancro e Aids. Tuttavia rispetto a quei titoli indimenticabili nel repertorio della Bill T. Jones /Arnie Zane Dance Company, lo spettacolo proposto agli Arcimboldi di Milano ha un andamento più faticoso; alterna momenti di palpabile tensione ad altri in cui un velo di noia soffoca la complessa messinscena con le sue trasparenze, i giochi d’ombra, il lasciar sprofondare le figure portandole in primo piano, l’accuratissima regia musicale.
L’elenco dei morti nell’ultimo decennio, tanti dovuti anche a calamità naturali (tsunami, inondazioni) è ad esempio un rendiconto che la danza morbida, talvolta leggiadra come una folata di vento, non regge. Lode, comunque, al cinquantacinquenne capofila del Postmodern che continua a immergere le improvvisazioni dei suoi danzatori nelle piaghe sociali più scottanti e per questo ha elaborato Another Evening, una struttua coreografica passpartout come gli Events di Merce Cunningham, che di volta in volta riadatta musica, danza, parola. Another Evening: I Bow Down, presentato al Ponchielli di Cremona, al termine della ricca rassegna «La Danza», elabora l’ipotesi di un secondo diluvio universale, tra canti buddisti e inchini (i bow down) al creato, e una rock band che sa alimentare i momenti più feroci di una danza di strada.
Anche qui Jones racconta storie toccanti, questa volta personali; narra della vecchia Estella (sua madre) condotta a vedere il film Titanic e poi di come lei, ormai moribonda, si ridestasse un’ultima volta al richiamo vitale dei pronipoti neonati, messi sul suo grembo. Lo scopo del coreografo è sempre raggiunto, quando attinge al vissuto e indaga nella memoria sua e altrui, quando riesce a dare corpo alla bellezza della frase «se raccontiamo più e più volte una storia diventiamo quella storia», che è il segno unico e nobile di tutta la sua vicenda espressiva.

Marinella Guatterini

Bill T. Jones, tempo di guerra

«Blind Date», in scena l'opera totale del coreografo afro-americano. Corsi e concorsi, esistenze taroccate, «grandi fratelli», Benedetta Buccellato si specchia nell'orrido della televisione. Kinkaleri racconta «Wanted» Uno spettacolo meditato dal 2004, dalla vittoria di Bush alle elezioni, dalle dichiarazioni del presidente, come «scelto da Dio per armare gli Stati uniti contro l'Iraq»

Francesca Pedroni
Milano

Nei giorni della rabbia attonita, stordita dal dolore che si respira nelle parole dei giovani studenti scampati al massacro della Virginia Tech, nei giorni in cui Bush, nonostante l'orrore, dichiara che «gli americani hanno diritto di portare armi», Bill T. Jones, uno dei maggiori coreografi al mondo, ha presentato agli Arcimboldi di Milano Blind Date, uno spettacolo politico che interroga senza scampo interpreti e pubblico sui più di un quesito scomodo di questo nostro tempo di guerra. Un tempo in cui, come si ascolta e si legge in uno dei molti testi che scorrono sugli schermi in movimento dello spettacolo «la distinzione tra 'civile' e 'militare' potrebbe svanire», «la distinzione tra guerra e pace sarà talmente sfocata da svanire».
Afro-americano, 55 anni, gay e sieropositivo dichiarato, artista per il quale le battaglie per i diritti umani sono parte integrante del suo incontro con gli altri, non ha mai vissuto la danza per rifugiarsi nella bella forma. «Come nella vita - dice per Blind Date - ogni partecipante e ogni spettatore deve fare delle scelte». Provate a chiedergli cosa cerca in un danzatore, se pensa che sia un dovere dell'artista riflettere con il suo lavoro sulla società. Vi ributterà le domande addosso, andando al nocciolo sotto lo strato riposante delle parole, dicendovi che da un danzatore vuole quello che cerca in voi: l'onestà, la verità, prendere delle decisioni; vi dirà che l'arte non è una questione di «doveri», ma di persone, ancora una volta di scelte.
Ed ecco perciò Blind Date, «appuntamento al buio», scene di G. Bjorn Amelan, ideazione video di Peter Negrini e titolo che rimanda, come si vede dalle immagini proiettate mentre il pubblico entra in sala, a dove punta il mirino, il «fuoco» amico e/o nemico, a cosa ti aspetta se vai in guerra o se, come alla Virginia Tech, vai incontro alla morte senza saperlo. Uno spettacolo che pone domande, come avviene puntualmente con Jones, lo si è visto anche al Ponchielli di Cremona dove la compagnia ha presentato sempre in questi giorni il ruggente Another Evening: I Bow down. Ma è Blind Date che ha scosso maggiormente gli animi, un titolo meditato dal 2004, dalla vittoria di Bush alle elezioni, dalle dichiarazioni del presidente, come «scelto da Dio per portare gli Stati uniti in guerra contro l'Iraq», temi che hanno suscitato nella conferenza stampa di presentazione a Milano la reazione infuriata dell'Assessore alla Cultura Sgarbi, «provate a fare il vostro spettacolo ad Algeri, vediamo se ve lo permettono. L'America non è il luogo del male assoluto. Gli unici che operano nel nome di Dio sono i musulmani».
Ma Bill va oltre perché i suoi interrogativi dibattono, al di là dei diversi credi e fedi, su cosa comporta «la non separazione tra Stato e Chiesa», sul fatto che «i maggiori crimini umani sono stati commessi nel nome della religione e di Dio», su parole come tolleranza, progresso, patriottismo, identità. Già, identità. Non quella avvolta nella bandiera delle certezze di cosa significhi per i governi essere un «patriota», ma l'identità del singolo, sfaccettata e non etichettabile. Ce ne parlano i video dello spettacolo e i danzatori, bravissimi, del microcosmo multietnico della Bill T. Jones/Arnie Zane Dance Company. Come Asli Bulbul, turca, che danza in abito rosso e racconta di aver capito alle elementari quanto l'inno nazionale e i simboli delle bandiere nascondano sotto al romanticismo la violenza, o come Wen-Chung Lin, di Taiwan, che parla della tristezza di un paese dove ci si sente non riconosciuti, e ancora come Leah Cox, americana, che danza la speranza utopica di «una giornata perfetta», per non parlare dello stesso Bill T. Jones, guru insostituibile che canta e commenta. Bellissima la prima parte dello spettacolo, una coreografia collettiva che ci dice di persone pronte a camminare per le strade, nonostante la violenza civile, ideata sulla Sonata n. 1 per violino in sol minore di Bach, eseguita dal vivo come tutta la coinvolgente musica di Blind Date, una mistura potente di vocalizzi, percussioni, sitar, laptot e pianoforte preparato.
Un'opera totale, Blind Date, dai cui si esce colpiti grazie anche a quel ripercorrere per cifre di morti, dal 1995 a oggi, i disastri del mondo: 2001, New York, 9/11, attentato, 200; 2003, Iraq, guerra, 10.000; Congo, Africa. Guerra civile. 3.3 milioni in cinque anni; Africa, Aids, 23 milioni finora.

È travolgente il teatro-danza di Bill T. Jones

Bill T. Jones, nato in Florida 56 anni fa, è uno dei personaggi più complessi della danza moderna; aveva cominciato , da uomo di colore, a esprimersi nell' ambito della cultura afroamericana, poi aveva formato con Arnie Zane, prematuramente scomparso nel 1988 (Aids) un gruppo di grande qualità, impegnato sui multipli fronti della libertà, del progresso, delle lotte nel cuore della società statunitense. Jones, da vero outsider, fu dalla parte dei pacifisti, dei gay, di coloro che non «possono decidere il loro futuro»; era ed è contro le guerre, e non è d' accordo con l' attuale politica della Casa Bianca. «Blind Date», spettacolo recitato e danzato che ha avuto calorose accoglienze agli Arcimboldi, è un atto d' accusa e un grido di dolore, una denuncia contro i falsi patrioti e contro chi commette ogni nefandezza in nome di Dio. Citando amori e dolori di due secoli di storia, dalla Cina all' Irlanda, dalla Rivoluzione francese al Pentagono, il coreografo sposa la purezza della spiritualità bachiana (esecuzioni eccellenti dal vivo) alle minacciose esaltazioni degli inni nazionali. Il punto epico della «story» è il gigantesco soldato che, dopo infinite lotte con i «borghesi», si inginocchia, piange, fa il segno della croce, in nome della fratellanza. In un allestimento assai elaborato, con saliscendi di pannelli, scritte, video, ombre cinesi, effetti speciali di luce, l' umanità si dibatte in un percorso di attese buie, di morti e rinascite; ci sono toccanti testimonianze dalla Turchia e da Taiwan, e sono esposte le cifre dei morti di questi sette anni del 2000, fra conflitti, genocidi, terremoti, tsunami, terrorismo. «Dobbiamo darci un taglio», conclude Bill T. Jones, ovvero bisogna correre ai ripari. L' umanità non sarà salvata dai fast food, da Paperino, anche i pulcini saranno sacrificati. Teatrodanza duro, violento, con artisti straordinari nel fisico e nella tecnica; troppi i richiami visivi, fuorvianti le immagini moltiplicate. Discorso molto yankee, ma universale, per dimostrare che l' America non ha paura del dissenso.

Mario Pasi

Ultima modifica il Lunedì, 22 Luglio 2013 09:08
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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