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Festival della Commedia dell'Arte Cracovia - 2014

Commedia dell'Arte Commedia dell'Arte

Tra le cose che gli stranieri ci invidiano, oltre al parmigiano, al prosciutto crudo, alle belle scarpe... c'è anche la commedia dell'arte, un fenomeno che per noi è storia e vita, per gli altri - fascino e mistero. Forse in questo sta il successo che il Teatro Studio Dono (fondato dalla coppia Agnieszka Cianciara-Fröhlich e Jonathan Fröhlich, con alle spalle nutrite esperienze in stage e scuole internazionali di mimo e commedia dell'arte) raccoglie ormai da anni a Cracovia, invitando un pubblico sempre più incuriosito a esplorare i segreti racchiusi nello scrigno di tale tradizione.

Unendo in uno spassoso sodalizio Goldoni, Molière, Gozzi e quant'altri, si producono in questa piccola e operosa officina testi che intrigano per la sorpresa delle trovate e il marchingegno dell'alternarsi delle maschere, che puntano alla macchiettistica esagerazione allo scopo di disegnarsi specialmente agli occhi di chi le regole della commedia dell'arte le conosce poco o niente.
Il tutto nelle mani di tre soli attori veramente di alto livello (i Fröhlich e Łukasz Łęcki) sa dell'incredibile, specie per il tempismo con cui gli interpreti cambiano i ruoli impersonando figure diametralmente opposte, con elasticità e abilità non comuni - un bravo anche agli autori di scenografie e costumi (Danuta Skołucka e Ludwika Gorgoń) che rispecchiano alla perfezione i canoni della convenzione dell'arte.
Quello che colpisce in questi spettacoli è la precisione dell'impreciso, la scrupolosa previsione di ogni passaggio che sembra quasi contraddire la norma di questo genere teatrale che punta all'improvvisazione rifuggendo la tentazione del definito. La pura estemporaneità assume qui il sapore dell'eccezionalità che comunque ben si sintonizza col gioco pianificato.
Il tessuto artistico non lascia agli attori grandi spazi per libere performance, in quanto ogni espressione viene supportata o seguita dalla immediata o indiretta traslazione nella lingua e nel contesto culturale familiari allo spettatore – conditio sine qua non per evitare di aggiungere all'abbondanza dei già non pochi equivoci scenici ulteriori e non voluti fraintendimenti.
I motivi e gli argomenti sono scontati ma non importa. Raggiunto l'effetto divertimento, è facile perdonare il ritorno a temi già proposti, a espressioni già viste, ad accenti noti. Le maschere, lo sappiamo, sono poi sempre quelle e dalla prima se ne possono intuire le successive macchinazioni. Il gioco alla fin fine risulta semplice e accessibile anche per chi ne è a digiuno.
I Giorni della Commedia dell'Arte (V edizione) sono per l'appunto il pretesto per avvicinare soprattutto i non habitué: oltre a uno stage e convegno sul tema con esperti del settore, sulla microscena di via Lwowska due rappresentazioni: l'una dal repertorio – La vicina di casa e l'altra in prima – Padrone e Servo, ovvero chi troppo vuole nulla stringe, a testimoniare che un'arte antica cinque secoli ha ancora oggi una potente e frizzante vitalità.
"Si tratta di un teatro d'epoca, non contemporaneo, recitato secondo le regole del XVI secolo e conservatosi intatto nella sua struttura. Tuttavia le maschere, il caratteristico movimento e la maestria degli attori raccontano la nostra cultura più di qualunque altro spettacolo realistico" – sottolinea con determinazione la troupe dello Studio Dono presentando il progetto di promozione e divulgazione della conoscenza della commedia dell'arte.
In questo, a nostro avviso, sta la chiave che inibisce il maledetto processo di conversione dell'antico in desueto, del bello in kitsch, del formativo in degenerativo: nella determinazione a suscitare l'interesse per un etno-prodotto di non facile reperibilità puntando sulla qualità; nella consapevolezza di sfidare un mercato saturo di brutalità offrendo sulla base di una modesta reclamizzazione passa-parola la garanzia di due ore di sano divertimento – cosa che oggi come oggi non ha prezzo.

Gabriella Buzzi

Ultima modifica il Sabato, 24 Maggio 2014 11:02

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