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Domenica, 18 Ottobre 2020
Pubblicato in Recensioni Prosa L

di Pietrangelo Buttafuoco
dal romanzo omonimo di Pietrangelo Buttafuoco
con Pietrangelo Buttafuoco
riduzione per voce sola in tredici quadri e un introibo di Giuseppe Dipasquale
videoproiezioni Francesco Lopergolo
73.mo Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico di Vicenza
Vicenza, teatro Olimpico, 10 ottobre 2020 - Prima nazionale

www.Sipario.it, 12 ottobre 2020

L’impresa eroica, l’epos dei narratori di piazza che coi loro cuntu, termine siciliano rappresentante il racconto, appunto, raccontavano gesta eroiche di personaggi e delle loro gesta fatti di grandi avventure si è rivissuta nello spettacolo “Il Lupo e la Luna”, in prima nazionale presentato a Vicenza nella 73.ma edizione dei Classici al Teatro Olimpico, portato in scena come lettura dallo scrittore e giornalista Pietrangelo Buttafuoco. Per quanto “cambio registro” sia stato rispetto agli altri spettacoli in programma, come da brochure, le caratteristiche rilevate da questo romanzo pubblicato nel 2011, “Il Lupo e la Luna”, sono state tali da essere non solo assimilate ai testi classici per eccellenza, la tragedia greca, ma si sono intrecciate spesso coi suoi temi fino a diventarne parte integrante senza sussulti o assestamenti particolari di sorta. Così è successo che un cuntu come questo, in ripresa teatrale è diventato nobiltà d’animo, fascinazione e trattato di grande linguaggio poetico, straordinaria parabola vertiginosa, consapevolezza d’animo. Solo, sul palco dell’Olimpico attorniato da ciò che l’immaginario ha consentito di vedere anche nei dettagli, grazie anche all’ottimo uso della videoproiezione di Francesco Lopergolo, Buttafuoco ha portato il pubblico in atmosfere favoleggianti che il fascino orientale porta naturalmente appresso a sé, fonte e sfondo di meraviglie e di lezione unica, narrate attraverso la storia di Scipione Cicalazadè. La storia del giovinetto messinese che dalla famiglia d’origine, Cicala, arriva al Sultano come dono ed è destinato a imprese epiche, guerre, conquiste, come comandante degli eserciti Ottomani di terra e mare, ben presto ha fatto capire come sia strettamente collegato al Nostos, a quel ritorno nostalgico e sofferto, a quel ricongiungimento come Lupo, con la sua amata Luna, ricambiato, come figlio con donna Lucrezia. Con la divina Selene che gli ha parlato e gli ha annunciato ardore e impulso del bene, Selene che sarà Luna. I personaggi hanno ruotato continuamente attorno al giornalista scrittore che con grande enfasi e impeto annunciava, declamava, portava il racconto a sublimazione, a trionfo di parola e gesto. Parola che però veniva ben spiegata, tanto che il contesto è stato vivo, quasi si materializzava tra mille colori e altrettanti incanti, dove sono apparse terribili e magnifiche allo stesso momento le tragedie vissute e gli amori colmati, uno stato di meraviglia che non ha lasciato scampo. Certo, il testo non è per tutti, e un minimo di concentrazione, voluta e cercata, bisognava applicarla altrimenti si correva il rischio di perdere passaggi importanti della storia, sublimazioni linguistiche che guai a smarrire. L’evento diventava così, addentrandosi e lasciandosi rapire dalla bellezza, una solenne cerimonia, dove Lupo e Luna indubbiamente simboleggiavano anche la fascinazione di tutto il romanzo, dove le galee e i guerrieri con forza si agitavano, dove il nibbio che chiamava la sciagura sconquassava testa e cuore in una bellezza che poco si vede in giro. Qua è là affioravano canti arabi, richiami a Franco Battiato, omaggi superbi e stacchi di luce che davano il giusto attimo di respiro tra un quadro e l’altro. Nelle città, minareti, monarchi, ospiti, e il rinnegato Scipione si son mostrati e mossi con leggiadria e forza prorompente visiva. Il ricongiungimento, il Lupo “che la Luna ama” è stato di nuovo quieto, in un tempo nuovo. Che sa sempre di antico, magia. Pietrangelo Buttafuoco è ben riuscito nell’incanto, ben apprezzato da un pubblico attento, mirante che ha capito la lezione, e che al termine ha omaggiato sia il narratore che i suoi collaboratori Lopergolo e Dipasquale.

Francesco Bettin

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