MACBETH. IN FORMA DI CONCERTO
Versione di Parigi (1865)
Melodramma in quattro parti su libretto di Francesco Maria Piave, da Shakespeare.
Traduzione in francese di Charles Louis Étienne Nuitter e Alexandre Beaumont.
Musica di GIUSEPPE VERDI
Revisione a cura di Candida Mantica sull’edizione critica* a cura di David Lawton
The University of Chicago Press, Chicago e Casa Ricordi, Milano
Personaggi Interpreti
Macbeth LUDOVIC TÉZIER
Lady Macbeth SILVIA DALLA BENETTA
Banquo RICCARDO ZANELLATO
Macduff GIORGIO BERRUGI
Malcolm DAVID ASTORGA
Un médecin FRANCESCO LEONE
La Comtesse NATALIA GAVRILAN
Un serviteur/Un sicaire/Premiere fantôme JACOBO OCHOA
Seconde fantôme PIETRO BOLOGNINI
Troisième fantôme PILAR MEZZADRI CORONA
Maestro concertatore e direttore
ROBERTO ABBADO
FILARMONICA ARTURO TOSCANINI
CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA
Maestro del coro MARTINO FAGGIANI
Parma, Parco Ducale 11 settembre 2020
Festival Verdi 2020. Scintille d'opera
I tre Macbeth di Giuseppe Verdi.
Ha fatto scintille il Macbeth di Giuseppe Verdi, in versione francese che, in forma di concerto, è stato scelto come titolo inaugurale del Festival Verdi 2020, Scintille d'opera, ospitato nella nuova dimensione all'aperto nel Parco Ducale antistante il Palazzo residenza di Maria Luigia d'Asburgo.
Scelta definita e pensata ancora nella programmazione originaria del Festival 2020 da parte di Roberto Abbado nella sua funzione di Direttore artistico, ma che doveva essere allestita in forma scenica e in altro contesto monumentale. In questa emergenza si sono conservati due dei tre titoli preventivati ante epidemia, tra cui l'Ernani, già previsto all'origine nella forma di concerto, ma sul palcoscenico del Regio. In questa stagione endemica, l'appello al "salviamo il salvabile" è stato anche di stimolo alla ricerca di nuovi spazi e di nuovi pubblici. Qui a Parma si sono sperimentati le aree aperto e protette del Parco della Musica al Barsò a giugno per il Rigoletto, e si è approdati in questa fase al monumentale Parco Ducale come alla ricerca di spazi non conformi per il calendario del Verdi OFF. Occorre propiziarsi condizioni meteo favorevoli sperando nella piacevolezza delle temperature di tarda estate e di incipiente autunno.
Alla critica parigina non entusiasmò la versione in francese del Macbeth giunta al Théâtre Lyrique il 19 aprile 1865, tradotto in francese per l’occasione, con alcune importanti revisioni, sia al libretto sia alla musica rispetto alla versione del 1847. La critica d'oltralpe accusava Giuseppe Verdi di aver sfigurato il dramma shakespeariano, già all'origine del libretto italiano. La revisione musicale in lingua francese del Macbeth per Parigi nel 1865, al contrario della Jerusalem e del Trouvère nelle quali Verdi aveva adattato passaggi musicali alla versificazione e al suono della parola francese, fu condotta sul testo poetico italiano, per cui la sua traduzione dei due librettisti francesi è una sovrapposizione letterale senza quindi una modifica della parte ritmica sulla nuova versione. Del resto la versione parigina dell’opera (1865) si esegue regolarmente in lingua italiana, e pochi oggi lo ricordano che essa fu in realtà concepita per essere eseguita in francese, e la prima esecuzione a Parigi avvenne proprio in lingua francese. Verdi era ben consapevole e partecipe di questa scelta, e oggi, per la prima volta da quel debutto del 1865, si può rileggere un testo coinvolgente e sorprendentemente diverso da quello ben noto del libretto italiano. Candida Mantica ha preparato l’edizione critica di questo testo francese sulla base del lavoro precedentemente svolto da David Lawton, mettendo ordine tra una mole imponente di documenti per presentare un testo originale che riflettesse le aspettative di Verdi. Sono note le vicende letterarie che definirono il libretto della versione del 1847 che al nome di Francesco Maria Piave associa quello del poeta e letterato Andrea Maffei al quale si deve la riscrittura di parti del libretto con termini più "stringati e sublimi" e “parole sporche” rispetto all’idea di Piave. Compito arduo quello di ridurre il dramma di Shakespeare nel linguaggio dei libretti d'opera senza perderne il senso dell’intensità drammatica insita nella sua scrittura. Nel 1865 per la committenza parigina, Verdi riprende in mano l'opera assieme a Piave modificandone l'impianto partecipe dei gusti dell'Operà. Le principali modifiche introdotte riguardano la sostituzione della cabaletta di Lady Macbeth del secondo atto, «Trionfai, securi alfine», con l’aria «La luce langue»; la cabaletta di Macbeth del terzo atto «Vada in fiamme» con il duetto tra Macbeth e Lady Macbeth «Ora di morte e di vendetta»; l’inserimento, sempre nel terzo atto, dei ballabili, indispensabili per le convenzioni francesi; inoltre, nel quarto atto, l’introduzione di un fugato orchestrale per rendere l’infuriare della battaglia, durante la quale Macduff uccide Macbeth. Questa versione di Macbeth, ritradotta in italiano e presentata per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano nel 1874, è oggi quella di riferimento, abbandonando del tutto, salvo alcuni recuperi, la versione del 1847.
La versione in forma di concerto della versione parigina, finora mai stata ripresa, scelta da Roberto Abbado, ha dato modo al pubblico, accorso all'evento inaugurale, di concentrarsi in esclusiva sulla parte musicale e sulla resa vocale del cast prescelto. L’attenzione era incentrata sul baritono francese Ludovic Tézier, affermato interprete nel repertorio verdiano, e maestro in quello francese, prescelto come protagonista, l'unico di madre lingua che, con il soprano Silvia Dalla Benetta, chiamata all'ultimo momento, sono stati capaci di delineare una coppia infernale di grande rilievo. L'esecuzione in forma concertata ha permesso di eseguire un lavoro meticoloso sul complesso musicale. Roberto Abbado ha scavato la partitura con la sua consueta finezza, alla ricerca della morbidezza del suono orchestrale facendo riemergere tutte le sottigliezze emotive e psicologiche della partitura verdiana e del protagonista, accentuando singole parole, frasi, accenti, altalenanza dei sentimenti tra spavalderia ostentata e altera con i momenti di smarrimento e ripiegamento interiore, terrore e abbandono e rimorso che hanno caratterizzato l'interpretazione di Tézier. Accanto, Lady Macbeth di Silvia Dalla Benetta, arrivata in corso di settimana in sostituzione della collega indisposta, si è buttata subito nella parte in francese con estrema intuizione, pratica anche del ruolo per averlo debuttato lo scorso autunno nel circuito Lirico Lombardo. Il soprano possiede tutta la gamma di estensione che Verdi ha previsto per il personaggio, agilità e fraseggio, oltre gli schemi del belcanto, quella voce "brutta", ricca di chiariscuri, che richiedeva Verdi alla Barbieri Nini, prima Lady a Firenze nel 1847, come la denota in una lettera a Salvatore Cammarano del 23 novembre 1848 "io vorrei Lady Macbeth brutta e cattiva…voce senza artifici, ... io vorrei in Lady una voce aspra, soffocata, cupa.. vorrei che avesse del diabolico", prescrizioni alla quale il soprano Dalla Benetta si adegua nella misura in cui adatta il suo canto allenato al belcanto alla vocalità richiesta, al fraseggio armonico della lingua d'oltralpe e senza ostentare l’andata alla ricerca di altre agilità non richieste in questa fase di lettura. Anche perché si avverte nella gestione musicale di Abbado una limatura delle asprezze vocali, la ricerca del declamato melodico, la ricerca della trama sinfonica che connette l'azione drammatica, la struttura scenica che si costruisce su una condotta agile e naturale delle voci. Macbeth non è un'opera di arie e cabalette, Verdi fa saltare lo schema recitativo, aria e cabaletta e le idee melodiche si susseguono secondo la struttura del dramma, senza forme prestabilite, che nella versione parigina vengono amplificate. Impostazione chiara il cui risultato non era scontato, come quello di far giungere il suono alla platea all'aperto visto l'utilizzo dell'amplificazione attenendo alla fine il risultato di una omogenea diffusione dell'audio per tutta la vasta platea (1000 spettatori). Nel contempo la riproduzione determinava una diffusione su più livelli delle compagine musicale, con la percezione del coro più arretrato, orchestra che fungeva da sostegno, e le voci che dominavano ma senza sovrastare il tutto. E questo ha permesso di cogliere le sottigliezze interpretative del complesso delle sfumature della partitura verdiana a confronto con i modelli dell'opera d'oltralpe. Il successo della serata è stato condiviso dal restante cast che comprendeva la malinconica e solida interpretazione del Banquo di Riccardo Zanellato, dal Macduff virile e incisivo di Giorgio Berrugi, con la sua aria "Mes fils, mes fils chéris" affiancato nell'atto finale dalla baldanza del Malcolm di David Astorga. La dama, Comtesse qui, ha la voce sicura di Natalia Gavrilan, così come quella del giovane medico, Francesco Leone. Prezioso anche l'apporto di Jacobo Ochoa come servo della lady, sicario e prima apparizione assieme alla seconda affidata alla voce adolescenziale di Pietro Bolognini e poi quella più diafana e infantile di Pilar Mezzadri Corona. Interessante l'inserimento con voce registrata della lettura della Lettera di Macbeth nel primo atto, come l'entrata, piccola trovata scenica, in corso di esecuzione di Lady nel 4° atto. Coro efficace diretto da Martino Faggiani nella componente femminile che ha definito il complesso delle scene delle streghe, e nell'assieme, lo struggente Patria oppressa " O patrie! Ô noble-terre". Conclusione fra gli applausi, quasi liberatori, per questa inaugurazione del Festival Verdi, cercata e fortemente voluta appena si è aperta stata la possibilità della ripresa delle attività. Non si è sentita la mancanza dello spazio del Teatro Regio, mancheranno forse le folkloriche polemiche del loggione parmense, ma forse si è recuperato l'essenzialità della musica e dell'ascolto.
Federica Fanizza