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LA COINCIDENZA DELLE DIVERSITA' - DUE DRAMMATURGIE DI SIMONA SEMENIC. -di Maria Dolores Pesce

Simona Semenič Simona Semenič

I, the Victim, traduzione in italiano Martina Parri, regia Simona Semenič,
con Valentina Lodovini, disegno luci Janko Oven, produzione Mesto Žensk – Città delle donne.
Visto alla Sala Mercato di Genova Sampierdarena 6 novembre 20223

The Second Time, traduzione in italiano Martina Parri,
regia e interpretazione Simona Semenič, ideazione e design visivo, disegno luci Andrej Petrovčič, produzione Mesto Žensk – Città delle donne.
Visto alla Sala Mercato di Genova Sampierdarena 7 novembre 2023

Il termine “coincidenza”, che apre il titolo quale composizione delle “diversità”, va inteso sia nel senso della apparente, possibile o probabile sovrapposizione, sia soprattutto in quello, junghianamente significativo, di occasionalità contingente che lampeggia nella tempesta delle nostre esistenze.

Emerge, dunque, da questa doppia drammaturgia, o meglio drammaturgia in due tempi/momenti, che in questo scenario le diversità in fondo non sono che le tessere che vanno a comporsi nel mosaico, il più delle volte inconsapevolmente o per etero-direzione e imposizione, di ogni identità, singolare non solo, ma per di più collettivamente condivisa, una identità che non è, di conseguenza, data e predefinita, cioè semplicemente da esprimere e raccontare, ma va costruita e man mano ricomposta, e la scrittura è vista come il mezzo più efficace per farlo, o quanto meno per tentare di farlo.

Così nel primo tempo (I, the victim) o atto (in quanto agito) di questo interessante spettacolo, questa (o quella chissà?) identità è appunto ricomposta attraverso la narrazione dei sintomi o le manifestazioni di una e più malattie, i quali sintomi sono, al di là della stessa soggettività esistenziale, la metafora (soprattutto nella quasi feroce rappresentazione della epilessia) di una condizione umana sempre più dissociata e deiettata nel mondo (“una ambulanza con 6 miliardi e 700 milioni di trasportati” così definita dall'autrice stessa nel testo).

Nel secondo (The second time) atto invece, l'identità così configurata nella scrittura scenica viene latamente rivendicata proprio attraverso la sua speculare drammatizzazione, peraltro non temporalmente in successione ma in fondo custodita come una eco, in una sorta di sospensione circolare del tempo.

valentina ludovini
Valentina Lodovini

La 'persona' Simona Semenic è infatti, ora, narrata dalla 'drammaturga' Simona Semenic che può così riappropriarsi della sua composita identità (in consapevole accettazione quasi in kierkegaardiana scelta) nella narrazione frontale che ne fanno le sue parole rilette (e recitate perchè così impone l'estetica della rappresentazione) dai testimoni/pubblico accolti e ospitati, come del resto nel primo tempo, sul palcoscenico.

Così le stesse diversità, non necessariamente di genere e non specificatamente femminili, possono essere catarsi capace di riscattare l'individuo e insieme il mondo.

È, l'insieme di ogni singolo momento scenico, una esemplare prova di drammaturgia della parola, nel corso della quale la 'forma' del teatro cosiddetto di narrazione si trasfigura in un evento esteticamente pluridimensionale, per lingua e sintassi, in delicato ma mai precario equilibrio tra autobiografia e rappresentazione del mondo.

Un risultato scenico, agevolato anche da una bella traduzione, frutto tra l'altro dell'uso quasi sfrontato, ma talora 'commosso' dello scandalo (in un certo episodio quasi introiettato nella drammaturgia medesima) che crea spesso un profondo spaesamento, innestato anche da una struttura a trabocchetto, seguendo la quale dapprima siamo condotti su un falso ed interrotto sentiero, su heideggeriani Holzwege, e poi improvvisamente risvegliati nella realtà del tempo e del momento, entrambi in ripetuta sovrapposizione e in continuo slittamento.

Il palcoscenico inoltre è sostanzialmente una scenografia di persone, organizzata, tra sedie che fronteggiano una specie di sgabello podio, come una sala di conferenze ed anche questo è un elemento importante di distanziamento e ironica alienazione.

Cui si aggiunge un altro segnale assai significativo; se nella prima parte infatti la protagonista (la persona Simona Semenic) è stata interpretata dalla brava e molto applaudita Valentina Lodovini, nella seconda in scena è salita la drammaturga Simona Semenic che, muta, si è esposta con coraggio estetico e anche sofferenza alla forza della sua stessa parola, e stavolta il pubblico è rimasto come basito e scosso tanto da stentare, se non nella immersione psicologica, almeno nell'attivazione del suo stesso applauso.

Sono drammaturgie anche per questo essenziali, per il sapiente loro essere scandalose (proprio in quanto etimologico inciampo nel nostro cammino) senza essere respingenti, per la capacità di sorprendere e dunque scuotere un pubblico, come rischia di essere non solo quello italiano, che tende ad adagiarsi (che sia nella tradizione o sia nel consueto fa poca differenza).

Meritano a mio avviso, sia la drammaturgia che la drammaturga, l'attenzione che stanno raccogliendo in Europa e nel mondo (è tradotta in molti paesi ed in altrettanti rappresentata), una attenzione che speriamo contagi anche il nostro paese, e per questo la scelta del Festival dell'eccellenza al Femminile, che le ha proposte, e quella del Teatro Nazionale di Genova, che le ha ospitate, sono encomiabili.

Maria Dolores Pesce

Ultima modifica il Lunedì, 04 Dicembre 2023 21:38

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