giovedì, 18 aprile, 2024
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VERBANIA - SI FA TEATRO DI "PERFORMANCE ART" CON RESIDENZA AGLI ARTISTI CREATIVI. -di Mario Mattia Giorgetti

“Black Hole” di Shamel Pitts con Mirelle Martina, Tushrik Fredericks, Joy-Marie Thomspon “Black Hole” di Shamel Pitts con Mirelle Martina, Tushrik Fredericks, Joy-Marie Thomspon

VERBANIA -
Si fa teatro di "perfomance art"
con residenze agli artisti creativi

Prima occorre fare una premessa.
A Verbania, tranquilla cittadina che si affaccia sul Lago Maggiore, pulsa l'amore per il teatro.
Da meno di un anno, hanno costruito, grazie ad all'architetto spagnolo Salvador Perez Arroyo, il Teatro "Il Maggiore", centro di eventi multifunzionali, a forma futuristica di grande sasso grigio levigato; messo in piedi ispirandosi ai massi che popolano il Lago, un teatro di circa 500 posti, già in funzione con un'articolata programmazione di teatro commestibile.
Ma quattro anni fa, da una idea di Antonella Cirigliano, direttrice dell'Associazione Lis e Lab, insieme a Tommaso Sacchi, in veste di curatore, nasce Cross Project che sviluppa attività di produzione, formazione e promozione delle arti performative contemporanee, puntando su progetti che prediligono l'interdisciplinarietà, con una particolare attenzione al territorio, mettendo in campo: Cross Festival, Cross Award, Cross Residence, di cui più sotto ci occuperemo.
Il lavoro, per cui è nato Cross Project, è finanziato dalla Fondazione del Piemonte e dal Comune di Verbania; e le "residenze teatrali" devono avere, giustamente, un rapporto intrigante con gli artisti e col territorio.
Quest'anno Cross ha agito alla grande: residenze a tre compagnie, su una selezione di 200 domande provenienti da tutto il mondo, che hanno avuto dimora per presentarci, nei 15 giorni loro offerti, il risultato dei loro progetti sul versante delle "performance art".
Si deve sapere che avere per 15 giorni tre compagnie in carico, significa offrire loro un cachet per la produzione del prodotto e l'ospitalità con tanto di vitto e alloggio.
Quindi un bello sforzo economico, un atto di grande responsabilità poiché investe nella creatività di giovani artisti che hanno voglia di esprimersi, giocando a intrecciare nella ricerca i linguaggi della comunicazione: danza, parola, gestualità, azioni pantomimiche, suoni, immagini dal vivo, proiezioni, e chi più ne ha più ne metta.
Questi progetti teatrali, poiché hanno rapporto col pubblico, vengono collocati in una insolita categoria: "performance art"; progetti che non superano i 25/30 minuti di esibizione in vari spazi: a volte palcoscenici, a volte in sale adattate all'uopo, i cui contenuti vengono sviluppati con una creatività innovativa, a volte chiara, a volte criptica, a volte costruttiva, a volte demolitrice.
È un rischio che bisogna correre quando ci si avventura su nuove strade dell'arte. È quello che hanno cercato di fare Antonella Cirigliano, Tommaso Sacchi, abili all'eloquio, prima di aprire al pubblico, circa una cinquantina di addetti ai lavori e giornalisti, ai progetti, e poi nella giornata successiva in una lunga tavola rotonda che ha visto la presenza dei partecipanti che si sono interrogati su modalità da approfondire di tempo, di approcci, di rapporti con il pubblico, eccetera.
E ora la cronaca dei tre eventi.
Appuntamento alle ore 15,30, nel Giardino della Casa Elide Ceretti, pittrice che ha lasciato in eredità al Museo del Paesaggio, sia la Casa sia il capannone attiguo, che abilmente ristrutturato, è stato messo a disposizione per due eventi.
Al primo evento, "Black Hole" di Shamel Pitts, tutti sono stati ammessi, sia su sedie, sia seduti per terra ai lati dell'area in cui la Compagnia, formata dalla brasiliana Mirelle Martina, dal sudafricano Tushrik Fredericks, dalll'americana Joy-Marie Thomspon, ha dato luogo alla performance.
Abbiamo visto disposto sul pavimento un grande manto nero di plastica su cui venivano proiettati tanti punti di luce "ballerini"; poi su musica monotematica sono usciti i tre interpreti che hanno dato luogo a un rito di danza dai movimenti primitivi, squilibrati, per poi comporsi a formare bellissimi quadri, con forte espressività sui corpi, sui volti, e dopo una lunga esibizione ricca di variazioni sono rientrati sotto il telo nero, per riemergere col telo usato come vestizione dei tre soggetti, dandogli un valore simbolico e carismatico.
Anche se noi abbiamo avuto il sospetto che si trattasse di una performance già collaudata in altri tempi e spazi, troppo maturi e armoniosi con una tecnica sonora troppo elaborata per essere il frutto di studio di 15 giorni, il pubblico ha applaudito a lungo i tre artisti, provenienti dall'America.

cross 02

Poi, alle 16,30, il pubblico è stato diviso in due gruppi: metà fuori ad aspettare e l'altra metà ammessa alla perfomance della Compagnia italiana AjaRiot (Perfoming Arti Collective, composta da Isadora Pei, Camilla Soave e Federica Guarragi), che ha agito in uno spazio ridotto, dove solo tre sedie erano riservate al pubblico e il resto del pubblico seduto per terra. Fortuna che i presenti erano tutti giovani che se lo potevano permettere.
Il progetto **D.A.K.I.N.I studio I** a cui abbiamo assistito si preannunciava così:
"Un cataclisma ha devastato il pianeta; le donne sono scomparse e vige un,oligarchia maschile che crea dei biocyborg dalle fattezze femminili atte al loro compiacimento sessuale e alla riproduzione e generazione di feti solo maschili. Ogni 15 anni i loro corpi vengono smantellati e riassemblati e le loro menti e memorie vengono resettate. Una perfomance multidisciplinare e transdisciplinare di teatro fisico e teatro danza, video-proiezioni, fotografie, interviste, commistione di musica antica e musica elettronica, sperimentazioni sonore, che indaga e fa dialogare i temi dell'intelligenza Artificiale con le teorie contemporanee".
Al di là dei bei propositi, quello che a noi è arrivato è stato un gran lavoro delle tre interpreti che si alternavano tra il lavoro d'interprete nello spazio scenico e manovratrici degli strumenti disposti dalla parte del pubblico, assai numerosi: computer, pile elettrice, proiettori, luci, regolatori di tensioni, regolatori di suoni; una vera centrale di regia che veniva mossa con grande abilità come se facesse parte di uno spartito vero e proprio.

cross 03

Alle 18.00, dopo una lunga marcia a piedi, trasferimento al Teatro Il Maggiore, dove in una saletta adiacente, si esibiva la Compagnia teatrale con base a Milano Phoebe Zeitgeist, formata da Francesca Frigoli, Daniele Fedeli, Chiara Verzola, regista Giuseppe Isgrò, drammaturga Francesca Marianna Consonni, batteria e vibrafono Elia Moretti.
Cosa ci hanno proposto? Il titolo è "Aspra" che ha messo insieme "testi al limite dell'udibile che faccia detonare la potenza immaginabile di queste parole".
Parole di Eva Peron, di Copi, di George Bataille, Rainer Werner Fassbinder, Majakovskji, Yukio Mishima, Pier Paolo Pasolini.
Il regista Giuseppe Isgrò, che si è dilettato a creare immagini significative, però, secondo noi, consegnando le parole a una amplificazione esasperata, non ha ottenuto il risultato che si era prefissato. Mentre l'idea di accostare questi autori rifiutati, ridotti a folli, a drogati, a esuli, a emarginati o a suicidi mentre erano ancora in vita, aveva un grande fascino drammaturgico, ci avrebbe maggiormente coinvolti con le loro parole dette dal vivo, senza l'intrusione del microfono che amplifica e distorce.
All'indomani tavola rotonda, dove sono stati sollevati molti interrogativi su cui gli addetti alle perfomance art dovranno dare significative risposte.

Mario Mattia Giorgetti

Ultima modifica il Domenica, 21 Ottobre 2018 21:58

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