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LONDRA, stagione teatrale 2016: primo spettacolo teatrale con tecnologie biauricolari di Simon McBurney, prima mondiale di Caryl Churchill e dagli USA il lavoro di August Wilson sull'identità afro-americana.-di Beatrice Tavecchio

Linda Bassett, Deborah Findlay, Kika Markham e June Watson in “Escaped Alone”, regia James Macdonald. Foto Johan Persson Linda Bassett, Deborah Findlay, Kika Markham e June Watson in “Escaped Alone”, regia James Macdonald. Foto Johan Persson

Escaped Alone (Fuggita da sola) di Caryl Churchill
Prima al Royal Court Theatre, 21 gennaio-12 marzo 2016.
E' il secondo lavoro rappresentato nel giro di tre mesi, della settantenne drammaturga. ll "Financial Times" la descrive come "una delle voci più influenti ed originali del teatro moderno" esternando una verità di cui tutti sono consapevoli nel mondo del teatro e in quello letterario. Perchè il suo modo di scrittura ha abbattuto barriere e originato nuovi percorsi. Il suo taglio di composizione di dialoghi e scene, coreografa un affresco drammaturgico unico.
Escaped Alone è un dialogo tra quattro amiche ed una vicina di casa, ultra settantenni, nel giardino di casa, in un pomeriggio d'estate. Dalle didascalie risulta che i dialoghi non avvengono in un solo pomeriggio, ma in diversi, ma sono però continui. Questi sono interrotti da monologhi surreali di catastrofi avvenute.
Il tutto potrebbe essere un lungo poema nel suo miscuglio di domesticità ed epicità. Ma diversamente da quanto accade nel poema di Dylan Thomas che è lineare, qui le voci dei quattro personaggi e dei monologhi prendono vita dal loro essere essenzialmente scritte per il teatro. E solo nel teatro, i personaggi vivi con la musicalità delle voci, che si intrecciano e si sovrappongono, creano una continuità che non avviene per continuazione temporale e spaziale ma per connessioni interpretative e associazioni di pensiero. Difatti il copione è più difficile da seguire della rappresentazione scenica. In effetti il taglio delle frasi ed il loro modo di composizione riflette l'andamento della comunicazione tra esseri umani. A volte manca il soggetto, a volte soggetto e verbo sono saltati a piè pari, a volte il complemento oggetto, a volte altri complementi. Le frasi sono spezzate perché sono immediatamente 'capite' e riprese dagli altri personaggi che proseguono il dialogo con lo stesso andamento.
La conversazione in un giardino d'estate è naturalistica quindi. Ma siamo ben lontani dal naturalismo di Checov per Il giardino dei ciliegi, per esempio. Qui è un naturalismo tutto nuovo, consapevole degli studi sul linguaggio e sulla comunicazione che hanno aperto il campo semantico dall'inizio del secolo scorso in poi.
A questo si unisce in Churchill la capacità di unire l'elemento comico e quello tragico, o di farli interagire. Nella domesticità del giardino le donne parlano del più e del meno: i negozi che ora non ci sono più, di programmi che hanno visto, di gatti e di uccelli, che si mescolano e sintetizzano la loro personale paura o fobia: la paura di gatti, l'omicidio del marito, la paura del futuro, la rabbia. Fanno da contrappunto i monologhi, recitati dall'eccezionale Linda Bassett, che impersona anche la vicina: Mrs. Jarrett. Questi su frane, inondazioni, incendi, malattie, sono grotteschi, cioè uniscono alla loro tragica sostanza degli elementi comici. Dettati da un'immaginazione surreale, risultano incredibili, ma non del tutto perché sono accostati velocemente e saltuariamente a degli elementi comici del tutto credibili che li riportano a misura nostra e dei nostri tempi. Come ad esempio: "...i sopravvissuti furono internati per non aver documenti di viaggio. Il tifone andò sempre più in alto e le famiglie nauseate dal volo prendevano foto selfies nel caso avessero potuto scambiarsele. Animali domestici piovevano dal cielo. Un gattino divenne famoso." fino alla distruzione totale coi governi che patteggiano con gli alleati per distruggere vicendevolmente le loro capitali, fino all'annientamento del plancton.
Come si vede espressi riferimenti politici non ci sono, ma le associazioni rimangono a mezz'aria.
Brave le attrici di questa incredibile polifonia: oltre a Linda Bassett, Deborah Findlay, Kika Markham e June Watson dirette da James MacDonald.

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Ma Rainey's Black Bottom di August Wilson, regia di Dominic Cooke, scene di Ultz.
National Theatre, Lyttelton Theatre, 26 gennaio-18 maggio 2016

Dopo la protesta a Hollywood di Michael Moore, Spike Lee, Jada Pinkett Smith, George Cloony e di altri personaggi del cinema che hanno per il secondo anno consecutivo deprecato la nomina di soli attori e cineasti bianchi per gli Oscar dell'Academy, ignorando quelli di colore, protesta a cui si sono uniti voci dello spettacolo in UK, fa piacere constatare che il programma del Teatro Nazionale dà dovuto rilievo agli artisti ed alle tematiche di colore.
Infatti la stagione teatrale al National offre due importazioni USA su temi di identità afro-americana: Ma Rainey's Black Bottom di August Wilson, e anglo-africana: Les Blancs di Lorraine Hansberry, la più giovane drammaturga di colore americana, in scena dal 22 marzo.
August Wilson (Pittsburgh, USA,1945- 2005) è il primo drammaturgo che con successo ha portato sulle scene di Broadway, Seattle, Boston, Pittsburgh, Chicago, Los Angeles e Washington, la storia, la lingua e la cultura afro-americana. Dal trauma della schiavitù la sua produzione drammaturgica tocca la transizione da cosa a persona in Joe Turner's Come and Gone (1988), la lotta per l'asserzione della propria individualità in Ma Rainey's, il dilemma se abbracciare o rifiutare il proprio passato da schiavo in The Piano Lesson (1990). Il problema di identità e di spinosa adozione dei valori borghesi ricorrono in Fences (1987), mentre nel suo ultimo lavoro Radio Golf (2005) Wilson tratta per la prima volta della classe media borghese nera e pone la domanda se la tradizione afro-americana verrà persa con la piena integrazione.
Ma Rainey's scritto nel 1984 mette in scena la registrazione della canzone Black Bottom, il blues più famoso della cantante Gertrude Rainey (1886-1937) "Madre dei Blues" che adottò e rese popolare la nuova musica derivata dall'incontro dei gridi improvvisati e ripetuti dei campi di cotone, pieni di malinconia e di ironia, con la musica della città. G. Rainey preferì girare con la sua compagnia nel profondo Sud e Wilson mette in scena i presunti dissensi tra lei e il suo trombettista che vorrebbe arrangiare il motivo secondo i nuovi ritmi di jazz provenienti dalle città del Nord. Questo l'argomento portante che in effetti risulta secondario allo scambio di opinioni tra i membri del complesso musicale che dibattono temi di identità afro-americana: che cos'è, in cosa consiste questa identità, come mantenerla, e che comprende temi così pratici tali il come vestirsi o all'opposto il dibattito sul Dio che non aiuta, perché è un Dio bianco. Come si vede temi che già nel 1984 erano presenti nel lavoro di Wilson e che riaffioreranno e saranno dibattuti più a fondo nei suoi lavori futuri. Ma il dono di Wilson è la sua capacità di riprodurre una tradizione orale di cultura afro-americana che trova espressione nel raccontare l'immaginario fantastico e colorato della tradizione e nell'uso del linguaggio popolare. Wilson che ha trovato il suo modo di scrittura dopo aver sentito un blues della cantante Bessie Smith, ha asserito: " Ho sempre pensato che per creare arte dovevo cambiare quel modo (tradizionale) di espressione". "Ora, mi mancava la lingua della strada e volevo preservarla. Mi mancavano quelle persone e le ho create", "potevo sentire la loro musica".
Quindi sulla scena il contenuto è presentato attraverso la narrazione di storie, di racconti sentiti o vissuti, calati nella metafora, per cui il pentolone di stufato di carote, patate, cipolle, carne e frattaglie, diventa il grande calderone della cultura africana, che sempre rimane presente e che per Wilson, ed è il suo messaggio più volte reiterato, deve rimaner presente come fonte e retaggio di una tradizione unica. Sessioni di blues, canzoni, giochi di carte, le belle scarpe bianche appena comprate, passi di danza, provocazioni, insulti, rappacificazioni e un'uccisione finale si rincorrono con la prima storia della registrazione a congiurare un'atmosfera ed un'effervescenza riconoscibili come uno spezzato di vita afro-americana. Tra gli eccellenti gli attori si distinguono Lucian Msamati, Giles Terera e O-T Fagbenie.
E' un bel pezzo di teatro, per spettacolarità e contenuto, ma nella Londra del 2016 ci si può chiedere se questi sono i temi in cui la comunità giamaicana e africana si riconoscono ora. Problemi anglosassoni come il fermo di polizia che colpevolizza più i neri dei bianchi, le lotte tra le diverse bande di gangsters, l'accesso a posti di lavoro, ora nel campo dello spettacolo, sono sui media.
Il problema dell'identità è ancora sentito o la comunità è ora riuscita ad attestarsi come un'unicità che non ha più bisogno di dire quello che è, perché lo è già?

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The Encounter (L'incontro) diretto e impersonato da Simon McBurney. Barbican Theatre 12 febbraio-6 marzo e poi in tournée a Manchester, Atene, Brighton, Oxford, Vienna, Olanda, Montpellier e Lione (23-25 giugno).

La Compagnia internazionale Complicité, diretta da McBurney, abbatte un'altra parete, un'altra difficoltà che la divideva dalle possibilità di espressione conquistate dal cinema e da altri mezzi di comunicazione. L'audizione biauricolare, cioè l'ascolto binario ottenuto con la registrazione di suoni con due separati microfoni, suoni che sono trasmessi separatamente alle orecchie dell'ascoltatore e che conta sul potere localizzatore dell'udito, vale a dire sulla sua capacità di individuare la direzione di provenienza dei suoni, è costitutiva di questo lavoro. Tutti gli spettatori, circa cinquecento al Barbican, sono forniti di cuffie, tipo quelle che vengono date sugli aerei, attraverso cui Simon McBurney, solo in scena con pochi oggetti, tra cui un tavolo e molte bottiglie d'acqua, oggetti che gli servono per formare suoni, ed almeno tre microfoni, più uno biauricolare nascosto in una testa montata sul piedistallo che la sostiene, racconta la storia dell'incontro tra un fotografo americano e la tribú Mayoruna nella foresta pluviale brasiliana. Il racconto spazia su temi che comprendono la nozione di tempo, mettendo in forse concetti di presente, passato e futuro, e la possibilità di comunicare mentalmente, superando la difficoltà di comprensione tra lingue diverse, come avviene tra i due personaggi del fotografo e del capo tribù. McBurney dà vita a diversi personaggi cambiando di accento: americano, inglese, e di registro: basso, bisbigliato, parlato , acuto: l'americano, il capo tribù, la figlia piccoletta che disturba di tratto in tratto il lavoro di creazione del pezzo che si sta rappresentando, domandando che il suo papà le dia da bere, da mangiare, la rassicuri sulle sue paure ed infine le racconti una storia. Inizia inoltre i rumori, usando gli oggetti di scena da 'arte povera' a disposizione, che sono subito ripresi ed ampliati dalla registrazione biauricolare, ed esprime i suoni della foresta, dal frusciare degli alberi allo squittire delle scimmie, al cinguettio degli uccelli, allo scrosciare della pioggia. Mancano solo il profumo e la sensazione sulla pelle di vento, pioggia, sole, per trasportarci veramente là dove McBurney è con la sua mente. Esperimenti per trasmettere i profumo di un ambiente sono stati fatti nei musei, ma non ancora nello spettacolo. L'esperimento di McBurney sul suono apre un nuovo percorso per cercare di entrare nella mente dello spettatore per trasportarlo là dove si vuole. Di comunicare con lui al di là della lingua. Ci riesce? Da spettatrice, i diversi suoni con il loro significato mandati separatamente o all'orecchio destro o a quello sinistro, col proposito secondo l'autore di farli risuonare come propri nella mente dello spettatore, ha funzionato per me per una decina di minuti, poi l'udito si è abituato ed ha accolto e si è appropriato di questi stimoli come di solito li recepisce e li seleziona quando naturalmente provengono sia da un lato che dall'altro. Solamente qui maggiormente intensificati, dato l'alto volume. Il risultato è simile a quello che si ha nel vedere un film o un documentario in 3D con totale immersione sonora. L'innovazione sta nel poter suggerire ambienti, sensazioni e personaggi ricostruendoli attraverso le nostre capacità uditive, senza l'aiuto di attori e scenografie in questo caso. Nel 2013 David Cittadini e Andrew Hills usarono la nuova tecnologia biauricolare per il corto film australiano The Blind Passenger (Il passeggero cieco) ed nello stesso anno avvenne la prima registrazione biauricolare della Metropolitan Orchestra in Australia. Questo è il primo risultato per il teatro e costituisce un'innovazione ed un progresso importante. Rimane comunque sempre la capacità di McBurney di raccontare una storia, a tenere desto l'interesse dello spettatore.

Ultima modifica il Domenica, 28 Febbraio 2016 10:28

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