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La danza che trasforma la città. Virgilio Sieni: «Indago il movimento per capire il mondo». -di Nicola Arrigoni

Virgilio Sieni. Foto Marcello Norberth Virgilio Sieni. Foto Marcello Norberth

Nelle pieghe del corpo c'è la possibilità di sentire il mondo, di misurare lo spazio che ci sta intorno, di conoscere noi stessi e incontrare gli altri. Nelle pieghe del corpo è il progetto e la provocazione tersicorea lanciata da Virgilio Sieni, coreografo, architetto, direttore di Biennale Danza, un articolato itinerario coreografico e di esperienza che vede insieme Comune di Bologna, Emilia Romagna Teatro Fondazione, Fondazione Teatro Comunale di Bologna in collaborazione con Centro La Soffitta del Dipartimento delle Arti – Università di Bologna, ATER Associazione Teatrale Emilia Romagna, DOM la cupola del Pilastro/Laminarie, Teatri di Vita. E se il luogo d'azione, lo spazio di coinvolgimento è la città di Bologna per un mese palcoscenico della danza/gestuale del coreografo toscano, l'idea che sta all'origine del progetto si radica profondamente nell'estetica di Virgilio Sieni e nel suo modo di intendere il movimento e quindi va al di là dei singoli appuntamenti e forse merita un approfondimento su un'urgenza estetica e politica portata avanti dal coreografo e dalla sua compagnia.
È il direttore della Biennale Danza a spiegare l'idea che sta a monte di iniziative, laboratori, spettacoli che lo hanno visto impegnato da fine febbraio a inizio aprile nel capoluogo dell'Emilia Romagna, ma che ormai sembrano caratterizzare il suo modo di agire nel non facile contesto della programmazione culturale italiana. Tutto ciò ha un suo 'braccio operativo e di pensiero', nel 2007 codificato da Virgilio Sieni nell'Accademia sull'arte del gesto: «Attraverso cicli di pratiche, incontri e visioni articolate come dei camminamenti ed esperienze che l'uomo fa attraverso lo sguardo, io e i miei collaboratori intendiamo coinvolgere le sfere del professionismo e della vita comune, creando tutte le possibili fessurazioni dell'umano che dalla tecnica, dalla conoscenza e consapevolezza dei percorsi del gesto si travasano nel senso della trasmissione, dalla fragilità del corpo nel gesto poetico e nella coralità dell'azione», spiega Virgilio Sieni. L'obiettivo è coniugare estetica e antropologia, attraverso una serie di appuntamenti laboratoriali che portano la danza ad esplodere nella realtà. Prendendo le mosse da una riflessione profonda sul senso del corpo e della danza e sulla trasmissione del movimento, l'Accademia si pone come spazio di formazione, di studio e di creazione artistica inedita: essa rivolge le proprie pratiche a un ampio arco di destinatari che vanno dall'infanzia alla maturità, dai giovani danzatori in formazione ai professionisti, creando gruppi di lavoro e avvalendosi di artisti e studiosi di ambiti disciplinari specifici e diversi.
«Ciò che mi interessa non solo nel progetto Nelle pieghe del corpo ma in questa fase del mio percorso creativo e coreografico è delineare una geografia del gesto, un modo di abitare il mondo attraverso opportune posture corporali che dialogano con lo spazio intorno a noi e con l'altro – prosegue Virgilio Sieni -. Indaghiamo le tecniche del flâneur che si muove nella città e dialoga con una dimensione legata allo spazio. In questo senso il concetto di danza, di movimento coreografico finisce con l'esplodere e interessare non solo il momento performativo, la creazione artistica, ma invadere la vita, la città, tentando di ridefinirne gli spazi e perché no le relazioni di chi la città la vive». Per questo motivo sempre più spesso l'azione teatrale di Sieni non si limita alla messinscena delle sue coreografie, ma va cercando un legame con i luoghi e la gente che incontra nel suo viaggiare scenico. «Io e i miei collaboratori nel caso specifico del progetto bolognese, ma non solo, lavoriamo cercando di coinvolgere i territori, realizzando momenti laboratoriali che intercettano la realtà variegata e ricchissima delle scuole di danza, ma anche fasce di popolazione apparentemente lontane dalla danza e da un'espressione coreografica formalizzata, penso ai lavori con gli anziani, alla collaborazione con i partigiani qui a Bologna – continua il coreografo -. Attraverso questa prassi formalizzata nell'Accademia sull'arte del gesto miriamo a intervenire positivamente sulla vivibilità e su un possibile senso di appartenenza, tendendo a un rinnovamento del rapporto tra il corpo e la polis; attraverso la creazione di circoli virtuosi tra pratiche, visioni, e riscoperta di luoghi, i progetti portano all'elaborazione di percorsi, mappature e sentieri capaci di esprimere una visione nuova dell'arte e della città».
È come se il palcoscenico non fosse più sufficiente, anche se l'aspetto spettacolare, performativo rimane ed è centrale, anche nel progetto Nelle pieghe del corpo. Se ne è avuto un esempio nel debutto della Sagra della primavera, ora in tournée. «La decisione di realizzare La Sagra della primavera non è scissa dall'azione politica, ovvero che riguarda la città, che stiamo portando avanti – spiega Virgilio Sieni -. Questa Sagra indaga il sacrificio – tra intuito e struttura, rito e gioco – come forma epifanica e morale del bene comune, come scoperta dell'ignoto che scorre ai bordi della nostra vita, alla ricerca del gesto che dalle pieghe più profonde della sostanza individuale va a costruire comunità». E fra gli appuntamenti performativi del mese bolognese di Sieni forse quello che più esemplarizza l'azione fatta sulla città è Cena Pasolini «una vera e propria agorà, luogo aperto di scambi, idee, visioni, pratiche; un incontro con cinque gruppi, disposti intorno ad altrettante tavole, nel Salone del Podestà di Palazzo del Podestà, a rievocare l'Ultima cena e le sue figurazioni con folgorazioni pasoliniane e con i volti, i gesti, i corpi di interpreti professionisti e amatori, persone comuni, allievi di danza, cantori – spiega Sieni -. Il pubblico è libero di muoversi e circolare come in un bosco, fermandosi, accelerando, tornando indietro, perdendosi lungo il perimetro delle rappresentazioni dei gruppi. Gruppi formati ognuno da tredici interpreti: accorsi a una chiamata di selezione per due tavole, giovanissimi danzatori di scuole di ballo per un'altra postazione, tredici interpreti anziani e tredici cantori-interpreti della Corale Savani di Carpi per le restanti due cene: sono questi gli attori/comunità di una performance che credo possa ben esprimere quanto vado cercando in questi anni».
Virgilio Sieni presenta il suo percorso di coreografo come un fluire senza fratture, ma come un evolversi di un'idea di danza che si nutre delle arti e della vita, passando dai primi lavori elaborati al Ponchielli di Cremona nell'ambito del Progetto Neoclassico, per approdare alla Morfologia della Fiaba, piuttosto che ai lavori sul De Rerum Natura di Lucrezio, in un continuo inseguire forme e contenuti che possano dare al gesto e all'azione coreutica un peso specifico in cui bellezza e pensiero si coniugano per disvelare un'idea di mondo. Certo oggi il ruolo di direttore della Biennale Danza impone una riflessione politica rispetto all'esistenza, a cui il danzatore architetto non si sottrae: «Con la Biennale Danza stiamo lavorando in questa direzione – afferma -. L'idea della città, di usare l'espressività artistica, teatrale e coreografica come collante di comunità, strumento per ridefinire il ruolo e lo spazio del singolo rispetto al mondo/comunità trova una sua realizzazione proprio nella Biennale college in cui giovani danzatori hanno la possibilità di confrontarsi e lavorare con grandi maestri, oltre che vederne i lavori. Quest'anno poi l'esperienza di Biennale danza si intreccerà con la biennale architettura e anche in questo intreccio di linguaggi e di discipline credo si nutra la definizione di un modo di agire la danza e le arti performative come strumenti di dialogo e pensiero. E dopotutto l'architettura definisce gli spazi, costruisce spazi abitativi, il movimento coreografico racconta di un legame fra corpo e spazio circostante, ma anche fra corpo e altri corpi, nell'incontro e contatto con gli altri». E proprio in nome di una diffusione del sapere coreografico come strumento per leggere la realtà, Virgilio Sieni vede con fiducia la definizione in Italia di una ventina di centri di produzione per la danza, previsti dal decreto Franceschini: «È un'opportunità che viene offerta al mondo della danza, fino ad ora marginale e penalizzato rispetto alle altre realtà di spettacolo dal vivo – afferma -. Certo bisognerà operare cambiamenti, intessere collaborazione, dare vita a nuovi assetti, ma ciò promette di stabilizzare e dare forza istituzionale al mondo della danza». Insomma una trasformazione organizzativa e istituzionale che va di pari passa all'esigenza – soprattutto di questi ultimi anni – di fare dell'esperienza coreutica un'esperienza da condividere, che attraversa diversi mondi e che si fa strumento per ricostruire relazioni e comunità. Virgilio Sieni sembra aver fatto scuola se si pensa alle esperienze di 'danza sociale' portate avanti da Balletto civile da un lato e dall'altro da Michele Abbondanza e Antonella Bertoni, solo per fare due esempi. «Fa piacere constatare e notare che l'esigenza di uscire dal teatro, dalla sala prove per esperire il linguaggio della danza in contesti altri abbia una polifonia di voci – commenta Sieni -. È questo il segno che ciò che stiamo portando avanti da anni ha un confronto e una sua gemmazione che non può far che bene alla danza e magari al nostro modo di concepire lo spazio del corpo nella città, di concepire il movimento e il nostro essere posturale come un segno da indagare perché attraverso di esso noi esperiamo il mondo e il mondo ci conosce e ci ri-conosce».

Ultima modifica il Martedì, 07 Aprile 2015 12:30

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