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(CINEMA) - "L'uomo dal cuore di ferro" di Cèdric Jimenez. Heydrich e "la banalità del male"

"L'uomo dal cuore di ferro" di Cèdric Jimenez "L'uomo dal cuore di ferro" di Cèdric Jimenez

L'uomo dal cuore di ferro
di Cèdric Jimenez
Con Jason Clarke, Rosamund Pike, Jack O'Connell,
Jack Reynor, Mia Wasikowska

Francia, USA, Gran Bretagna, Belgio. 2017

Heydrich e "la banalità del male"

Adattamento del romanzo di Laurent Binet HHhH- Il cervello di Himmler si chiama Heydrich, il film ripercorre la vita dello spietato gerarca nazista delle SS Reinhard Heydrich, colui che ideò dettagliatamente la cosiddetta "soluzione finale della questione ebraica", e che fu soprannominato "Il Boia di Praga", "Il Macellaio", "La Bestia Bionda", "Il Genio del Male di Himmler".
Il film si scinde in due unità in cui è diametralmente opposto il punto di focalizzazione. La prima metà orbita ossessivamente intorno al personaggio di Heydrich, interpretato da Jason Clarke, e alla sua ascesa al potere nazista. Tutt'altro che di contorno la moglie Lina, colei che lo ha iniziato alle aspirazioni naziste, nobile decaduta piena di nostalgia per un tempo passato dorato e di rabbia per le insoddisfazioni del presente. È lei inizialmente ad adorare Hitler quasi con devozione e a sognarne la grandezza, insinuando nel marito questa nuova feroce ossessione. Algida ed elegante, risoluta e dedita alla sua famiglia. Un personaggio interessante perché difficile da categorizzare, capace di esultare per i propositi più aberranti ma non minimamente consapevole di aver scelto il Male. L'uomo dal cuore di ferro è certamente una riflessione su quella che Hannah Arendt definì saggiamente "la banalità del male" e infatti vedendoli a proprio agio nel proprio ambiente e nella vita quotidiana sembra quasi impossibile immaginare gli indicibili atti di violenza di cui queste persone sono state artefici e nel film questo crescendo di spiazzante e ingiustificata crudeltà viene ampiamente sottolineato. Molto calzanti le parole di Rosamund Pike, interprete di Lina: "Abbiamo a che fare con il male ed è molto importante che tu non faccia di quelle persone dei mostri, perché la parte veramente spaventosa di persone come quelle è che potrebbero essere chiunque di noi." Il regista Cèdric Jimenez (French Connection) non si è trovato certo dinanzi a una sfida semplice e tanto meno Jason Clarke: riportare in vita un personaggio così detestabile era effettivamente rischioso e complesso, soprattutto nella scelta dell'approccio da adottare. Raffigurarlo come puro male senza attenuanti o penetrare nella sua psicologia? Di certo l'ultima ipotesi è più affascinante e infatti Jimenez in parte prova a metterla in atto, pur riservandosi la possibilità di non scavare troppo a fondo, almeno per quanto riguarda la sceneggiatura, scelta comprensibile data l'enigmatica crudeltà del personaggio storico.
Nella seconda metà del film il punto di vista cambia radicalmente, tramutandosi in quello di Jan e Jozef, due giovani partigiani in missione segreta a Praga, con un obiettivo tutt'altro che semplice: uccidere Heydrich. Da qui rallenta l'andamento del film, che assume contorni molto più tradizionali e prevedibili, con una buona tecnica ma una non altrettanto incisiva intensità emotiva e visiva. Se da una parte la netta cesura tra la prima e la seconda metà del film è un elemento originale e imprevedibile, dall'altra appare forzata e attenua la potenza e l'unità del film. Le interpretazioni dei giovani Jack O'Connell e Jack Reynor avrebbero potuto nettamente colpire maggiormente nel segno, invece rimangono sempre un po' sullo sfondo rispetto all'importanza degli eventi e alla resa scenica di altri attori. Al contrario infatti è bravissimo Jason Clarke a interpretare il suo personaggio folle e impenetrabile, dall'indole introversa, pieno di rabbia repressa e bisogno di prevaricare. L'attore è affiancato dall'intensa Rosamund Pike, ultimamente vista nel film biografico A private war sull'eroica reporter Marie Colvin, una donna totalmente diversa da Lina Heydrich. Risplende anche nel cast Mia Wasikowska con la luminosità della sua aura angelica e l'innocente dolcezza della purezza.
Sono affrontate anche nella parte della Resistenza tematiche interessanti e raramente prese in osservazione dal cinema, come ad esempio le responsabilità e conseguenze dell'eroismo dei partigiani sui civili, vittime di rappresaglie ogni qualvolta si verificava un'azione contro i nazisti. Di qui una riflessione etica non irrilevante sulla fragilità umana, sulla falla della paura e dell'incapacità di dire addio alla vita, anche in coloro che si distinguono per coraggio e grandezza d'animo.
L'uomo dal cuore di ferro non mantiene totalmente quelle promesse che ci si sarebbe potuti aspettare, ma è un film che con dignità artistica affronta fedelmente aspetti e personaggi della Storia non noti a tutti ma di enorme importanza.

Corinne Vosa

Ultima modifica il Giovedì, 31 Gennaio 2019 03:30

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