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"Borges Piazzolla" con Giorgio Albertazzi e Mariangela D'Abbraccio, regia di Francesco Tavassi, al Tindari Teatro Festival.- di Gigi Giacobbe

Giorgio Albertazzi e Mariangela D'Abbraccio Giorgio Albertazzi e Mariangela D'Abbraccio

C'era la luna piena sul Teatro greco di Tindari la sera del 29 agosto. Che illuminava la chioma bianca di Giorgio Albertazzi e quella nera di Mariangela D'Abbraccio. Alle prese entrambi con gli inconfondibili versi di Jorge Luis Borges e i vorticosi e virtuosi tanghi di Astor Piazzolla, accompagnati entrambi da cinque formidabili musici disposti a semicerchio sulla skené: Vicky Schätzinger (pianoforte), Gianluca Casadei (fisarmonica), Luca Pirozzi (chitarra), Alessandro Golini (violino), Raffaele Toninelli (contrabbasso) che hanno fatto danzare per 80 minuti la mente e il cuore dei numerosi spettatori seduti sui gradoni della cavea. Ruggisce ancora quel leone di Albertazzi nonostante la sua veneranda età, sia pure appoggiato ad un bastone e seduto poi su alto sgabello, avendo a lato la D'Abbraccio di cui non conoscevamo le sue doti di ottima cantante multilingue compreso il francese e lo spagnolo. Certamente uno spettacolo che ha incuriosito chi sconosceva il multiforme pianeta di Borges e che è stato molto apprezzato da chi quel mondo lo aveva letto e assaporato. Merito di Albertazzi per aver opportunamente scelto, in accordo forse col regista Francesco Tavassi, quei versi che meglio inquadravano la vita e l'anima del poeta quando da ragazzo viveva nel quartiere Palermo di Buenos Aires o quando più tardi il tango gli entrerà nelle ossa come un'isola di fuoco o d'un polposo mare. Borges per una malattia agli occhi ereditata dal padre resterà praticamente cieco quando ha 57 anni e resterà in questo stato, senza subire una stasi la sua creatività, sino al 1986 quando morirà a Ginevra all'età di 87 anni, ricevendo tre anni prima a Palermo il "Premio Novecento". Le sue poesie rivelano una tendenza alla riflessione e al lavoro intellettuale della memoria, mentre i suoi racconti come "Finzioni" o "L'Aleph" sono dei labirinti ricchi di simboli come gli scacchi e gli specchi con espedienti che ci rimandano alla tecnica del romanzo poliziesco. "Rinascerò un'altra volta in una sera di giugno con questa voglia di amare..." recitava a viva voce Albertazzi in chiusura dello spettacolo rifacendosi ai versi di Horacio Ferrer tratti da Preludio para el ano 3001, musicata da Piazzolla.

Ultima modifica il Venerdì, 18 Settembre 2015 12:20

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