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FERRARA: Post-MEMORIA desaparec(s)ida - Rassegna multidisciplinare dedicata alla memoria collettiva e ai percorsi contemporanei contro impunità e ingiustizia tra Italia e Sud America

Teatro Nucleo, Contra Gigantes. Foto Daniele Mantovani Teatro Nucleo, Contra Gigantes. Foto Daniele Mantovani

Post-MEMORIA desaparec(s)ida
Rassegna multidisciplinare dedicata alla memoria collettiva e ai percorsi contemporanei contro impunità e ingiustizia tra Italia e Sud America.
Un progetto di Teatro Nucleo e associazione 24marzo onlus
Direzione: Horacio Czertok, Cora Herrendorf, Jorge Ithurburu
Teatro Julio Cortàzar, Ferrara dal 22 al 24 marzo 2019

Visitato sabato 23 marzo

I Giganti sono dappertutto. Della montagna o dei mulini a vento. In dittatura o in democrazia. Se il nobile cavaliere errante è in grado di puntare con precisione la propria asta quando c'è una tirannia, benché in questo caso la lotta si traduca in un corpo a corpo con il terrore e con il sangue, in democrazia è probabile che lo sguardo s'appanni, sangue e terrore diventano spettacolo, e il cavaliere è tenuto a mantenere lo sguardo sgombro e impervio. Il Teatro Nucleo ha conosciuto entrambe le incarnazioni dei Giganti: quella più terribile, nell'Argentina dei militari, che dal 1976 al 1983 sopraffecero ogni esperimento di democrazia con la persecuzione e la tortura; quella più benevola della nostra società libera e spettacolarizzata, che consente a ciascuno di scegliersi i propri mulini a vento, ma ne congegna anche la dura gabella. Nel 1978 Ferrara accolse il gruppo argentino esule, portatore di una pratica artistica debitrice di Stanislavskij, Mejerchol'd e dello psicodramma di Romero, e fu scenario della ricostruzione di un'identità artistica che era stata minacciata dai militari, insieme all'incolumità degli stessi membri del gruppo. Ma già il luogo stesso in cui il teatro allora prese dimora si configurava come uno spazio di speranza ben all'altezza della grande apertura dei tempi: il 1978 è anche l'anno della legge Basaglia e il Nucleo si insedia nelle sale del manicomio aperto della città estense. Oggi il gruppo lavora a Pontelagoscuro, un quartiere di Ferrara sulle rive del Po, in un ex cinema ristrutturato a teatro: con una facciata che è come un fondale teatrale dipinto a murale, dove i personaggi dei numerosi ed esplosivi spettacoli della compagnia arrampicano con trampoli, ammiccano con maschere. Qui è ospitata la tre giorni dedicata ai Desaparecidos, le vittime dei regimi di Videla e Pinochet, nell'anniversario del colpo di stato argentino, il 24 marzo del 1976. Uomini e donne con l'unica colpa di lavorare per una società a misura d'uomo e non di denaro, libera e non serva, venivano imprigionati, torturati e poi fatti scomparire. Nessuno doveva sapere. Le testimonianze di giornalisti e di avvocati impegnati ancora oggi nella ricerca della giustizia si avvicendano nella sala di via Ricostruzione. Sono momenti toccanti, specie nella rievocazione della figura di Omar Venturelli, ex sacerdote e professore, torturato e desaparecido, di cui viene letto uno scritto potentemente ispirato. Il sacerdote era stato in prima linea nella battaglia per restituire dignità e terre agli indios Mapuche, ma sospeso a divinis dalla chiesa all'indomani del golpe è sulla lista di quelli che si devono presentare alla polizia per accertamenti. Si consegna spontaneamente in caserma, e da quel momento se ne perdono le tracce. Lo raccontano la figlia Maria Paz, che ora vive a Bologna, e la voce di Alessandro Leogrande, il grande giornalista da poco scomparso, in una trasmissione radiofonica sul calvario del sacerdote che ascoltiamo nella sala oscurata.
Più sottilmente urente è la mostra fotografica "Ausencias" di Gustavo Germano, allestita da Walter Calamita, ospitata ai piani superiori del teatro. Priva di enfasi, spolpata di ogni retorica allinea grandi pannelli accoppiati che per ogni soggetto o gruppo ritratto raccontano il "prima" e il "dopo" golpe. Una sorta di "com'eravamo" avvitato sulla consapevolezza dolorosa di un'immedicabile sottrazione. Prima: scatti in bianco e nero di giovani sorridenti in interni o esterni. Dopo: nella riscostruzione della stessa inquadratura, a colori, 40 anni dopo, i sopravvissuti, quasi nella stessa attitudine della foto più antica. E la differenza negli sguardi e nelle espressioni, gli scavi del dolore sui visi; e i vuoti, i corpi mancanti, che l'immagine fa scaturire, per confronto e a contrasto, come in un urlo silenzioso, dentro l'inquadratura, sigillo degli assenti. Uno degli avvocati durante l'incontro cita lo sprezzante giudizio dei militari sui familiari che si mettevano alla ricerca dei resti dei propri cari: "chi cerca le ossa è un cane". Paragonare Antigone a un cane...
Un intermezzo di letture poetiche di autori desaparecidos per le voci di Natasha Czertok e Patrizia Dughero con le musiche dal vivo dell'Accademia Flauto & Variazioni prelude all'ultimo appuntamento della giornata, lo spettacolo "Contra Gigantes" di Horacio Czertok. Il punto di partenza è il Don Chisciotte di Cervantes, che aveva dato luogo a uno spettacolo memorabile del Nucleo. E che, racconta Czertok in avvio, non ha più potuto abbandonare la sua immaginazione d'attore, dando poi origine a quella che si configura come un'affabulazione sul senso politico, profondo, della figura di Chisciotte stesso, certo, ma anche sul romanzo visto come atto di ribellione cifrato; una costruzione narrativa che sotto la vernice del classico nasconde una resistenza d'artista ai valori della società dell'epoca. I piani del racconto scivolano uno nell'altro e vediamo di volta in volta l'attore-autore, a piedi nudi e con un abito che cita ironicamente la moda del secolo XVII, con spiritato vigore convocare e interrogare i suoi personaggi, assegnandone l'apparizione a zone determinate del grande spazio vuoto della scena: lo stesso Miguel De Cervantes, il cavaliere errante inastato, il tentennante Sancho, il tutto reso con rapidi accenni posturali, come abbozzando figure a carboncino che sfumino una nell'altra in un movimento serpentino e saltellante; un tourbillon fisico di ferina efficacia, un personalissimo scavo nel testo di Cervantes al servizio di una necessità poetica radicale "contra gigantes". Ogni vero artista, in fondo, si confronta con la ricerca delle ossa e della verità. E se Antigone è un cane, è un cane di Dio.

Franco Acquaviva

Ultima modifica il Mercoledì, 03 Aprile 2019 20:46

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