DanzaSipario Mensile e Portale: scopri il mondo dello spettacolo. Guida ai Teatri, ai Festival, alle Scuole di Danza e di Teatro; Recensioni degli spettacoli, Comunicati stampa, Cyclopedia e molto altro.https://www.sipario.it/recensioni/recensioni-danza.feed2024-03-28T15:32:40+01:00Joomla! - Open Source Content ManagementROMANZO D'INFANZIA - coreografia Michele Abbondanza e Antonella Bertoni2024-03-26T18:31:57+01:002024-03-26T18:31:57+01:00https://www.sipario.it/recensionidanzar/item/15738-romanzo-d-infanzia-coreografia-michele-abbondanza-e-antonella-bertoni.htmlFrancesco Bettin<div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/17a770064e5b026a7ac7d1bda0ed6fb0_S.jpg" alt=""Romanzo d’infanzia", coreografia Michele Abbondanza e Antonella Bertoni. Foto Dario Bonazza" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>drammaturgia Letizia Quintavalla e Bruno Stori <br />testo di Bruno Stori<br />coreografia Michele Abbondanza e Antonella Bertoni<br />con Michele Abbondanza e Antonella Bertoni<br />musiche Alessandro Nidi<br />elaborazioni sonore Mauro Casappa<br />costumi Evelina Barilli <br />voce fuori campo Silvano Pantesco<br />ideazione luci Lucio Diana<br />regia Letizia Quintavalla e Bruno Stori<br />Compagnia Abbondanza/Bertoni<br />Produzione Quintavalla – Stori – Compagnia Abbondanza/Bertoni<br />Coproduzione Teatro Testoni Ragazzi con il sostegno di Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Dip. Spettacolo<br />Festival Danza in Rete 2024<br />Schio (Vicenza) teatro Civico, 17 marzo 2024 </strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:</span><strong style="text-align: justify;">www.Sipario.it, 18 marzo 2024</strong><span style="text-align: justify;">}</span></p> <p style="text-align: justify;">C’è del disincanto, e una strada che imbocca la disillusione in questo Romanzo d’infanzia, spettacolo storico di Quintavalla - Stori - Compagnia Abbondanza/Bertoni che ha superato in questi giorni le 700 repliche, ed è considerato un vero evergreen nel suo genere. Uno spettacolo proposto già dal 1997, che rinverdisce e si perpetua. Come gli stessi autori precisano, non si tratta, per modo di dire, semplicemente, di danza ma di un genere che abbraccia idealmente tutta l’arte dello spettacolo, un genere che possiamo chiamare teatro nel senso più lato. Vincitore del Premio Stregagatto 1997/98, <em>Romanzo d’infanzia</em> dà monito e conduce per mano le piccole generazioni nel mondo, e lo fa con concretezza, aprendo loro gli occhi preservando dalle delusioni a venire, quelle possibili. Già, le piccole generazioni, così fragili e spesso indifese, così colpite direttamente quando capita. Perché quello che sta loro attorno è un mondo di adulti fatto di una certa spietatezza. Quante volte questa infanzia viene vissuta nel più assoluto limite, per non parlare di quando incontra crudeltà, cattiveria? Le perle dello spettacolo di Abbondanza/Bertoni fioriscono qui, anche perché siamo nel tempo di guardare in faccia i disagi dei bambini, che mettono tristezza ma ci sono, eccome. E come tali vanno letti e affrontati, con gentilezza e anche durezza. Con le difficoltà del caso, naturalmente, quelle ombre che in tutto il racconto drammaturgico vanno e vengono affiancate alla bellezza, al divertimento giocoliere, a quello delle parole, a uno stato allegro e giocoso. Ma la vita si sa non è certo tutta un gioco, né un passatempo brillante né sfavillante, così si prova a mettere in guardia, diciamo, chi guarda e non pensa, o non pensa troppo. Pare uno spettacolo leggero, e pare anche difficile e crudo. E’ entrambe le cose, proposte adeguatamente. E riguarda i bimbi, e quei genitori, quegli adulti che minati da un autoritarismo esasperato e a volte fanatico compiono del male e non ne escono più fuori, men che meno ne fanno uscire fuori i piccoli. Che qui sono due, Nina e Tommaso, fratello e sorella legatissimi tra loro, ma anche al tempo stesso gli interpreti sono madre e padre in una sorta di trasformazione perenne. E’ un viaggio alla ricerca di libertà, trovata, prima ancora sofferta, che però fa vedere la luce, e prima ci sono i sogni, desideri che si realizzano anche a costo di starci male. E’ un superare le linee tracciate e maleducative, subite, attraverso il gioco del teatro a più largo raggio. Michele Abbondanza e Antonella Bertoni con gran mestiere saltano e ballano usando ironia e linguaggio consono, anche del corpo naturalmente ,e che grazia usano, che tecnica. Alternando vari momenti teatrali, fughe, incendi, collegi. E purtroppo, ecco il monito, disattenzioni, colpevolizzazioni, per non parlare delle punizioni che seguono le ribellioni. Sintomi, realtà antipaticamente opprimenti e difficili, dove il bello della vita è difficile da vedere. Ma c’è, si trova. Ci si ingegna. In mezzo a tutto questo, trascinamento pubblico e anche qualche risata. Con quella scena fortemente simbolica richiamante <em>La Pietà</em> michelangiolesca, che porterà all’Amore, quello giusto, sano, per se stessi. Per ciò che deve, deve, arrivare. Un minimo, almeno, di felicità.</p> <p><strong>Francesco Bettin</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</span></p></div><div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/17a770064e5b026a7ac7d1bda0ed6fb0_S.jpg" alt=""Romanzo d’infanzia", coreografia Michele Abbondanza e Antonella Bertoni. Foto Dario Bonazza" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>drammaturgia Letizia Quintavalla e Bruno Stori <br />testo di Bruno Stori<br />coreografia Michele Abbondanza e Antonella Bertoni<br />con Michele Abbondanza e Antonella Bertoni<br />musiche Alessandro Nidi<br />elaborazioni sonore Mauro Casappa<br />costumi Evelina Barilli <br />voce fuori campo Silvano Pantesco<br />ideazione luci Lucio Diana<br />regia Letizia Quintavalla e Bruno Stori<br />Compagnia Abbondanza/Bertoni<br />Produzione Quintavalla – Stori – Compagnia Abbondanza/Bertoni<br />Coproduzione Teatro Testoni Ragazzi con il sostegno di Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Dip. Spettacolo<br />Festival Danza in Rete 2024<br />Schio (Vicenza) teatro Civico, 17 marzo 2024 </strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:</span><strong style="text-align: justify;">www.Sipario.it, 18 marzo 2024</strong><span style="text-align: justify;">}</span></p> <p style="text-align: justify;">C’è del disincanto, e una strada che imbocca la disillusione in questo Romanzo d’infanzia, spettacolo storico di Quintavalla - Stori - Compagnia Abbondanza/Bertoni che ha superato in questi giorni le 700 repliche, ed è considerato un vero evergreen nel suo genere. Uno spettacolo proposto già dal 1997, che rinverdisce e si perpetua. Come gli stessi autori precisano, non si tratta, per modo di dire, semplicemente, di danza ma di un genere che abbraccia idealmente tutta l’arte dello spettacolo, un genere che possiamo chiamare teatro nel senso più lato. Vincitore del Premio Stregagatto 1997/98, <em>Romanzo d’infanzia</em> dà monito e conduce per mano le piccole generazioni nel mondo, e lo fa con concretezza, aprendo loro gli occhi preservando dalle delusioni a venire, quelle possibili. Già, le piccole generazioni, così fragili e spesso indifese, così colpite direttamente quando capita. Perché quello che sta loro attorno è un mondo di adulti fatto di una certa spietatezza. Quante volte questa infanzia viene vissuta nel più assoluto limite, per non parlare di quando incontra crudeltà, cattiveria? Le perle dello spettacolo di Abbondanza/Bertoni fioriscono qui, anche perché siamo nel tempo di guardare in faccia i disagi dei bambini, che mettono tristezza ma ci sono, eccome. E come tali vanno letti e affrontati, con gentilezza e anche durezza. Con le difficoltà del caso, naturalmente, quelle ombre che in tutto il racconto drammaturgico vanno e vengono affiancate alla bellezza, al divertimento giocoliere, a quello delle parole, a uno stato allegro e giocoso. Ma la vita si sa non è certo tutta un gioco, né un passatempo brillante né sfavillante, così si prova a mettere in guardia, diciamo, chi guarda e non pensa, o non pensa troppo. Pare uno spettacolo leggero, e pare anche difficile e crudo. E’ entrambe le cose, proposte adeguatamente. E riguarda i bimbi, e quei genitori, quegli adulti che minati da un autoritarismo esasperato e a volte fanatico compiono del male e non ne escono più fuori, men che meno ne fanno uscire fuori i piccoli. Che qui sono due, Nina e Tommaso, fratello e sorella legatissimi tra loro, ma anche al tempo stesso gli interpreti sono madre e padre in una sorta di trasformazione perenne. E’ un viaggio alla ricerca di libertà, trovata, prima ancora sofferta, che però fa vedere la luce, e prima ci sono i sogni, desideri che si realizzano anche a costo di starci male. E’ un superare le linee tracciate e maleducative, subite, attraverso il gioco del teatro a più largo raggio. Michele Abbondanza e Antonella Bertoni con gran mestiere saltano e ballano usando ironia e linguaggio consono, anche del corpo naturalmente ,e che grazia usano, che tecnica. Alternando vari momenti teatrali, fughe, incendi, collegi. E purtroppo, ecco il monito, disattenzioni, colpevolizzazioni, per non parlare delle punizioni che seguono le ribellioni. Sintomi, realtà antipaticamente opprimenti e difficili, dove il bello della vita è difficile da vedere. Ma c’è, si trova. Ci si ingegna. In mezzo a tutto questo, trascinamento pubblico e anche qualche risata. Con quella scena fortemente simbolica richiamante <em>La Pietà</em> michelangiolesca, che porterà all’Amore, quello giusto, sano, per se stessi. Per ciò che deve, deve, arrivare. Un minimo, almeno, di felicità.</p> <p><strong>Francesco Bettin</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</span></p></div>RENCONTRE AVEC SAINT FRANÇOIS - coreografia Germaine Acogny2024-03-26T04:31:05+01:002024-03-26T04:31:05+01:00https://www.sipario.it/recensionidanzar/item/15753-rencontre-avec-saint-francois-coreografia-germaine-acogny.htmlAnnamaria Pellegrini<div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/8b552b49838de2a28dffa721ff40ef04_S.jpg" alt=""RENCONTRE AVEC SAINT FRANÇOIS", coreografia Germaine Acogny" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>Coreografia e danza Germaine Acogny<br />Creazione musicale Interpretazione Tarang Cissokho<br />Management Helmut Vogt<br />Produzione Jant-Bi / Ecole de Sable Senegal<br />Commissionato da:Greccio 2023 – Comitato Nazionale per l’ottavo centenario della prima rappresentazione del Presepe / MIC Ministero della Cultura (Italia)<br />Con il supporto di:Centro Fies (Italia), Centro Culturale Aracoeli dei Frati Minori della Provincia di San Bonaventura, Fondazione Musica per Roma <br />FESTIVAL EQUILIBRIO<br />ROMA Basilica di Santa Maria in Aracoeli, 12 marzo</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:</span><strong style="text-align: justify;">www.Sipario.it, 18 marzo 2024</strong><span style="text-align: justify;">}</span></p> <p style="text-align: justify;">Ha debuttato a Greccio, in occasione dell’anniversario del primo Presepe, quello del quale San Bonaventura narra la comparsa del Bambinello sotto le stelle del cielo, la liturgia danzata di Germaine Acogny, coreografa senegalese, educata dall’infanzia in una famiglia cattolica alla spiritualità africana. E la sua creazione è stata ripetuta, a Roma, nella basilica di Aracoeli, a conclusione del Festival di danza <em>Equilibrio</em>, per quanti hanno voluto salire la scalinata che porta a questo sito francescano, dove Pinturicchio ha dipinto vita e morte di San Bernardino da Siena, e Benozzo Gozzoli un sant’Antonio da Padova non ancora col Bambinello in braccio, ma rappresentato col fuoco sacro che fiorisce dalla mano destra. E dove il sacrestano ha voluto, per l’occasione, far risplendere le gocce di cristallo lustrate una per una dei magnifici lampadari che illuminano la scena. Perché si sa, Francesco d’Assisi era qualcuno che conosceva il ruolo emotivo della rappresentazione drammatica, e non a caso il teatro italiano si fa risalire alla Sacra Rappresentazione. </p> <p style="text-align: justify;">Secoli dopo, a seguito della vittoria di Lepanto, fu costruito il soffitto ligneo a cassettoni che dà a questo spazio sacro un’acustica unica. Qui ogni nota del giovane e talentuoso musicista Tarang Cissokho introduce la celebrazione con le corde di uno strumento visto in molti dipinti di epoca romantica, e in questo spazio risuonano in maniera incomparabile, ad accogliere una danza che è liturgia. Il gesto danzato di Germaine Acogny è infatti caratterizzato dal desiderio dell’uomo di rapportarsi nell’ascesi al divino, poi alla comunicazione tra esseri umani, tra le religioni, un gesto che invita alla pace quanto mai attuale nel momento scabroso che nostro malgrado stiamo vivendo. Dotata di una fisicità potente, misura i passi che provengono dalla sua cultura d’origine, e fanno di lei la grande madre della danza africana contemporanea, celebrata con il premio alla Biennale di Venezia nel ’21. E’ parso quindi naturale per molti del pubblico, a conclusione dell’incontro, ripetere il gesto di portare la mano destra al cuore, ed accompagnarlo col braccio a simboleggiare la volta celeste, circondando come in un abbraccio l’interprete al suono ritmico di uno strumento a percussione. </p> <p style="text-align: justify;">Uscendo dall’antico ingresso della basilica ci ha accolto un cielo stellato e silenzioso, che dall’alto brillava sulle colonne candide del foro romano. </p> <p><strong>Annamaria Pellegrini</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</span></p></div><div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/8b552b49838de2a28dffa721ff40ef04_S.jpg" alt=""RENCONTRE AVEC SAINT FRANÇOIS", coreografia Germaine Acogny" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>Coreografia e danza Germaine Acogny<br />Creazione musicale Interpretazione Tarang Cissokho<br />Management Helmut Vogt<br />Produzione Jant-Bi / Ecole de Sable Senegal<br />Commissionato da:Greccio 2023 – Comitato Nazionale per l’ottavo centenario della prima rappresentazione del Presepe / MIC Ministero della Cultura (Italia)<br />Con il supporto di:Centro Fies (Italia), Centro Culturale Aracoeli dei Frati Minori della Provincia di San Bonaventura, Fondazione Musica per Roma <br />FESTIVAL EQUILIBRIO<br />ROMA Basilica di Santa Maria in Aracoeli, 12 marzo</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:</span><strong style="text-align: justify;">www.Sipario.it, 18 marzo 2024</strong><span style="text-align: justify;">}</span></p> <p style="text-align: justify;">Ha debuttato a Greccio, in occasione dell’anniversario del primo Presepe, quello del quale San Bonaventura narra la comparsa del Bambinello sotto le stelle del cielo, la liturgia danzata di Germaine Acogny, coreografa senegalese, educata dall’infanzia in una famiglia cattolica alla spiritualità africana. E la sua creazione è stata ripetuta, a Roma, nella basilica di Aracoeli, a conclusione del Festival di danza <em>Equilibrio</em>, per quanti hanno voluto salire la scalinata che porta a questo sito francescano, dove Pinturicchio ha dipinto vita e morte di San Bernardino da Siena, e Benozzo Gozzoli un sant’Antonio da Padova non ancora col Bambinello in braccio, ma rappresentato col fuoco sacro che fiorisce dalla mano destra. E dove il sacrestano ha voluto, per l’occasione, far risplendere le gocce di cristallo lustrate una per una dei magnifici lampadari che illuminano la scena. Perché si sa, Francesco d’Assisi era qualcuno che conosceva il ruolo emotivo della rappresentazione drammatica, e non a caso il teatro italiano si fa risalire alla Sacra Rappresentazione. </p> <p style="text-align: justify;">Secoli dopo, a seguito della vittoria di Lepanto, fu costruito il soffitto ligneo a cassettoni che dà a questo spazio sacro un’acustica unica. Qui ogni nota del giovane e talentuoso musicista Tarang Cissokho introduce la celebrazione con le corde di uno strumento visto in molti dipinti di epoca romantica, e in questo spazio risuonano in maniera incomparabile, ad accogliere una danza che è liturgia. Il gesto danzato di Germaine Acogny è infatti caratterizzato dal desiderio dell’uomo di rapportarsi nell’ascesi al divino, poi alla comunicazione tra esseri umani, tra le religioni, un gesto che invita alla pace quanto mai attuale nel momento scabroso che nostro malgrado stiamo vivendo. Dotata di una fisicità potente, misura i passi che provengono dalla sua cultura d’origine, e fanno di lei la grande madre della danza africana contemporanea, celebrata con il premio alla Biennale di Venezia nel ’21. E’ parso quindi naturale per molti del pubblico, a conclusione dell’incontro, ripetere il gesto di portare la mano destra al cuore, ed accompagnarlo col braccio a simboleggiare la volta celeste, circondando come in un abbraccio l’interprete al suono ritmico di uno strumento a percussione. </p> <p style="text-align: justify;">Uscendo dall’antico ingresso della basilica ci ha accolto un cielo stellato e silenzioso, che dall’alto brillava sulle colonne candide del foro romano. </p> <p><strong>Annamaria Pellegrini</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</span></p></div>ALICE’S ADVENTURES IN WONDERLAND - coreografia Christopher Wheeldon2024-03-26T00:55:09+01:002024-03-26T00:55:09+01:00https://www.sipario.it/recensionidanzaa/item/15750-alice-s-adventures-in-wonderland-coreografia-christopher-wheeldon.htmlVito Lentini<div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/6f119d805e269276861d9e075bd1cdae_S.jpg" alt="Maria Chiara Bono in "Alice’s Adventures in Wonderland", coreografia Christopher Wheeldon. Foto Serghei Gherciu" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>Balletto in tre atti<br /></strong><strong>Coreografia: Christopher Wheeldon.<br /></strong><strong>Musica: Joby Talbot. Libretto: Nicholas Wright.<br /></strong><strong>Scene e costumi: Bob Crowley; Luci: Natasha Katz. Proiezioni: Jon Driscoll e Gemma Carrington.<br /></strong><strong>Con: Margarita Fernandes, António Casalinho, Ariel Merkuri, Maria Chiara Bono, Jean-Sébastien Couture, il Bayerisches Staatsballett, il Bavarian Junior Ballet Munich e la Ballet Academy of the Munich University of Music and Performing Arts.<br /></strong><strong>Bayerisches Staatsorchester.<br /></strong><strong>MONACO DI BAVIERA, Nationaltheater, dal 12 ottobre 2023 all’11 marzo 2024</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:</span><strong style="text-align: justify;">www.Sipario.it, 24 marzo 2024</strong><span style="text-align: justify;">}</span></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>Alice’s Adventures in Wonderland</em>: l’affascinante narrazione coreografica di Christopher Wheeldon </strong></p> <p style="text-align: justify;">Firmato nel 2011 dal Royal Ballet Artistic Associate Christopher Wheeldon, lo spettacolo <em>Alice’s Adventures in Wonderland</em> è annoverabile fra i più fertili lavori di narrazione coreografica della nostra contemporaneità. Si tratta, infatti, di un lungo balletto in tre atti che compendia una varietà di stili coreografici utilizzati in intima assonanza con lo sviluppo narrativo. Un lavoro, questo, che non dimentica l’irrinunciabile eredità della coreografia ottocentesca dal momento che palesa evidenti riferimenti ai canoni della <em>danse d’école</em> - fianco nel pedissequo riferimento ai momenti salienti che strutturano qualsiasi balletto classico - riletti con il sapiente e armonico tratto innovativo apportato da Wheeldon. Una grande creazione supportata dall’estro musicale di Joby Talbot che firma la partitura e dalle indimenticabili varietà cromatiche immaginate da Bob Crowley per una delle più affascinanti, bizzarre e fantasiose narrazioni della letteratura per l’infanzia.</p> <p style="text-align: justify;">È uno spettacolo creato per il massimo tempio lirico d’oltremanica e portato in scena da diverse compagnie di danza fra le quali si annovera la <em>troupe</em> del Bayerisches Staatsballett che lo ripropone adesso all’appassionato pubblico monacense - dopo la <em>première</em> del 2017 e le ultime recite del 2019- unitamente agli allievi del Bavarian Junior Ballet Munich e della Ballet Academy of the Munich University of Music and Performing Arts. Una prova superata per la compagnia diretta da Laurent Hilaire con un cast abile nel restituire i peculiari rivoli del lavoro dedicato al mondo di Alice. Margarita Fernandes - solista in debutto nel personaggio della protagonista - restituisce la gaiezza fanciullesca e stupefatta nelle innumerevoli avventure vissute convincendo anche sotto il profilo tecnico, si menzionano, in particolare, i passi a due condivisi con il Fante di Cuori qui affidato ad uno smagliante António Casalinho che ricordiamo, in particolare, per l’accuratezza delle linee e l’eleganza centellinata in ogni segmento coreografico previsto in questo titolo. Impossibile non citare l’aitante e affascinante Bianconiglio di Ariel Merkuri, solista della compagnia che svela qualità attoriali disinvolte garantendo continuità allo sviluppo drammaturgico. L’esuberante Regina di Cuori di Maria Chiara Bono, anch’ella in debutto, gode di risoluta convinzione quantunque il ruolo qui preveda numerose <em>gag</em> che senza dubbio la danzatrice italiana potrà affinare nel tempo.</p> <p style="text-align: justify;">Uno spettacolo, questo, che <em>Sipario</em> segue per la prima volta e che riconfermiamo quale <em>modern day classic</em> - come lo definì il <em>Times</em> - per le molteplici assonanze con le citate reminiscenze accademiche unite al guizzo coreografico sofisticato del coreografo britannico e alle numerose scene che lo sostanziano. Un originale profilo del lavoro è ravvisabile, infatti, anche nell’abile <em>mélange</em> delle numerose ed eterogenee scene che alternano mistero, sogno, orrore e giocondità come accade, a titolo di esempio, nei segmenti dedicati al copro di ballo nei panni delle carte da gioco, allo stregatto, al brucaliffo e al Cappellaio Matto. Un lavoro da tornare a riconsiderare!</p> <p><strong>Vito Lentini</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</span></p></div><div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/6f119d805e269276861d9e075bd1cdae_S.jpg" alt="Maria Chiara Bono in "Alice’s Adventures in Wonderland", coreografia Christopher Wheeldon. Foto Serghei Gherciu" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>Balletto in tre atti<br /></strong><strong>Coreografia: Christopher Wheeldon.<br /></strong><strong>Musica: Joby Talbot. Libretto: Nicholas Wright.<br /></strong><strong>Scene e costumi: Bob Crowley; Luci: Natasha Katz. Proiezioni: Jon Driscoll e Gemma Carrington.<br /></strong><strong>Con: Margarita Fernandes, António Casalinho, Ariel Merkuri, Maria Chiara Bono, Jean-Sébastien Couture, il Bayerisches Staatsballett, il Bavarian Junior Ballet Munich e la Ballet Academy of the Munich University of Music and Performing Arts.<br /></strong><strong>Bayerisches Staatsorchester.<br /></strong><strong>MONACO DI BAVIERA, Nationaltheater, dal 12 ottobre 2023 all’11 marzo 2024</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:</span><strong style="text-align: justify;">www.Sipario.it, 24 marzo 2024</strong><span style="text-align: justify;">}</span></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>Alice’s Adventures in Wonderland</em>: l’affascinante narrazione coreografica di Christopher Wheeldon </strong></p> <p style="text-align: justify;">Firmato nel 2011 dal Royal Ballet Artistic Associate Christopher Wheeldon, lo spettacolo <em>Alice’s Adventures in Wonderland</em> è annoverabile fra i più fertili lavori di narrazione coreografica della nostra contemporaneità. Si tratta, infatti, di un lungo balletto in tre atti che compendia una varietà di stili coreografici utilizzati in intima assonanza con lo sviluppo narrativo. Un lavoro, questo, che non dimentica l’irrinunciabile eredità della coreografia ottocentesca dal momento che palesa evidenti riferimenti ai canoni della <em>danse d’école</em> - fianco nel pedissequo riferimento ai momenti salienti che strutturano qualsiasi balletto classico - riletti con il sapiente e armonico tratto innovativo apportato da Wheeldon. Una grande creazione supportata dall’estro musicale di Joby Talbot che firma la partitura e dalle indimenticabili varietà cromatiche immaginate da Bob Crowley per una delle più affascinanti, bizzarre e fantasiose narrazioni della letteratura per l’infanzia.</p> <p style="text-align: justify;">È uno spettacolo creato per il massimo tempio lirico d’oltremanica e portato in scena da diverse compagnie di danza fra le quali si annovera la <em>troupe</em> del Bayerisches Staatsballett che lo ripropone adesso all’appassionato pubblico monacense - dopo la <em>première</em> del 2017 e le ultime recite del 2019- unitamente agli allievi del Bavarian Junior Ballet Munich e della Ballet Academy of the Munich University of Music and Performing Arts. Una prova superata per la compagnia diretta da Laurent Hilaire con un cast abile nel restituire i peculiari rivoli del lavoro dedicato al mondo di Alice. Margarita Fernandes - solista in debutto nel personaggio della protagonista - restituisce la gaiezza fanciullesca e stupefatta nelle innumerevoli avventure vissute convincendo anche sotto il profilo tecnico, si menzionano, in particolare, i passi a due condivisi con il Fante di Cuori qui affidato ad uno smagliante António Casalinho che ricordiamo, in particolare, per l’accuratezza delle linee e l’eleganza centellinata in ogni segmento coreografico previsto in questo titolo. Impossibile non citare l’aitante e affascinante Bianconiglio di Ariel Merkuri, solista della compagnia che svela qualità attoriali disinvolte garantendo continuità allo sviluppo drammaturgico. L’esuberante Regina di Cuori di Maria Chiara Bono, anch’ella in debutto, gode di risoluta convinzione quantunque il ruolo qui preveda numerose <em>gag</em> che senza dubbio la danzatrice italiana potrà affinare nel tempo.</p> <p style="text-align: justify;">Uno spettacolo, questo, che <em>Sipario</em> segue per la prima volta e che riconfermiamo quale <em>modern day classic</em> - come lo definì il <em>Times</em> - per le molteplici assonanze con le citate reminiscenze accademiche unite al guizzo coreografico sofisticato del coreografo britannico e alle numerose scene che lo sostanziano. Un originale profilo del lavoro è ravvisabile, infatti, anche nell’abile <em>mélange</em> delle numerose ed eterogenee scene che alternano mistero, sogno, orrore e giocondità come accade, a titolo di esempio, nei segmenti dedicati al copro di ballo nei panni delle carte da gioco, allo stregatto, al brucaliffo e al Cappellaio Matto. Un lavoro da tornare a riconsiderare!</p> <p><strong>Vito Lentini</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</span></p></div>INSEL - coreografia Panzetti/Ticconi2024-03-21T16:29:24+01:002024-03-21T16:29:24+01:00https://www.sipario.it/recensionidanzah/item/15740-insel-coreografia-panzetti-ticconi.htmlFrancesco Bettin<div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/a34ad00dfc26942f9836522682a0ec4a_S.jpg" alt=""Insel", coreografia Panzetti/Ticconi. Foto SPEZZA SVAGELJ" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>coreografia, ideazione visiva, voci Panzetti/Ticconi<br /></strong><strong>con Sissj Bassani, Efthimius Moschopoulos, Aleksandra Petrushevska, Julia Plawgo<br /></strong><strong>composizione musicale Demetrio Castellucci <br /></strong><strong>musica e voce Gavino Murgia<br /></strong><strong>disegno luci Annegret Schalke<br /></strong><strong>costumi Werkstattkollektiv<br /></strong><strong>copricapi, oggetto di scena, grafica Ginevra Panzetti <br /></strong><strong>testi tratti da <em>The tempest</em> by W. Shakespeare, <em>The book of disquiet</em> by F. Pessoa, <em>Notes from underground</em> by F. Dostoevsky<br /></strong><strong>approfondimento teorico psicanalitico Daniela Frau<br /></strong><strong>direzione tecnica in tour Michele Piazzi, Annegret Schalke<br /></strong><strong>manager, distribuzione Aurélie Martin <br /></strong><strong>logistica Eleonora Cavallo (VAN – Panzetti/Ticconi GbR)<br /></strong><strong>produzione Panzetti/Ticconi GbR (DE), Associazione Culturale VAN (IT)<br /></strong><strong>coproduzione Tanz im August / HAU Hebbel am Ufer (DE) // progetto di rete JUMP (formata da Oriente Occidente, Festival MILANoLTRE, I Teatri di Reggio Emilia, Lavanderia a Vapore/Piemonte dal Vivo, Marche Teatro/Inteatro Festival, Orbita, Scenario Pubblico / Centro di Rilevante Interesse Nazionale, Teatro Comunale di Vicenza, Teatro Stabile dell'Umbria) (IT) // Torinodanza Festival / Teatro Stabile Torino - Teatro Nazionale (IT) // Julidans Amsterdam (NL) // Pact Zollverein (DE) // Le Manège, scène-nationale - Reims (FR) // Le Pacifique – CDCN Grenoble Auvergne Rhône-Alpes (FR) // rete Les Petites Scènes Ouvertes con il supporto di Caisse des dépôts (FR) // Centre Chorégraphique National de Nantes attraverso il suo dispositivo Accueil Studio (FR) // CCNR / YUVAL PICK attraverso il suo dispositivo Accueil Studio (FR) // Fuori Margine Centro di Produzione di Danza e Arti Performative della Sardegna (IT)<br /></strong><strong>Festival Danza in rete 2024<br /></strong><strong>Vicenza, teatro Astra, 8 marzo 2024 - Prima regionale</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:</span><strong style="text-align: justify;">www.Sipario.it, 9 marzo 2024</strong><span style="text-align: justify;">}</span></p> <p style="text-align: justify;">Nell’affacciarsi di una tempesta nuova, sconquassante dell’anima, dei sentimenti, i protagonisti di <em>Insel</em>, spettacolo del duo Panzetti/Ticconi visto a Vicenza, per <em>Danza in Rete</em>, si apprestano ad attraversare come unici sopravissuti un mondo che li respinge. O meglio, uno stato personale annientante da combattere, abbattere. La prima <em>storming</em> li ha già travolti all’insegna del tutto è perduto, e tale si manifesta. Le lamentele nei passi di danza, esasperati si palesano assieme a parafrasi verbali poetiche e universali, lavoro di ricerca anche di scrittura, alla ricerca stessa del salvarsi, pure da se stessi. Due-uno, sono le persone in scena, in uno stallo esistenziale frammentato, che spezza a poco a poco anche i dialoghi. Pazzia travolgente, altra <em>storming</em>. E altri due-uno esseri catapultati sulla scena. Unici esseri sull’isola, doppioni di loro stessi, versioni negative e disperate del pensiero, tra chiaro e scuro, che sono sentenze umane e filosofiche nei loro dialoghi. Il crescente pessimismo che si interseca con l’esistenzialismo e una depressione all’ennesima potenza. E un inizio, un tentativo di risollevarsi, com’è giusto che sia. Quella terra che li accoglie diventa compagna ispida di sopravvivenza, catarsi. Le intersecazioni verbali s’ingrossano e diventano parti essenziali dello scorrere dei minuti, ma aumenta a dismisura la disperazione che paradossalmente e volta al positivo pensiero cita godimento, piacere. L’essere umano-ombra scuote l’anima, si interroga in un isolamento, da isola, insel, unico, strettissimo che sia forzato o voluto è evidentemente un puro distacco, un isolarsi lavorando la psiche, il vissuto e il momento. Il lavoro di Panzetti /Ticconi sprofonda nell’intimità dell’uomo, lo costringe a una resa dei conti difficile, dolorosissima, a uno stato confronto con se stesso sempre molto lamentevole, accompagnato, come effetto, dal canto sardo ispirato a Tenore di estrema bellezza, al quale Gavino Murgia dà un contributo di grande e spronata bellezza che richiama le tradizioni, anche qui naturalmente isolane. L’io e la propria ombra, dunque, confronto con patemi, naufragi del corpo e dell’anima ferita, che i danzatori, bravissimi, animano e gettano al pubblico con le loro forze e la loro spiritualità fisica , in una performance del tormento e ricerca di pace interiore. E’ il sofferto dell’uomo, certo, è lo stato di malessere in cui si cade, non riconosciuto nella sua durezza, ed è, in un certo momento dello spettacolo, la resa apparente, miscelata, catatonica. Gli autori, i coreografi Ginevra Panzetti ed Enrico Ticconi indagano in un’oretta come gli stati interiori possono coinvolgerci all’<em>extrema ratio</em>, far risalire antiche oppressioni e nuovi distinguo esistenziali, provare a sfuggire al destino disegnato, attraverso una coreografia coinvolgente e spietata. La calma apparente poi ritorna, non sorprende ma piuttosto decreta uno stato personale terminato, dove il tempo passa il testimone all’uomo, e viceversa. Una performance che non può fare a meno di interrogarci sia sul destino che sul proprio agire, rimescolando le carte.</p> <p><strong>Francesco Bettin</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</span></p></div><div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/a34ad00dfc26942f9836522682a0ec4a_S.jpg" alt=""Insel", coreografia Panzetti/Ticconi. Foto SPEZZA SVAGELJ" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>coreografia, ideazione visiva, voci Panzetti/Ticconi<br /></strong><strong>con Sissj Bassani, Efthimius Moschopoulos, Aleksandra Petrushevska, Julia Plawgo<br /></strong><strong>composizione musicale Demetrio Castellucci <br /></strong><strong>musica e voce Gavino Murgia<br /></strong><strong>disegno luci Annegret Schalke<br /></strong><strong>costumi Werkstattkollektiv<br /></strong><strong>copricapi, oggetto di scena, grafica Ginevra Panzetti <br /></strong><strong>testi tratti da <em>The tempest</em> by W. Shakespeare, <em>The book of disquiet</em> by F. Pessoa, <em>Notes from underground</em> by F. Dostoevsky<br /></strong><strong>approfondimento teorico psicanalitico Daniela Frau<br /></strong><strong>direzione tecnica in tour Michele Piazzi, Annegret Schalke<br /></strong><strong>manager, distribuzione Aurélie Martin <br /></strong><strong>logistica Eleonora Cavallo (VAN – Panzetti/Ticconi GbR)<br /></strong><strong>produzione Panzetti/Ticconi GbR (DE), Associazione Culturale VAN (IT)<br /></strong><strong>coproduzione Tanz im August / HAU Hebbel am Ufer (DE) // progetto di rete JUMP (formata da Oriente Occidente, Festival MILANoLTRE, I Teatri di Reggio Emilia, Lavanderia a Vapore/Piemonte dal Vivo, Marche Teatro/Inteatro Festival, Orbita, Scenario Pubblico / Centro di Rilevante Interesse Nazionale, Teatro Comunale di Vicenza, Teatro Stabile dell'Umbria) (IT) // Torinodanza Festival / Teatro Stabile Torino - Teatro Nazionale (IT) // Julidans Amsterdam (NL) // Pact Zollverein (DE) // Le Manège, scène-nationale - Reims (FR) // Le Pacifique – CDCN Grenoble Auvergne Rhône-Alpes (FR) // rete Les Petites Scènes Ouvertes con il supporto di Caisse des dépôts (FR) // Centre Chorégraphique National de Nantes attraverso il suo dispositivo Accueil Studio (FR) // CCNR / YUVAL PICK attraverso il suo dispositivo Accueil Studio (FR) // Fuori Margine Centro di Produzione di Danza e Arti Performative della Sardegna (IT)<br /></strong><strong>Festival Danza in rete 2024<br /></strong><strong>Vicenza, teatro Astra, 8 marzo 2024 - Prima regionale</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:</span><strong style="text-align: justify;">www.Sipario.it, 9 marzo 2024</strong><span style="text-align: justify;">}</span></p> <p style="text-align: justify;">Nell’affacciarsi di una tempesta nuova, sconquassante dell’anima, dei sentimenti, i protagonisti di <em>Insel</em>, spettacolo del duo Panzetti/Ticconi visto a Vicenza, per <em>Danza in Rete</em>, si apprestano ad attraversare come unici sopravissuti un mondo che li respinge. O meglio, uno stato personale annientante da combattere, abbattere. La prima <em>storming</em> li ha già travolti all’insegna del tutto è perduto, e tale si manifesta. Le lamentele nei passi di danza, esasperati si palesano assieme a parafrasi verbali poetiche e universali, lavoro di ricerca anche di scrittura, alla ricerca stessa del salvarsi, pure da se stessi. Due-uno, sono le persone in scena, in uno stallo esistenziale frammentato, che spezza a poco a poco anche i dialoghi. Pazzia travolgente, altra <em>storming</em>. E altri due-uno esseri catapultati sulla scena. Unici esseri sull’isola, doppioni di loro stessi, versioni negative e disperate del pensiero, tra chiaro e scuro, che sono sentenze umane e filosofiche nei loro dialoghi. Il crescente pessimismo che si interseca con l’esistenzialismo e una depressione all’ennesima potenza. E un inizio, un tentativo di risollevarsi, com’è giusto che sia. Quella terra che li accoglie diventa compagna ispida di sopravvivenza, catarsi. Le intersecazioni verbali s’ingrossano e diventano parti essenziali dello scorrere dei minuti, ma aumenta a dismisura la disperazione che paradossalmente e volta al positivo pensiero cita godimento, piacere. L’essere umano-ombra scuote l’anima, si interroga in un isolamento, da isola, insel, unico, strettissimo che sia forzato o voluto è evidentemente un puro distacco, un isolarsi lavorando la psiche, il vissuto e il momento. Il lavoro di Panzetti /Ticconi sprofonda nell’intimità dell’uomo, lo costringe a una resa dei conti difficile, dolorosissima, a uno stato confronto con se stesso sempre molto lamentevole, accompagnato, come effetto, dal canto sardo ispirato a Tenore di estrema bellezza, al quale Gavino Murgia dà un contributo di grande e spronata bellezza che richiama le tradizioni, anche qui naturalmente isolane. L’io e la propria ombra, dunque, confronto con patemi, naufragi del corpo e dell’anima ferita, che i danzatori, bravissimi, animano e gettano al pubblico con le loro forze e la loro spiritualità fisica , in una performance del tormento e ricerca di pace interiore. E’ il sofferto dell’uomo, certo, è lo stato di malessere in cui si cade, non riconosciuto nella sua durezza, ed è, in un certo momento dello spettacolo, la resa apparente, miscelata, catatonica. Gli autori, i coreografi Ginevra Panzetti ed Enrico Ticconi indagano in un’oretta come gli stati interiori possono coinvolgerci all’<em>extrema ratio</em>, far risalire antiche oppressioni e nuovi distinguo esistenziali, provare a sfuggire al destino disegnato, attraverso una coreografia coinvolgente e spietata. La calma apparente poi ritorna, non sorprende ma piuttosto decreta uno stato personale terminato, dove il tempo passa il testimone all’uomo, e viceversa. Una performance che non può fare a meno di interrogarci sia sul destino che sul proprio agire, rimescolando le carte.</p> <p><strong>Francesco Bettin</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</span></p></div>FROM ENGLAND WITH LOVE - coreografia Hofesh Shechter2024-03-21T16:12:38+01:002024-03-21T16:12:38+01:00https://www.sipario.it/recensionidanzaf/item/15737-from-england-with-love-coreografia-hofesh-shechter.htmlFrancesco Bettin<div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/2d54cedadf8e49ce09fe39d3f56ece38_S.jpg" alt=""From England with love", coreografia Hofesh Shechter. Foto TODD MAC DONALD" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>Coreografia e musica Hofesh Shechter<br /></strong><strong>con Holly Brennan, Yun-chi Mai, Eloy Cojal Mestre, Mattea Lara Pedersen, Piers Sanders, Rowan Van Sen, Gaetano Signorelli, William H. Monk<br /></strong><strong>luci Tom Wisser<br /></strong><strong>ideazione costumi Hofesh Shechter<br /></strong><strong>con il sostegno dell’Arts Council England e di Fondation BNP Parisbas<br /></strong><strong>musica aggiuntiva composizioni inglesi di Edwar Elgar, Tomas Talis, Henry Purcell, William H. Monk<br /></strong><strong>produzione Hofesch Shechter Company<br /></strong><strong>Festival Danza in Rete 2024<br /></strong><strong>Vicenza, teatro Comunale, 19 marzo 2024</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:</span><strong style="text-align: justify;">www.Sipario.it, 21 marzo 2024</strong><span style="text-align: justify;">}</span></p> <p style="text-align: justify;">Un’energia lenta che prorompe e contrasta la pioggia e i tuoni, squisitamente inglesi, fa parte di un gruppo di studenti e studentesse di un college, tutti vestiti a puntino, con la tipica divisa, la cravatta e lo zainetto. Un’energia sprizzante che va via via espandendosi, una vitalità e un dinamismo che vuol far pensare a una speranza continua, alla voglia di vivere ma anche a un’inevitabile consapevolezza dell’oscuro. Simbolicamente, uno sguardo, una lettera che parte da un benevolo <em>Dear John</em>, e chi se non l’emblema inglese umano tra i più conosciuti al mondo, qui simbolo di un’intera nazione? E’ la prima scena di <em>From England with love</em>, balletto di Hofesh Shechter per la Shecther II, giovane e talentuosissima compagnia, per l’unico spettacolo in terra berica, purtroppo, visto a <em>Danza in Rete 2024</em> al teatro Comunale di Vicenza. Se non la migliore coreografia, per me una delle più belle sicuramente di tutti gli spettacoli di danza visti. Un omaggio scritto come una missiva all’Inghilterra, alle origini e alla sua storia, al suo vivere giorno dopo giorno, in questo balletto dove coreografia e musica, e anche l’ideazione costumi sono a cura di Shechter, esponente della new generation della danza contemporanea, formatosi a Londra (ma non solo). Un balletto di rara bellezza. L’Inghilterra riceve questo omaggio da Shechter, che scruta e analizza in profondità il paese di adozione, i suoi sentimenti per lo stesso, attraversandolo in diagonale forte di un amore pieno, raggiante. Il muoversi di questo Paese coi suoi abitanti, lo scrutare i suoi aspetti uguali e opposti in una specie di estasi che, alla danza contemporanea regala momenti di bellezza unica, completa. Può, e infatti è, non esser certo oro tutto quello che par luccicare, infatti l’<em>England</em> è vista e interpretata anche nelle pieghe sconosciute e ombrose, che non vogliono a tutti i costi dar visione di valori solo positivi, piuttosto celano ma nemmeno tanto, anche aspetti e identità represse. La missiva c’è, è appunto omaggiante, affettuosissima ma non può nascondere il retroscena, quello che non si vede ma c’è. Più che una fugace sbirciatina nel cuore inglese c’è un guardarlo con certezza e consapevolezza, con i commenti musicali straordinariamente efficaci e perfetti in un connubio musica-danza completo. Il balletto genera bellezza un momento dopo l’altro, non c’è tregua né respiro, segno indiscutibile di una coreografia curata nei particolari ed eseguita all’unisono e con grande coesione dai giovani danzatori, che grazie alla loro tecnica portano all’esaltazione, al plateau. Tutto ciò è esempio di rigore scenico notevole, che oltre alla bellezza riempie gli occhi di un professionismo che non dà adito a controversie, a pareri discordanti. Con spettacoli come questo il panorama della danza contemporanea va sul sicuro, può affrontare mari e tempeste. Nel danzare forsennato e magnifico della compagnia, con grandi momenti corali e altrettanto singoli si delinea una ricca e variegata composizione mista. <em>From England with love</em> non è appunto solo eleganza e college ma anche il disarcionamento di quegli abiti, lo sconquasso delle anime, le cadute e le risalite. Una colonna sonora a dir poco magnifica risalta il tutto, e in sala non vola una mosca, il pubblico è concentratissimo ed esplode in una festa grandiosa, un tributo infinito. Un vero trionfo della danza contemporanea.</p> <p><strong>Francesco Bettin</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</span></p></div><div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/2d54cedadf8e49ce09fe39d3f56ece38_S.jpg" alt=""From England with love", coreografia Hofesh Shechter. Foto TODD MAC DONALD" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>Coreografia e musica Hofesh Shechter<br /></strong><strong>con Holly Brennan, Yun-chi Mai, Eloy Cojal Mestre, Mattea Lara Pedersen, Piers Sanders, Rowan Van Sen, Gaetano Signorelli, William H. Monk<br /></strong><strong>luci Tom Wisser<br /></strong><strong>ideazione costumi Hofesh Shechter<br /></strong><strong>con il sostegno dell’Arts Council England e di Fondation BNP Parisbas<br /></strong><strong>musica aggiuntiva composizioni inglesi di Edwar Elgar, Tomas Talis, Henry Purcell, William H. Monk<br /></strong><strong>produzione Hofesch Shechter Company<br /></strong><strong>Festival Danza in Rete 2024<br /></strong><strong>Vicenza, teatro Comunale, 19 marzo 2024</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:</span><strong style="text-align: justify;">www.Sipario.it, 21 marzo 2024</strong><span style="text-align: justify;">}</span></p> <p style="text-align: justify;">Un’energia lenta che prorompe e contrasta la pioggia e i tuoni, squisitamente inglesi, fa parte di un gruppo di studenti e studentesse di un college, tutti vestiti a puntino, con la tipica divisa, la cravatta e lo zainetto. Un’energia sprizzante che va via via espandendosi, una vitalità e un dinamismo che vuol far pensare a una speranza continua, alla voglia di vivere ma anche a un’inevitabile consapevolezza dell’oscuro. Simbolicamente, uno sguardo, una lettera che parte da un benevolo <em>Dear John</em>, e chi se non l’emblema inglese umano tra i più conosciuti al mondo, qui simbolo di un’intera nazione? E’ la prima scena di <em>From England with love</em>, balletto di Hofesh Shechter per la Shecther II, giovane e talentuosissima compagnia, per l’unico spettacolo in terra berica, purtroppo, visto a <em>Danza in Rete 2024</em> al teatro Comunale di Vicenza. Se non la migliore coreografia, per me una delle più belle sicuramente di tutti gli spettacoli di danza visti. Un omaggio scritto come una missiva all’Inghilterra, alle origini e alla sua storia, al suo vivere giorno dopo giorno, in questo balletto dove coreografia e musica, e anche l’ideazione costumi sono a cura di Shechter, esponente della new generation della danza contemporanea, formatosi a Londra (ma non solo). Un balletto di rara bellezza. L’Inghilterra riceve questo omaggio da Shechter, che scruta e analizza in profondità il paese di adozione, i suoi sentimenti per lo stesso, attraversandolo in diagonale forte di un amore pieno, raggiante. Il muoversi di questo Paese coi suoi abitanti, lo scrutare i suoi aspetti uguali e opposti in una specie di estasi che, alla danza contemporanea regala momenti di bellezza unica, completa. Può, e infatti è, non esser certo oro tutto quello che par luccicare, infatti l’<em>England</em> è vista e interpretata anche nelle pieghe sconosciute e ombrose, che non vogliono a tutti i costi dar visione di valori solo positivi, piuttosto celano ma nemmeno tanto, anche aspetti e identità represse. La missiva c’è, è appunto omaggiante, affettuosissima ma non può nascondere il retroscena, quello che non si vede ma c’è. Più che una fugace sbirciatina nel cuore inglese c’è un guardarlo con certezza e consapevolezza, con i commenti musicali straordinariamente efficaci e perfetti in un connubio musica-danza completo. Il balletto genera bellezza un momento dopo l’altro, non c’è tregua né respiro, segno indiscutibile di una coreografia curata nei particolari ed eseguita all’unisono e con grande coesione dai giovani danzatori, che grazie alla loro tecnica portano all’esaltazione, al plateau. Tutto ciò è esempio di rigore scenico notevole, che oltre alla bellezza riempie gli occhi di un professionismo che non dà adito a controversie, a pareri discordanti. Con spettacoli come questo il panorama della danza contemporanea va sul sicuro, può affrontare mari e tempeste. Nel danzare forsennato e magnifico della compagnia, con grandi momenti corali e altrettanto singoli si delinea una ricca e variegata composizione mista. <em>From England with love</em> non è appunto solo eleganza e college ma anche il disarcionamento di quegli abiti, lo sconquasso delle anime, le cadute e le risalite. Una colonna sonora a dir poco magnifica risalta il tutto, e in sala non vola una mosca, il pubblico è concentratissimo ed esplode in una festa grandiosa, un tributo infinito. Un vero trionfo della danza contemporanea.</p> <p><strong>Francesco Bettin</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</span></p></div>SCONFINAMENTI - coreografia Nicola Galli2024-03-17T22:00:51+01:002024-03-17T22:00:51+01:00https://www.sipario.it/recensionidanzas/item/15726-sconfinamenti-coreografia-nicola-galli.htmlNicola Arrigoni<div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/f29ca6162f2eb169a1a7d2af6c0cc2fa_S.jpg" alt=""Sconfinamenti", coreografia Nicola Galli. Foto Salvo Liuzzi" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>Dialogo fra danza e musica <br />di e con Nicola Galli e Roberto D’Erasmo<br />coreografia e interpretazione di Nicola Galli<br />musica di Rodrigo D’Erasmo<br />produzione Teatro Ponchielli, Cremona<br />teatro Ponchielli, 28 gennaio 2024</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:</span><strong style="text-align: justify;">www.Sipario.it, 10 marzo 2024</strong><span style="text-align: justify;">}</span></p> <p style="text-align: justify;"><em>Sconfinamenti</em> è una sfida fra un danzatore e un musicista. È un innamoramento al buio, un azzardo proposto dal Ponchielli e dalla storica rassegna di coreografia contemporanea <em>La Danza</em> a due artisti che non si erano mai frequentati prima: Nicola Galli, enfant prodige della danza contemporanea italiana, e Rodrigo D’Erasmo degli Afterhours. Due mondi, due linguaggi, un solo incontro nel segno della volontà di sconfinare per ritrovarsi rinnovati, più ricchi. Un incontro virtuale in Meet e poi la sala prove del Ponchielli per costruire <em>Sconfinamenti</em>, un dialogo d’improvvisazione e sapienza fra due creativi. Nicola Galli, il Puck della danza italiana, ha colto l’occasione e si è dato con tanta generosità quanto la creatività compositiva ed esecutiva di Rodrigo D’Erasmo ha offerto un tappeto sonoro per costruire un dialogo di movimento ed emozioni. Da questo incontro, dall’essersi annusati per poco, dall’aver aperto tutti i pori della pelle e del cervello per percepire e fare proprio l’altro è scaturito il solo. Parlare di solo è, però, riduttivo. Sarà che Nicola Galli riempie con geometrica e flessuosa persistenza coreutica lo spazio, sarà che le luci definiscono tempi e cromatismi del movimento e della musica, ma parlare di assolo sembra improprio per <em>Sconfinamenti</em> perché alla fine si assiste a un insolito <em>pas de deux</em>. Lo stesso Rodrigo D’Erasmo nel suo stare, nel suo suonare, piegare il corpo, creare un tutt’uno simbiotico col violino, nella città di Stradivari, costruisce a suo modo una danza. La fisicità nei musicisti è un aspetto non secondario nella prassi esecutiva e nel rapporto carnale con lo strumento. Per questo – in fondo – a danzare sul palcoscenico del Ponchielli sono in due e il dialogo si compie fra danzatore e musicista, ma anche nell’improvvisazione coreutica, così come nell’esecuzione musicale di brani che cambiano, mutano e sembrano respirare nello spazio e nel corpo. Davanti agli occhi degli spettatori accade qualcosa di magico e di insolito, si assiste alla performance, che vuol dire elevare all’ennesima potenza la forma, attraversare la forma per creare qualcosa di inatteso che stupisce chi guarda e chi fa. Ed è questa la sensazione che regala Sconfinamenti: la possibilità di un dialogo all’improvviso fra due sensibilità con testimone il pubblico. Piace l’idea che questa apertura produttiva arrivi da un teatro che non ha nelle sue finalità produrre danza, ma con sconfinamenti ha dimostrato che qualcosa si può fare per rompere la routine delle semplici ospitalità e cercare di far nascere e crescere la danza laddove meno ce lo si aspetta. In questo modo il Ponchielli ha confermato la tradizione che da trentasei anni fa del teatro cremonese uno spazio dedicato alla coreografia contemporanea. In tempi di restaurazione estetica non è cosa da poco. </p> <p><strong>Nicola Arrigoni</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</span></p></div><div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/f29ca6162f2eb169a1a7d2af6c0cc2fa_S.jpg" alt=""Sconfinamenti", coreografia Nicola Galli. Foto Salvo Liuzzi" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>Dialogo fra danza e musica <br />di e con Nicola Galli e Roberto D’Erasmo<br />coreografia e interpretazione di Nicola Galli<br />musica di Rodrigo D’Erasmo<br />produzione Teatro Ponchielli, Cremona<br />teatro Ponchielli, 28 gennaio 2024</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:</span><strong style="text-align: justify;">www.Sipario.it, 10 marzo 2024</strong><span style="text-align: justify;">}</span></p> <p style="text-align: justify;"><em>Sconfinamenti</em> è una sfida fra un danzatore e un musicista. È un innamoramento al buio, un azzardo proposto dal Ponchielli e dalla storica rassegna di coreografia contemporanea <em>La Danza</em> a due artisti che non si erano mai frequentati prima: Nicola Galli, enfant prodige della danza contemporanea italiana, e Rodrigo D’Erasmo degli Afterhours. Due mondi, due linguaggi, un solo incontro nel segno della volontà di sconfinare per ritrovarsi rinnovati, più ricchi. Un incontro virtuale in Meet e poi la sala prove del Ponchielli per costruire <em>Sconfinamenti</em>, un dialogo d’improvvisazione e sapienza fra due creativi. Nicola Galli, il Puck della danza italiana, ha colto l’occasione e si è dato con tanta generosità quanto la creatività compositiva ed esecutiva di Rodrigo D’Erasmo ha offerto un tappeto sonoro per costruire un dialogo di movimento ed emozioni. Da questo incontro, dall’essersi annusati per poco, dall’aver aperto tutti i pori della pelle e del cervello per percepire e fare proprio l’altro è scaturito il solo. Parlare di solo è, però, riduttivo. Sarà che Nicola Galli riempie con geometrica e flessuosa persistenza coreutica lo spazio, sarà che le luci definiscono tempi e cromatismi del movimento e della musica, ma parlare di assolo sembra improprio per <em>Sconfinamenti</em> perché alla fine si assiste a un insolito <em>pas de deux</em>. Lo stesso Rodrigo D’Erasmo nel suo stare, nel suo suonare, piegare il corpo, creare un tutt’uno simbiotico col violino, nella città di Stradivari, costruisce a suo modo una danza. La fisicità nei musicisti è un aspetto non secondario nella prassi esecutiva e nel rapporto carnale con lo strumento. Per questo – in fondo – a danzare sul palcoscenico del Ponchielli sono in due e il dialogo si compie fra danzatore e musicista, ma anche nell’improvvisazione coreutica, così come nell’esecuzione musicale di brani che cambiano, mutano e sembrano respirare nello spazio e nel corpo. Davanti agli occhi degli spettatori accade qualcosa di magico e di insolito, si assiste alla performance, che vuol dire elevare all’ennesima potenza la forma, attraversare la forma per creare qualcosa di inatteso che stupisce chi guarda e chi fa. Ed è questa la sensazione che regala Sconfinamenti: la possibilità di un dialogo all’improvviso fra due sensibilità con testimone il pubblico. Piace l’idea che questa apertura produttiva arrivi da un teatro che non ha nelle sue finalità produrre danza, ma con sconfinamenti ha dimostrato che qualcosa si può fare per rompere la routine delle semplici ospitalità e cercare di far nascere e crescere la danza laddove meno ce lo si aspetta. In questo modo il Ponchielli ha confermato la tradizione che da trentasei anni fa del teatro cremonese uno spazio dedicato alla coreografia contemporanea. In tempi di restaurazione estetica non è cosa da poco. </p> <p><strong>Nicola Arrigoni</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</span></p></div>SARANNO FAMOSI - regia Luciano Cannito2024-03-17T21:55:39+01:002024-03-17T21:55:39+01:00https://www.sipario.it/recensionidanzas/item/15725-saranno-famosi-regia-luciano-cannito.htmlElena Pousché<div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/1c021b5eb38e65d2574b8a04d5e1eae9_S.jpg" alt=""Saranno famosi", regia Luciano Cannito" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>FAME – THE BROADWAY MUSICAL</strong><br /><strong>da un'idea di David De Silva<br /> testi di José Fernandez<br /> liriche di Jacques Lévy<br /></strong><strong>traduzione e adattamento di Luciano Cannito<br /></strong><strong>regia di Luciano Cannito<br /></strong><strong>con Barbara Cola, Garrison Rochelle, Lorenza Mario, Stefano Bontempi<br /></strong><strong>scene Italo Grassi<br /></strong><strong>costumi Maria Filippi<br /></strong><strong>musica di Steve Margosh<br /> direzione musicale Giovanni Maria Lori<br /> “Fame” scritta da Dean Pitchford e Michael Gore<br /></strong><strong>produzione Fabrizio Di Fiore Entertainment<br /></strong><strong>Trieste, Politeama Rossetti, 12 marzo 2024</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:</span><strong style="text-align: justify;">www.Sipario.it, 17 marzo 2024</strong><span style="text-align: justify;">}</span></p> <p style="text-align: justify;">Le atmosfere leggendarie dell’<em>High School of Performing Arts di Manhattan</em> si spostano dagli anni Ottanta ai nostri giorni, per incontrare con più verità il pubblico giovane di oggi. È questa la cifra nuova del <em>musical</em> “Saranno famosi” che ritroviamo nella scelta registica e nell’adattamento di Luciano Cannito. Il celebre film “Fame” (1980) diretto da Alan Parker e la ancor più celebre serie tv (tratta dall’opera di Pitchford e Gore) rivive in tutta la sua freschezza nella produzione di Fabrizio Di Fiore Entertainment con la compagnia Roma City Musical. Un cast poliedrico tutto italiano offre una rivisitazione efficace della versione di Broadway del 1988 (ideata da David De Silva e Josè Fernandez), con una colonna sonora caratterizzata da nuovi brani, nuove coreografie e orchestrazioni moderne.</p> <p style="text-align: justify;">La scuola di spettacolo più famosa al mondo brulica sul palcoscenico di ragazzi e insegnanti, ritrae storie di vita vibranti, incertezze del cuore e gelosie, ambizioni artistiche tenaci che si scontrano con una realtà incerta, fatta di fatica e frustrazione. Dopo la sudata ammissione, ognuno ha un vissuto particolare da raccontare, suo, unico che sa colpire l’immaginario: lo comunica con il proprio corpo esplodendo in coreografie energiche (dello stesso Cannito e di Fabrizio Prolli), lo tratteggia con canzoni particolari quasi a voler lasciare un segno con il proprio unico carisma. I sogni animano tutta la loro quotidianità, li porta a competere duramente tra loro, procura loro delusioni e gioie, rifiuti e gratificazioni, sullo sfondo di una New York caotica e alienante, di cui la scenografia semplice ma d’effetto di Italo Grassi regala ampi scorci. Quello che colpisce dello show, seppur a tratti frammentario e impressionista nella narrazione, è la dinamicità espressiva, il trionfo di arti performative spiegate in una successione rutilante: danza, canto, recitazione, musica <em>rock</em> suonata dal vivo da una band sospesa ai lati della scena. Nel ruolo degli insegnanti, maestri di vita e psicologi <em>in primis</em> per questi 21 entusiasti <em>performer</em>, sono chiamati alcuni volti noti della tv e della scena musicale italiana: Garrison Rochelle, Lorenza Mario, Barbara Cola e Stefano Bontempi. Sono <em>coach</em> di indiscusso <em>appeal</em>, volti a far emergere il talento e la voglia di vivere dei giovani artisti. Tra questi da segnalare, per grinta interpretativa e voce vibrante, l’infelice Carmen Diaz di Alice Borghetti.</p> <p style="text-align: justify;">Il finale, di grande impatto coreografico e visivo, è tutto affidato alle note della <em>hit</em> travolgente “<em>Fame”… I'm gonna live forever /I'm gonna learn how to fly”… Eccolo qui il paradiso se puoi sognarlo lo avrai</em>…</p> <p><strong>Elena Pousché</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</span></p></div><div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/1c021b5eb38e65d2574b8a04d5e1eae9_S.jpg" alt=""Saranno famosi", regia Luciano Cannito" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>FAME – THE BROADWAY MUSICAL</strong><br /><strong>da un'idea di David De Silva<br /> testi di José Fernandez<br /> liriche di Jacques Lévy<br /></strong><strong>traduzione e adattamento di Luciano Cannito<br /></strong><strong>regia di Luciano Cannito<br /></strong><strong>con Barbara Cola, Garrison Rochelle, Lorenza Mario, Stefano Bontempi<br /></strong><strong>scene Italo Grassi<br /></strong><strong>costumi Maria Filippi<br /></strong><strong>musica di Steve Margosh<br /> direzione musicale Giovanni Maria Lori<br /> “Fame” scritta da Dean Pitchford e Michael Gore<br /></strong><strong>produzione Fabrizio Di Fiore Entertainment<br /></strong><strong>Trieste, Politeama Rossetti, 12 marzo 2024</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:</span><strong style="text-align: justify;">www.Sipario.it, 17 marzo 2024</strong><span style="text-align: justify;">}</span></p> <p style="text-align: justify;">Le atmosfere leggendarie dell’<em>High School of Performing Arts di Manhattan</em> si spostano dagli anni Ottanta ai nostri giorni, per incontrare con più verità il pubblico giovane di oggi. È questa la cifra nuova del <em>musical</em> “Saranno famosi” che ritroviamo nella scelta registica e nell’adattamento di Luciano Cannito. Il celebre film “Fame” (1980) diretto da Alan Parker e la ancor più celebre serie tv (tratta dall’opera di Pitchford e Gore) rivive in tutta la sua freschezza nella produzione di Fabrizio Di Fiore Entertainment con la compagnia Roma City Musical. Un cast poliedrico tutto italiano offre una rivisitazione efficace della versione di Broadway del 1988 (ideata da David De Silva e Josè Fernandez), con una colonna sonora caratterizzata da nuovi brani, nuove coreografie e orchestrazioni moderne.</p> <p style="text-align: justify;">La scuola di spettacolo più famosa al mondo brulica sul palcoscenico di ragazzi e insegnanti, ritrae storie di vita vibranti, incertezze del cuore e gelosie, ambizioni artistiche tenaci che si scontrano con una realtà incerta, fatta di fatica e frustrazione. Dopo la sudata ammissione, ognuno ha un vissuto particolare da raccontare, suo, unico che sa colpire l’immaginario: lo comunica con il proprio corpo esplodendo in coreografie energiche (dello stesso Cannito e di Fabrizio Prolli), lo tratteggia con canzoni particolari quasi a voler lasciare un segno con il proprio unico carisma. I sogni animano tutta la loro quotidianità, li porta a competere duramente tra loro, procura loro delusioni e gioie, rifiuti e gratificazioni, sullo sfondo di una New York caotica e alienante, di cui la scenografia semplice ma d’effetto di Italo Grassi regala ampi scorci. Quello che colpisce dello show, seppur a tratti frammentario e impressionista nella narrazione, è la dinamicità espressiva, il trionfo di arti performative spiegate in una successione rutilante: danza, canto, recitazione, musica <em>rock</em> suonata dal vivo da una band sospesa ai lati della scena. Nel ruolo degli insegnanti, maestri di vita e psicologi <em>in primis</em> per questi 21 entusiasti <em>performer</em>, sono chiamati alcuni volti noti della tv e della scena musicale italiana: Garrison Rochelle, Lorenza Mario, Barbara Cola e Stefano Bontempi. Sono <em>coach</em> di indiscusso <em>appeal</em>, volti a far emergere il talento e la voglia di vivere dei giovani artisti. Tra questi da segnalare, per grinta interpretativa e voce vibrante, l’infelice Carmen Diaz di Alice Borghetti.</p> <p style="text-align: justify;">Il finale, di grande impatto coreografico e visivo, è tutto affidato alle note della <em>hit</em> travolgente “<em>Fame”… I'm gonna live forever /I'm gonna learn how to fly”… Eccolo qui il paradiso se puoi sognarlo lo avrai</em>…</p> <p><strong>Elena Pousché</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</span></p></div>GLI ANNI - di Marco D’Agostin2024-03-05T05:58:43+01:002024-03-05T05:58:43+01:00https://www.sipario.it/recensionidanzag/item/15695-gli-anni-di-marco-d-agostin.htmlFrancesco Bettin<div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/d8d8bf0126ecd1ab753f33277c67fdd5_S.jpg" alt="Marta Ciappina in "Gli Anni", di Marco D’Agostin. Foto Michelle Davis" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>di Marco D’Agostin<br /></strong><strong>con Marta Ciappina<br /></strong><strong>suono e grafica Luca Scapellato<br /></strong><strong>luci Paolo Tizianei<br /></strong><strong>conversazioni Lisa Ferlazzo Natoli, Paolo Ruffini, Claudio Cirri<br /></strong><strong>video editing Alice Brazzit<br /></strong><strong>organizzazione Eleonora Cavallo<br /></strong><strong>produzione VAN<br /></strong><strong>in coproduzione con Centro Nazionale di Produzione della Danza Virgilio Sienie Fondazione CR Firenze, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Emilia Romagna Teatro ERT/Teatro Nazionale, Festival Aperto – Fondazione I Teatri, Tanzhaus nrw - Dusseldorf, Snaporazverein<br /></strong><strong>sostegni L’arboreto – Teatro Dimora, LA Corte Ospitale Centro di Residenza Emilia-Romagna, CSC Operaestate Festival Veneto con il supporto dell’Istituto Italiano di Cultura di Colonia/MIC – Direzione Generale Spettacolo e Tanzhaus nrw, Dusseldorf, nell’ambito di NID International residencies programme<br /></strong><strong>Festival Danza in Rete 2024<br /></strong><strong>Vicenza, Ridotto del Teatro Comunale, 23 febbraio 2024 - PRIMA REGIONALE</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:</span><strong style="text-align: justify;">www.Sipario.it, 5 marzo 2024</strong><span style="text-align: justify;">}</span></p> <p style="text-align: justify;">Premio Ubu 2023 per il Miglior Spettacolo di Danza, e per la Miglior Attrice/Performer, <em>Gli Anni </em>porta in scena con una struttura semplice il guardarsi dentro. Un rimescolio delicato, con una certa misura è quello che la danzatrice/performer Marta Ciappina invita a fare anche su se stessi, perché poi il titolo dice tutto. Anni e anni per ognuna delle persone, proposti dal duo D’Agostin e Ciappina per comprendersi meglio, per analizzarsi e capirsi. Sulla scena solo un tavolino, e addosso alla protagonista uno zainetto che svela una dopo l’altra sorprese che diventano aneddoti della memoria, personale ed estesa, appunto. Certo è che gli anni passati, che iniziano fin dal momento precedente la presa di coscienza che il tempo passa, non torneranno e possono solo darci qualche momento di bel/brutto ricordo, e nella migliore delle ipotesi darci una piccola scossa su ciò che è avvenuto. Come già detto, il titolo dice tutto, lo spettacolo è tutto qui nel bene e nel male. Che si possa parlare di danza sperimentale mi vien da pensare di no, anche perché la danza coesiste al fianco di una recitazione a tratti ostica (<em>l’ascella si spalanca come la cupola del Brunelleschi</em>) che perlustra meandri di ciò che è avvenuto, fissando alcune date, alcuni avvenimenti, che possono esser presi a pretesto perché poi ognuno fa il suo, se desidera e se si sente coinvolto. Ecco dunque il referendum sul divorzio, il vociare degli anni caldi attraverso archi temporali specifici, un’indicazione su ciò che due partiti antagonisti si disputavano ai tempi, una pistola evocativa dei momenti crudi, indigesti, questo solo per citare alcuni passaggi . Perché la ragazza protagonista smonta e rimonta la memoria, partendo da una filastrocca giocattolo dove si va al mercato a comperare dei limoni, contandoli per minuti e minuti, e rifacendo il percorso a ritroso verso il finale. Scandendo e ribadendo il passaggio del tempo prendendosi il lusso di interloquire con una spettatrice in prima fila, per non parlare poi di una semi-chiave risolutiva verso il finale, il chiedere al pubblico un brano da dedicare a lei stessa, e spunta la più famosa hit di Witney Houston. E meno male, perché, si saprà poi nell’incontro col pubblico, l’aspirazione sembrava essere quella di ascoltare il brano che dà il titolo alla performance, cantato da Max Pezzali. Sinceramente e senza nulla togliere al cantante di successo, meglio sorvolare, guardare gli anni che passano da altri punti di vista. Un libro, sfogliato all’inizio, simboleggia anche <em>Gli anni</em> di Annie Ernaux e su ciò che quel romanzo ha da dire, cioè l’attraversamento catartico del nostro tempo da parte di ognuno, oltre ovviamente alla protagonista. La delicata e un po’ sofferta messa in scena a tratti colpisce, inerpicandosi per rocce verbali e passando per una <em>playing list</em> variegata e soprattutto recisa, che va da de Gregori ad Achille Lauro, la Vanoni d’annata, la Pausini versione straniera, Tenco. Accenni strappati alle più o meno dolci note, misurati come simboli dell’inesorabilità del passaggio perpetuo. Un rimembrare continuo con l’idea di poter scuotere il pubblico, che anche a detta di D’Agostin non succede sempre. Siamo, vogliamo essere in balìa dei ricordi, con accanto un cucciolo schnauzer ma anche un cagnolino meticcio, volendo. Nel frattempo uno schermo proietta e non di continuo, filmati di Super8 originali e di famiglia, estrapolazioni da telegiornali d’epoca, richiami appunto di memoria. In <em>Gli anni</em> si è fuori dalla danza, oltre, piuttosto si attraversa una dimensione onirica e ripeto, un po’ sofferta che apre a sentimenti riscoperti, che, chissà, possono fare anche bene alle anime.</p> <p><strong>Francesco Bettin</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</span></p></div><div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/d8d8bf0126ecd1ab753f33277c67fdd5_S.jpg" alt="Marta Ciappina in "Gli Anni", di Marco D’Agostin. Foto Michelle Davis" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>di Marco D’Agostin<br /></strong><strong>con Marta Ciappina<br /></strong><strong>suono e grafica Luca Scapellato<br /></strong><strong>luci Paolo Tizianei<br /></strong><strong>conversazioni Lisa Ferlazzo Natoli, Paolo Ruffini, Claudio Cirri<br /></strong><strong>video editing Alice Brazzit<br /></strong><strong>organizzazione Eleonora Cavallo<br /></strong><strong>produzione VAN<br /></strong><strong>in coproduzione con Centro Nazionale di Produzione della Danza Virgilio Sienie Fondazione CR Firenze, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Emilia Romagna Teatro ERT/Teatro Nazionale, Festival Aperto – Fondazione I Teatri, Tanzhaus nrw - Dusseldorf, Snaporazverein<br /></strong><strong>sostegni L’arboreto – Teatro Dimora, LA Corte Ospitale Centro di Residenza Emilia-Romagna, CSC Operaestate Festival Veneto con il supporto dell’Istituto Italiano di Cultura di Colonia/MIC – Direzione Generale Spettacolo e Tanzhaus nrw, Dusseldorf, nell’ambito di NID International residencies programme<br /></strong><strong>Festival Danza in Rete 2024<br /></strong><strong>Vicenza, Ridotto del Teatro Comunale, 23 febbraio 2024 - PRIMA REGIONALE</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:</span><strong style="text-align: justify;">www.Sipario.it, 5 marzo 2024</strong><span style="text-align: justify;">}</span></p> <p style="text-align: justify;">Premio Ubu 2023 per il Miglior Spettacolo di Danza, e per la Miglior Attrice/Performer, <em>Gli Anni </em>porta in scena con una struttura semplice il guardarsi dentro. Un rimescolio delicato, con una certa misura è quello che la danzatrice/performer Marta Ciappina invita a fare anche su se stessi, perché poi il titolo dice tutto. Anni e anni per ognuna delle persone, proposti dal duo D’Agostin e Ciappina per comprendersi meglio, per analizzarsi e capirsi. Sulla scena solo un tavolino, e addosso alla protagonista uno zainetto che svela una dopo l’altra sorprese che diventano aneddoti della memoria, personale ed estesa, appunto. Certo è che gli anni passati, che iniziano fin dal momento precedente la presa di coscienza che il tempo passa, non torneranno e possono solo darci qualche momento di bel/brutto ricordo, e nella migliore delle ipotesi darci una piccola scossa su ciò che è avvenuto. Come già detto, il titolo dice tutto, lo spettacolo è tutto qui nel bene e nel male. Che si possa parlare di danza sperimentale mi vien da pensare di no, anche perché la danza coesiste al fianco di una recitazione a tratti ostica (<em>l’ascella si spalanca come la cupola del Brunelleschi</em>) che perlustra meandri di ciò che è avvenuto, fissando alcune date, alcuni avvenimenti, che possono esser presi a pretesto perché poi ognuno fa il suo, se desidera e se si sente coinvolto. Ecco dunque il referendum sul divorzio, il vociare degli anni caldi attraverso archi temporali specifici, un’indicazione su ciò che due partiti antagonisti si disputavano ai tempi, una pistola evocativa dei momenti crudi, indigesti, questo solo per citare alcuni passaggi . Perché la ragazza protagonista smonta e rimonta la memoria, partendo da una filastrocca giocattolo dove si va al mercato a comperare dei limoni, contandoli per minuti e minuti, e rifacendo il percorso a ritroso verso il finale. Scandendo e ribadendo il passaggio del tempo prendendosi il lusso di interloquire con una spettatrice in prima fila, per non parlare poi di una semi-chiave risolutiva verso il finale, il chiedere al pubblico un brano da dedicare a lei stessa, e spunta la più famosa hit di Witney Houston. E meno male, perché, si saprà poi nell’incontro col pubblico, l’aspirazione sembrava essere quella di ascoltare il brano che dà il titolo alla performance, cantato da Max Pezzali. Sinceramente e senza nulla togliere al cantante di successo, meglio sorvolare, guardare gli anni che passano da altri punti di vista. Un libro, sfogliato all’inizio, simboleggia anche <em>Gli anni</em> di Annie Ernaux e su ciò che quel romanzo ha da dire, cioè l’attraversamento catartico del nostro tempo da parte di ognuno, oltre ovviamente alla protagonista. La delicata e un po’ sofferta messa in scena a tratti colpisce, inerpicandosi per rocce verbali e passando per una <em>playing list</em> variegata e soprattutto recisa, che va da de Gregori ad Achille Lauro, la Vanoni d’annata, la Pausini versione straniera, Tenco. Accenni strappati alle più o meno dolci note, misurati come simboli dell’inesorabilità del passaggio perpetuo. Un rimembrare continuo con l’idea di poter scuotere il pubblico, che anche a detta di D’Agostin non succede sempre. Siamo, vogliamo essere in balìa dei ricordi, con accanto un cucciolo schnauzer ma anche un cagnolino meticcio, volendo. Nel frattempo uno schermo proietta e non di continuo, filmati di Super8 originali e di famiglia, estrapolazioni da telegiornali d’epoca, richiami appunto di memoria. In <em>Gli anni</em> si è fuori dalla danza, oltre, piuttosto si attraversa una dimensione onirica e ripeto, un po’ sofferta che apre a sentimenti riscoperti, che, chissà, possono fare anche bene alle anime.</p> <p><strong>Francesco Bettin</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</span></p></div>REVEAL/SKEW-WHIFF/MEMENTO - coreografie Garrett Smith, Sol León, Paul Lightfoot, Simone Valastro2024-03-05T05:51:49+01:002024-03-05T05:51:49+01:00https://www.sipario.it/recensionidanzar/item/15694-reveal-skew-whiff-memento-coreografie-garrett-smith-sol-leon-paul-lightfoot-simone-valastro.htmlVito Lentini<div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/aa532a1c030a79407ea5e1422b498be7_S.jpg" alt="Gioacchino Starace e Frank Aduca in "Memento", coreografia Simone Valastro. Foto Brescia e Amisano,Teatro alla Scala " /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong><em>Reveal</em><br /></strong><strong>Nuova produzione Teatro alla Scala<br /></strong><strong>Garrett Smith, coreografia <br /> Jessica Collado, Maude Sabourin, assistenti coreografo<br /> Philip Glass, musica<br /> Monica Guerra, costumi<br /> Michael Mazzola, luci</strong></p> <p><strong><em>Skew-Whiff</em><br /></strong><strong>Produzione AT&T Danstheater, The Hague, 1996<br /> Nuova produzione Teatro alla Scala<br /></strong><strong>Sol León e Paul Lightfoot, coreografia, scene e costumi<br /> Jorge Nozal, assistente coreografo<br /> Gioachino Rossini, musica<br /> Tom Bevoort, luci</strong></p> <p><strong><em>Memento</em><br /></strong><strong>Nuova produzione Teatro alla Scala<br /> Prima rappresentazione assoluta<br /> Simone Valastro, coreografia<br /> Max Richter e David Lang, musiche<br /> Thomas Mika, scene e costumi<br /> Konstantin Binkin, luci</strong></p> <p><strong>Con il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala diretto da Manuel Legris<br /></strong><strong>Musica su base registrata<br /></strong><strong>MILANO, Teatro alla Scala, dal 7 al 18 febbraio 2024</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:</span><strong style="text-align: justify;">www.Sipario.it, 5 marzo 2024</strong><span style="text-align: justify;">}</span></p> <p><strong>Smith/León e Lightfoot/Valastro alla Scala</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il secondo appuntamento della stagione di balletto del Teatro alla Scala è l’annuale capitolo che il massimo teatro milanese dedica alla danza contemporanea in una serata che reca quale titolo i cognomi dei coreografi coinvolti per l’occasione: Smith/León e Lightfoot/Valastro.</p> <p style="text-align: justify;">Ad aprire lo spettacolo è Garrett Smith che in prima europea presenta il lavoro firmato nel 2015 per lo Houston Ballet dal titolo <em>Reveal</em>. Una creazione, questa, inscritta a pieno titolo nel peculiare lavoro che contraddistingue il coreografo americano: essa, infatti, sposa l’indagine antropologica sull’identità umana e sul prezioso scandaglio dell’auto-riflessione che, com’è noto, caratterizzano il contributo all’arte della danza del coreografo statunitense. Da questo alveo trae spunto, per l’appunto, il breve momento coreografico presentato alla Scala e pensato per otto uomini e quattro donne impegnati a restituire la visione umana sulla dualità declinata nel binomio maschile/femminile, classico/contemporaneo, luce/ombra. Un’opposizione tra dinamiche che si origina dalla scelta musicale ricaduta su Philip Glass e in particolare sulla terza parte del <em>Double Concerto for Violin, Cello and Orchestra</em> e sul secondo movimento del <em>Tirol Concerto for Piano and Orchestra</em>: due segmenti che sotto diversi rispetti ricalcano il primigenio intento del coreografo dal momento che offrono opposte sfumature e dicotomiche visioni musicali. Grazie ai contrasti offeriti dalla musica il coreografo elabora il tema dell’identità di genere, della vulnerabilità e del conflitto come pure delle molteplici maschere con le quali l’umano si rivela al mondo. Una dichiarata indagine che emerge con consapevolezza e convinzione sia nel tessuto coreografico che nelle luci di Michael Mazzola come pure nei costumi firmati da Monica Guerra che ricorderemo, in particolare, per l’originale rappresentazione della complessa questione del <em>gender</em>.</p> <p style="text-align: justify;">Ai medesimi temi approda anche <em>Skew-Whiff</em> di Sol León e Paul Lightfoot creato nel 1996 per il Nederlands Dans Theater. Un duo coreografico che per la prima volta si presenta al pubblico scaligero con il tratto ironico ed esplosivo di un lavoro <em>off balance</em>. Al disequilibrio è infatti riconducibile questo segmento coreografico modulato sull’<em>ouverture</em> della <em>Gazza Ladra</em> di Rossini che ha il merito di riproporre il tema dell’identità di genere con un’esplosione di comicità e sperimentazione sul movimento sapientemente modulata per i tre uomini e l’unica donna previsti nella creazione. Ai due coreografi si deve l’interessantissimo dialogo che alterna i movimenti più impetuosi e istintivi delle danze e dei rituali ancestrali agli ineludibili riferimenti della danza accademica. Il risultato è un’originale e fluida creazione con frasi coreografiche di forte pregnanza visiva capaci di stregare il pubblico scaligero della <em>opening night</em>. Impossibile non citare Maria Celeste Losa, Navrin Turnbull, Darius Gramada e Rinaldo Venuti che danno prova di gestire con disinvoltura ironia, virtuosismi, sensualità e inattesa verve attoriale.</p> <p style="text-align: justify;">Per un organico di trenta ballerini è pensata, invece, la nuova creazione dell’artista milanese Simone Valastro che torna per la seconda volta nel suo teatro in veste di coreografo dopo aver presentato il duetto <em>Árbakkinn</em> nel 2021. Un lavoro che trae spunto dalla biblica locuzione latina <em>Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris </em>quantunque nulla rimanga, nei quaranta minuti dell’opera, del riferimento religioso. La citazione è qui un pretesto per trattare velatamente la caducità, la temporalità e, in parte, l’alienazione della vita dell’artista. Un ciclico tragitto qui reso, in sinergia con lo scenografo Thomas Mika, con l’utilizzo di due ampie rampe che ampliano lo spazio scenico sezionato in tre livelli interessando finanche la fossa dell’orchestra. Coreograficamente è parso difficile rintracciare lo sviluppo del tema scelto per la creazione ma, ad onor del vero, è da rimarcare che un tratto distintivo dell’estro creativo di Valastro è proprio l’allontanamento dai fini narrativi dell’atto scenico e sotto tale rilievo è collocabile questo lavoro che, di converso, ha il merito di garantire un ampio dinamismo di movimento nel numeroso <em>ensemble</em> selezionato per l’occasione e riportando altresì la mente del più attento osservatore ad altri nomi della coreografia ‘contemporanea’: un richiamo, questo, che rende peculiare, anch’esso, il contributo di Valastro all’arte di Tersicore. Grazie al dialogo tra diverse composizioni di Max Richter e David Lang il lavoro è un <em>collage</em> musicale e coreografico che alterna intenzioni, slanci, intimità e dialogo corale rivelandosi un’occasione preziosa per scoprire nuovi talenti del corpo di ballo scaligero appositamente scelti da Valastro per il suo lavoro.</p> <p style="text-align: justify;">In definitiva un annuale appuntamento, quello voluto dal Direttore Manuel Legris, con le nuove prospettive della danza della contemporaneità che in questo caso si riconferma un banco di prova superato a pieni voti per la <em>troupe</em> meneghina con una peculiare menzione di merito per la versatilità e la personalità ravvisata nei danzatori coinvolti.</p> <p><strong>Vito Lentini</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</span></p></div><div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/aa532a1c030a79407ea5e1422b498be7_S.jpg" alt="Gioacchino Starace e Frank Aduca in "Memento", coreografia Simone Valastro. Foto Brescia e Amisano,Teatro alla Scala " /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong><em>Reveal</em><br /></strong><strong>Nuova produzione Teatro alla Scala<br /></strong><strong>Garrett Smith, coreografia <br /> Jessica Collado, Maude Sabourin, assistenti coreografo<br /> Philip Glass, musica<br /> Monica Guerra, costumi<br /> Michael Mazzola, luci</strong></p> <p><strong><em>Skew-Whiff</em><br /></strong><strong>Produzione AT&T Danstheater, The Hague, 1996<br /> Nuova produzione Teatro alla Scala<br /></strong><strong>Sol León e Paul Lightfoot, coreografia, scene e costumi<br /> Jorge Nozal, assistente coreografo<br /> Gioachino Rossini, musica<br /> Tom Bevoort, luci</strong></p> <p><strong><em>Memento</em><br /></strong><strong>Nuova produzione Teatro alla Scala<br /> Prima rappresentazione assoluta<br /> Simone Valastro, coreografia<br /> Max Richter e David Lang, musiche<br /> Thomas Mika, scene e costumi<br /> Konstantin Binkin, luci</strong></p> <p><strong>Con il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala diretto da Manuel Legris<br /></strong><strong>Musica su base registrata<br /></strong><strong>MILANO, Teatro alla Scala, dal 7 al 18 febbraio 2024</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:</span><strong style="text-align: justify;">www.Sipario.it, 5 marzo 2024</strong><span style="text-align: justify;">}</span></p> <p><strong>Smith/León e Lightfoot/Valastro alla Scala</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il secondo appuntamento della stagione di balletto del Teatro alla Scala è l’annuale capitolo che il massimo teatro milanese dedica alla danza contemporanea in una serata che reca quale titolo i cognomi dei coreografi coinvolti per l’occasione: Smith/León e Lightfoot/Valastro.</p> <p style="text-align: justify;">Ad aprire lo spettacolo è Garrett Smith che in prima europea presenta il lavoro firmato nel 2015 per lo Houston Ballet dal titolo <em>Reveal</em>. Una creazione, questa, inscritta a pieno titolo nel peculiare lavoro che contraddistingue il coreografo americano: essa, infatti, sposa l’indagine antropologica sull’identità umana e sul prezioso scandaglio dell’auto-riflessione che, com’è noto, caratterizzano il contributo all’arte della danza del coreografo statunitense. Da questo alveo trae spunto, per l’appunto, il breve momento coreografico presentato alla Scala e pensato per otto uomini e quattro donne impegnati a restituire la visione umana sulla dualità declinata nel binomio maschile/femminile, classico/contemporaneo, luce/ombra. Un’opposizione tra dinamiche che si origina dalla scelta musicale ricaduta su Philip Glass e in particolare sulla terza parte del <em>Double Concerto for Violin, Cello and Orchestra</em> e sul secondo movimento del <em>Tirol Concerto for Piano and Orchestra</em>: due segmenti che sotto diversi rispetti ricalcano il primigenio intento del coreografo dal momento che offrono opposte sfumature e dicotomiche visioni musicali. Grazie ai contrasti offeriti dalla musica il coreografo elabora il tema dell’identità di genere, della vulnerabilità e del conflitto come pure delle molteplici maschere con le quali l’umano si rivela al mondo. Una dichiarata indagine che emerge con consapevolezza e convinzione sia nel tessuto coreografico che nelle luci di Michael Mazzola come pure nei costumi firmati da Monica Guerra che ricorderemo, in particolare, per l’originale rappresentazione della complessa questione del <em>gender</em>.</p> <p style="text-align: justify;">Ai medesimi temi approda anche <em>Skew-Whiff</em> di Sol León e Paul Lightfoot creato nel 1996 per il Nederlands Dans Theater. Un duo coreografico che per la prima volta si presenta al pubblico scaligero con il tratto ironico ed esplosivo di un lavoro <em>off balance</em>. Al disequilibrio è infatti riconducibile questo segmento coreografico modulato sull’<em>ouverture</em> della <em>Gazza Ladra</em> di Rossini che ha il merito di riproporre il tema dell’identità di genere con un’esplosione di comicità e sperimentazione sul movimento sapientemente modulata per i tre uomini e l’unica donna previsti nella creazione. Ai due coreografi si deve l’interessantissimo dialogo che alterna i movimenti più impetuosi e istintivi delle danze e dei rituali ancestrali agli ineludibili riferimenti della danza accademica. Il risultato è un’originale e fluida creazione con frasi coreografiche di forte pregnanza visiva capaci di stregare il pubblico scaligero della <em>opening night</em>. Impossibile non citare Maria Celeste Losa, Navrin Turnbull, Darius Gramada e Rinaldo Venuti che danno prova di gestire con disinvoltura ironia, virtuosismi, sensualità e inattesa verve attoriale.</p> <p style="text-align: justify;">Per un organico di trenta ballerini è pensata, invece, la nuova creazione dell’artista milanese Simone Valastro che torna per la seconda volta nel suo teatro in veste di coreografo dopo aver presentato il duetto <em>Árbakkinn</em> nel 2021. Un lavoro che trae spunto dalla biblica locuzione latina <em>Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris </em>quantunque nulla rimanga, nei quaranta minuti dell’opera, del riferimento religioso. La citazione è qui un pretesto per trattare velatamente la caducità, la temporalità e, in parte, l’alienazione della vita dell’artista. Un ciclico tragitto qui reso, in sinergia con lo scenografo Thomas Mika, con l’utilizzo di due ampie rampe che ampliano lo spazio scenico sezionato in tre livelli interessando finanche la fossa dell’orchestra. Coreograficamente è parso difficile rintracciare lo sviluppo del tema scelto per la creazione ma, ad onor del vero, è da rimarcare che un tratto distintivo dell’estro creativo di Valastro è proprio l’allontanamento dai fini narrativi dell’atto scenico e sotto tale rilievo è collocabile questo lavoro che, di converso, ha il merito di garantire un ampio dinamismo di movimento nel numeroso <em>ensemble</em> selezionato per l’occasione e riportando altresì la mente del più attento osservatore ad altri nomi della coreografia ‘contemporanea’: un richiamo, questo, che rende peculiare, anch’esso, il contributo di Valastro all’arte di Tersicore. Grazie al dialogo tra diverse composizioni di Max Richter e David Lang il lavoro è un <em>collage</em> musicale e coreografico che alterna intenzioni, slanci, intimità e dialogo corale rivelandosi un’occasione preziosa per scoprire nuovi talenti del corpo di ballo scaligero appositamente scelti da Valastro per il suo lavoro.</p> <p style="text-align: justify;">In definitiva un annuale appuntamento, quello voluto dal Direttore Manuel Legris, con le nuove prospettive della danza della contemporaneità che in questo caso si riconferma un banco di prova superato a pieni voti per la <em>troupe</em> meneghina con una peculiare menzione di merito per la versatilità e la personalità ravvisata nei danzatori coinvolti.</p> <p><strong>Vito Lentini</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</span></p></div>OPEN - coreografia Daniel Ezralow2024-03-03T04:52:18+01:002024-03-03T04:52:18+01:00https://www.sipario.it/recensionidanzao/item/15691-open-coreografia-daniel-ezralow.htmlGiulia Clai<div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/4dc77e16c785f01bd90c4272e707ad7d_S.jpg" alt=""Open", coreografia Daniel Erzalow. Foto Marco Caselli Nirmal" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>Coreografia Daniel Ezralow<br /></strong><strong>Interpreti Samuelino Antinelli, Claudia Bentrovato, Oliviero Bifulco, Miguel Chavez, <br />Mimmina Ciccarelli, Rosa Di Grazia, Christian Stefanelli<br /></strong><strong>e la partecipazione straordinaria di KLAUDIA PEPA<br /></strong><strong>produzione Art Works Production – Antonio Gnecchi Ruscone<br /></strong><strong>distribuzione in Italia Sava’ Produzioni Creative<br /></strong><strong>teatro Comunale di Ferrara <strong>visto 16 febbraio 2024</strong></strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:</span><strong style="text-align: justify;">www.Sipario.it, 26 febbraio 2024</strong><span style="text-align: justify;">}</span></p> <p style="text-align: justify;">Daniel Ezralow, coreografo, regista e designer noto per il suo lavoro innovativo e dinamico nel mondo della danza, del teatro, del cinema e della televisione, ha iniziato la sua carriera come ballerino, esibendosi con compagnie come la Paul Taylor Dance Company e la Lar Lubovitch Dance Company, Pilobolus. Passato poi alla coreografia è stato cofondatore delle compagnie MOMIX e ISO. Il suo stile si è distinto per la capacità di fondere atletismo, umorismo, versatilità e capacità di trascendere i confini tradizionali. Le sue creazioni, infatti, incorporano elementi di danza contemporanea, balletto e acrobazie per creare spettacoli visivamente accattivanti ed emotivamente coinvolgenti. Ezralow propone un’idea di danza fatta di divertimento, agilità, sorpresa, leggerezza, coinvolgimento diretto del pubblico e utilizzo emozionale delle tecnologie visive.</p> <p style="text-align: justify;">Open, selezionando dal vasto vocabolario coreografico creato da Ezralow per il palcoscenico e utilizzando celebri brani di musica, è un inno alla vita, alla gioia, all’amore, alla rabbia, al dolore e alla forza dell’azione. Con un cast di otto danzatori e danzatrici della Ezralow Dance Company, Open ha avuto la sua première americana al Wallis Annenberg Center di Los Angeles nel 2016. Scritto a quattro mani con la moglie Arabella Holzbog, quest’opera affianca uno all’altro brevi quadri veloci, ironici, spiazzanti, divertenti, realizzati con l’uso magistrale di luci, costumi e videoproiezioni. Questo spettacolo, forte di una multimedialità ricca che si intreccia con i corpi, dovrebbe far convivere sul palco talenti e stili differenti, dalla danza classica alla danza moderna, dalla ginnastica alla street dance. Dalla sua creazione è stato interpretato da diversi ensemble, tra cui lo Spellbound Contemporary Ballet. Per questa nuova messa in scena Daniel Ezralow ha scelto un cast costituito da giovani provenienti da un Talent Show televisivo. Se è innegabile che anche questo allestimento abbia trasmesso energia e vitalità e ricevuto commenti più che lusinghieri, per lo più rivolti ai ballerini (“come sono bravi e giovani”, belli, emozionanti), è altrettanto vero che in più momenti il caos ha superato il ritmo incalzante della coreografia, intorbidendo la chiarezza del patchwork ideato originariamente, soprattutto nel finale. Nel design conclusivo, con illusioni ottiche ogni danzatore deve trascolorare nel successivo. In questa parte i tempi ben cadenzati dalla musica incalzante vorrebbero creare il paradigma della vitalità della danza, con nettezza e precisione, invece tutto questo è stato reso in modo molto confuso. Non si può dimenticare però che al pubblico lo spettacolo è piaciuto molto, ed è stato anche apprezzato il finale coinvolgimento diretto della platea da parte dei danzatori. Allora, anche a scapito di un risultato più curato e preciso, che teatralità ginnica sia.</p> <p><strong>Giulia Clai</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</span></p></div><div class="K2FeedImage"><img src="https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/4dc77e16c785f01bd90c4272e707ad7d_S.jpg" alt=""Open", coreografia Daniel Erzalow. Foto Marco Caselli Nirmal" /></div><div class="K2FeedIntroText"></div><div class="K2FeedFullText"> <p><strong>Coreografia Daniel Ezralow<br /></strong><strong>Interpreti Samuelino Antinelli, Claudia Bentrovato, Oliviero Bifulco, Miguel Chavez, <br />Mimmina Ciccarelli, Rosa Di Grazia, Christian Stefanelli<br /></strong><strong>e la partecipazione straordinaria di KLAUDIA PEPA<br /></strong><strong>produzione Art Works Production – Antonio Gnecchi Ruscone<br /></strong><strong>distribuzione in Italia Sava’ Produzioni Creative<br /></strong><strong>teatro Comunale di Ferrara <strong>visto 16 febbraio 2024</strong></strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 begin title:</span><strong style="text-align: justify;">www.Sipario.it, 26 febbraio 2024</strong><span style="text-align: justify;">}</span></p> <p style="text-align: justify;">Daniel Ezralow, coreografo, regista e designer noto per il suo lavoro innovativo e dinamico nel mondo della danza, del teatro, del cinema e della televisione, ha iniziato la sua carriera come ballerino, esibendosi con compagnie come la Paul Taylor Dance Company e la Lar Lubovitch Dance Company, Pilobolus. Passato poi alla coreografia è stato cofondatore delle compagnie MOMIX e ISO. Il suo stile si è distinto per la capacità di fondere atletismo, umorismo, versatilità e capacità di trascendere i confini tradizionali. Le sue creazioni, infatti, incorporano elementi di danza contemporanea, balletto e acrobazie per creare spettacoli visivamente accattivanti ed emotivamente coinvolgenti. Ezralow propone un’idea di danza fatta di divertimento, agilità, sorpresa, leggerezza, coinvolgimento diretto del pubblico e utilizzo emozionale delle tecnologie visive.</p> <p style="text-align: justify;">Open, selezionando dal vasto vocabolario coreografico creato da Ezralow per il palcoscenico e utilizzando celebri brani di musica, è un inno alla vita, alla gioia, all’amore, alla rabbia, al dolore e alla forza dell’azione. Con un cast di otto danzatori e danzatrici della Ezralow Dance Company, Open ha avuto la sua première americana al Wallis Annenberg Center di Los Angeles nel 2016. Scritto a quattro mani con la moglie Arabella Holzbog, quest’opera affianca uno all’altro brevi quadri veloci, ironici, spiazzanti, divertenti, realizzati con l’uso magistrale di luci, costumi e videoproiezioni. Questo spettacolo, forte di una multimedialità ricca che si intreccia con i corpi, dovrebbe far convivere sul palco talenti e stili differenti, dalla danza classica alla danza moderna, dalla ginnastica alla street dance. Dalla sua creazione è stato interpretato da diversi ensemble, tra cui lo Spellbound Contemporary Ballet. Per questa nuova messa in scena Daniel Ezralow ha scelto un cast costituito da giovani provenienti da un Talent Show televisivo. Se è innegabile che anche questo allestimento abbia trasmesso energia e vitalità e ricevuto commenti più che lusinghieri, per lo più rivolti ai ballerini (“come sono bravi e giovani”, belli, emozionanti), è altrettanto vero che in più momenti il caos ha superato il ritmo incalzante della coreografia, intorbidendo la chiarezza del patchwork ideato originariamente, soprattutto nel finale. Nel design conclusivo, con illusioni ottiche ogni danzatore deve trascolorare nel successivo. In questa parte i tempi ben cadenzati dalla musica incalzante vorrebbero creare il paradigma della vitalità della danza, con nettezza e precisione, invece tutto questo è stato reso in modo molto confuso. Non si può dimenticare però che al pubblico lo spettacolo è piaciuto molto, ed è stato anche apprezzato il finale coinvolgimento diretto della platea da parte dei danzatori. Allora, anche a scapito di un risultato più curato e preciso, che teatralità ginnica sia.</p> <p><strong>Giulia Clai</strong></p> <p><span style="text-align: justify;">{2jtoolbox_content tabs id:1 end}</span></p></div>