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(CINEMA) - "Due uomini, quattro donne e una mucca depressa" di Anna Di Francisca. Le allegre comari di Boicarent

"Due uomini, quattro donne e una mucca depressa" di Anna Di Francisca "Due uomini, quattro donne e una mucca depressa" di Anna Di Francisca

Due uomini, quattro donne e una mucca depressa
di Anna Di Francisca
Con Predrag 'Miki' Manojlovic, Maribel Verdú, 
Eduard Fernández, Laia Marull, Ana Caterina Morariu
Italia 2015

Le allegre comari di Boicarent

Il musicista Edoardo (Manojlovic) è in crisi: è stato lasciato dalla moglie, vede poco la figlia Alice (Marzia Bordi) e non ce la fa più – lui laicissimo ed anticlericale - a comporre musiche per fiction sulle vite dei santi. Dopo lo scontro con l'ennesimo produttore (A.F.) e un incontro con un vigile urbano/counselor psicologico (Massimo De Lorenzo) che lo blocca per una processione, decide di lasciare Roma e passare un periodo sabbatico dall'amico Emilio (Fernandez), ex-marito di una sua cugina ed ex-compagno di lotte sessantottine che ora vive in un grande podere a Boicarent, paesino della Valencia. Quando arriva alla villa trova solo la cameriera muta Irma (Serena Grandi) e la triste mucca Luisa. Lo trova in chiesa mentre sta provando con il coro della parrocchia, lo porta al bar e si stupisce del fatto che lui, mangiapreti e stonatissimo, canti in quel gruppo; Emilio gli confessa di andarvi perché è innamorato di una delle coriste, Victoria (Marull) che - oltre ad essere figlia del Generale (Hector Alterio), vecchio militare franchista e gran cacciatore (a dispetto dell'impegno animalista della figlia) - gestisce un'agenzia di viaggi, frequentata attivamente dal giovane Pablo (Hector Juezas), che spera di poter perdere la verginità in una crociera piena di milf. Mentre parlano, lei arriva e siede in un tavolo con altre tre coriste: Julia (Verdù), operaia con buone possibilità musicali, separata dal barbiere Carlos (Neri Marcorè), Manuela (Gloria Munoz), patronessa di tutte le attività sociali del paese e Sara (Manuela Mandracchia), fisioterapista gay, che tutte le sere va a guardare le stelle al telescopio della sua amica Marta (Morariu). Durante una prova il parroco (Ferran Gadea) cade e si rompe il femore ed Emilio ha una grande idea: sarà il famoso musicista Edoardo a dirigerli (spera così di farsi apprezzare dall'amata Victoria), al suo fermo diniego Emilio propone un patto: se dirigerà il coro, lui organizzerà una grande festa per il proprio cinquantesimo compleanno, alla quale inviterà Alice, della quale Edoardo ha una gran nostalgia. Questi accetta e comincia stravolgendo tutto il programma precedente, dando ai coristi, anziché noiose litanie di chiesa brani divertenti come Ragliabà (versione ritmatissima del vecchio Quando canta Rabagliati). Julia, intanto è presa tra due fuochi: la madre Aida (Luisa Gavasa), che la spinge a lasciare la fabbrica e tornare con Carlos – che per amore sarebbe disposto a trasferirsi a Madrid, dove lei potrebbe frequentare una scuola di canto – e le amiche, che la inducono a manifestare i sentimenti che comincia a provare per Edoardo. Lei lo invita a cena e lui la incoraggia a studiare musica ma quando lei gli chiede di darle qualche lezione, lui rifiuta: ha sempre odiato insegnare. Risultato: lei diserta il coro e lui è sempre più triste. La sera della festa diventa l'occasione di varie svolte: il grasso e timido Alvaro (Jorge Calvo), complice qualche bicchiere, chiede a tutte le donne presenti di fare un figlio con lui (nessuna però accetta); Manuela annuncia che il festival nazionale dei cori si svolgerà proprio nel loro paese; Alice e Pablo simpatizzano subito e sarà con lei che il ragazzo perderà la verginità; Julia balla con Edoardo e gli dice che tornerà a cantare se lui comporrà la canzone che il coro canterà al concorso; il gelosissimo Carlos – che tiene in pugno il Generale, avendo scoperto che ha un'amante nera, Ngari (Carmen Mangue) - costringe il militare a tendere con lui un agguato ad Edoardo e a sparargli nel sedere con un fucile ad aria compressa (inutile dire che il Generale sarà fiero della prodezza come se avesse espugnato un fortezza in guerra); Sara, che non era stata invitata alla festa, decide di chiarirsi con Emilio e gli spiega che lei e la sua ex-moglie erano da sempre innamorate e che questa lo aveva sposato temendo le malelingue del paese, per poi fuggire in Italia da sola; Irma, infine, si mette a parlare: non è affatto muta ma la perdita di un amato torero le aveva tolto la voglia di comunicare. Arriva il giorno del concorso e per tutti – compresa la mucca Luisa, alla quale la nascita di un vitellino farà da rimedio alla depressione – arriva il lieto fine.
Anna Di Francisca, dal suo film d'esordio (La bruttina stagionata) era apparsa come una delle autrici più interessanti del nostro cinema: era chiara la sua capacità di regia ma, soprattutto, appariva come uno dei pochi registi in grado di uscire dallo spazio chiuso del cinema nazionale: i suoi gusti da spettatrice – ma soprattutto il suo talento – sono chiaramente rivolti verso una platea più ampia, almeno europea. Questa vocazione appare non solo dalle scelte estetiche e di contenuto ma dalla capacità di organizzare il film e di governarne appieno il set. Due uomini, quattro donne e una mucca depressa sono la perfetta esemplificazione di questo assunto: il racconto di fondo non è la solita storia di cortile che continua a caratterizzare il cinema italiano (anche il migliore); l'ambientazione spagnola è un naturale portato del racconto e non un furbo espediente per rimediare soldi da un coproduttore; la sua capacità di coinvolgimento, le ha consentito di poter contare su di un cast di grandi nomi internazionali: il serbo-francese Manolovich (attore-simbolo del cinema di Kusturica), i divi spagnoli Verdù, Fernandez, Marull e, in un piccolo ruolo accettato per ammirazione per la regista, Antonio Resines. Anche il cast italiano segnala scelte non banali: da Marcorè che recita in perfetto spagnolo, all'affettuoso ed ironico recupero della Grandi, sino alla coraggiosa e vincente scelta di usare in un ruolo centrale Manuela Mandracchia, bravissima attrice teatrale, pochissimo usata dal nostro ambrangiolinicentrico cinema. Vale lo stesso discorso per il cast tecnico: la fotografia di Duccio Cimatti rende magico il paesino di Boicarent e il montaggio di Simona Paggi tiene il non facile tono di musical/non musical del film, che le belle musiche (in particolare la canzone della finale del coro, allegramente riassuntiva) e le orchestrazioni di Paolo Perna avevano sapientemente preparato. Il film, dopo un ottima accoglienza al Festival di Torino, esce solo ora, a causa di complesse vicende produttive e sarebbe un peccato perderlo.

Antonio Ferraro

Ultima modifica il Domenica, 04 Giugno 2017 15:53

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