coreografia di Moses Pendleton; con i Momix (Tsarra Bequette, Jennifer Chicheportiche, Catherine Jaeger, Rebecca Rasmussen, Evelyn Toh, Arron Canfield, Eduardo Fernandez, Vincent Harris, Steven Marshall, Ryan Taylor)
Trieste, Politeama Rossetti 13 febbraio 2013
Milano, Teatro Nuovo, dal 26 febbraio al 24 marzo 2013
Fuoco, aria, acqua e terra sono celebrati e ritualizzati come costituenti primordiali dell'universo e sono colti nei loro rapidi e magici mutamenti, seguendo il pensiero di Newton convinto che "il mutamento dei corpi in luce e della luce nei corpi è strettamente conforme al corso della natura che sembra prediligere le trasformazioni". Lo spettatore è quindi fagocitato in una dimensione irreale, in un alambicco fatato che sprigiona immagini d'effetto grazie, in primis, all'indiscussa potenza espressiva e ginnica degli eccellenti ballerini ma anche ad un impianto multimediale molto sofisticato. Le musiche fascinose e ancestralmente inquietanti sono la koinè attraverso cui i corpi comunicano discorsi di bellezza ineffabile, racchiusi in costumi dorati, circondati dalle atmosfere sospese e primigenie inverate dalle videoproiezioni.
Un rincorrersi tra tubi di sagome rosse, pronte a scansare l'enorme pesce fluttuante in un acquario, il volteggiare inesausto e turbinante dei dervisci in contatto con forze superiori, il mistero della germinazione cellulare, schemi anatomici umani al neon che fluttuano nell'atmosfera, la passione tra un uomo e una donna che volano nell'aria come Paola e Francesca, uniti per sempre in un doloroso amplesso, nella "bufera infernal, che mai non resta"... le sequenze scorrono con un montaggio analogico di immensa poesia. Un continuum a cui è naturale abbandonarsi come in un firmamento scrutato in una notte d'agosto dove tutto può accadere. Ecco allora che, attraverso la complessità di un balletto, il mistero dell'uomo e della natura è svelato con la forza delle sue infinite e imprevedibili combinazioni.
Elena Pousché
Fuoco, aria, acqua, terra: gli elementi primigeni sono il tema il nuovo spettacolo di Moses Pendleton, che ha debuttato in prima mondiale a Ravenna il 5 febbraio ed il cui titolo è sufficiente ad esprimere l'intero percorso compiuto dagli artisti sulla scena e dal coreografo nel suo magico crogiuolo creativo: Alchemy. Pendleton magician e grande incantatore, forte del contributo della sua compagnia di formidabili danzatrici e danzatori acrobatici e palestratissimi, da vero alchimista riesce a trasformare in oro gli ingredienti di cui dispone grazie ad un sapiente uso di giochi di luce e videoproiezioni e ad un'originale scelta di brani musicali che spaziano dalle sonorità elettroniche, ai canti indù, alle colonne sonore di Ennio Moricone.
Per non parlare degli attrezzi cui fanno ricorso i ballerini per potenziare l'effetto della loro già dinamicissima performance: ora fili invisibili che li sollevano da terra come se volassero, ora specchi che ne quadruplicano l'immagine, ora altalene tramite le quali vorticare in sospensione, ora un ovale che si spezza in due metà come due grandi "U", al cui interno i ballerini fanno di tutto: si sospendono, le fanno oscillare, le spingono, infaticabili atleti che rendono possibile la visione artistica del Maestro. Il tutto valorizzato dal design dei costumi che definire estroso è dire poco. Ecco, allora, per il fuoco il rosso degli abiti delle danzatrici e dei fluttuanti drappeggi dei danzatori a torso nudo, mentre l'aria vede delicatissime damine biancovestite che indossano l'armatura di un abito settecentesco con cui produrre divertenti effetti visivi. Poi su uno sfondo nero, figure si muovono in costumi neri su cui sono tratteggiate a colori fluorescenti le diramazioni nervose del corpo umano. E poi ancora ballerine che nuotano nell'aria come pesci sospese ad un'altalena con costumi minimali color carne percorsi da linee scure.
Uno spettacolo basato sulla velocità, sulla sorpresa, sul ritmo: un'ora e mezza di acrobazia senza intervallo, che gli esecutori sembrano affrontare senza sforzo, sfidando a volta la legge di gravità. Il risultato è all'insegna dell'eleganza, della bellezza e dello humour. Perché non dimentichiamo che a Pendleton, un sessantenne che sembra ver scoperto l'elisir dell'eterna giovinezza, il senso dell'umorismo non manca! Un elemento alchemico di prim'ordine per fare del suo Alchemy, oltre che una gioia degli occhi, un efficacissimo antidepressivo.
Myriam Mantegazza