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Intervista a Andrea Cigni di Nicola Arrigoni

Andrea Cigni Andrea Cigni

Dal Ponchielli di Cremona al Kazakistan, passando per il Maggio Fiorentino con il Cappello di paglia di Firenze di Nino Rota, per non tacere della coproduzione dell'applaudito Don Pasquale di Donizetti che nei mesi scorsi ha conquistato la Francia: insomma chi lo ferma più Andrea Cigni, regista toscano ma per anni in forza alla Fondazione Amilcare Ponchielli per cui ha firmato fra l'altro la regia de l'Orfeo di Monteverdi, La Traviata di Verdi e sempre di Verdi, L'Ernani. Il regista - che fra l'altro è direttore artistico del nuovo e promettente festival Orizzonti di Chiusi — è stato chiamato per dirigere l'opera Abay, composta da Ahmet Zhubanovs in collaborazione con Lateef Hamidi su libretto Auezov, una sorta di manifesto melico per il Kazakistan, in scena nel teatro dell'opera di Almaty, Abay Opera House; il debutto è previsto per il 7 e 8 giugno. Ciò a conferma di come la regia made in Italy abbia sempre più successo ed eco internazionale con i nostri metteur en scene protagonisti delle scene internazionali, anche quelle più lontane dai circuiti melici tradizionali come nel caso dell'impegno di Andrea Cigni in Kazakistan per la messinscena di un'opera che è una sorta di manifesto culturale e identitario del Paese. «Abay è la storia di un amore romantico e avventuroso di due giovani Azhar e Aidar sulla lotta contro il conservatorismo e riformismo — spiega il regista —. Vero eroe, poeta e pensatore Abay apre la strada alla speranza e alla libertà . E tutto il dramma dell'opera è il confronto di conformità e il desiderio di cambiamento. E' un'opera che ha un profondo valore politico».
Ma al di là dell'opera in sè come è percepita la cultura operistica in Kazakistan?
«Lavorare qui in Kazakistan mi ha messo in relazione con un modo lontanissimo di concepire l'opera. Le modalità produttive, ormai consolidate e funzionanti nel nostro paese, qua sono ancora in nuce, pertanto siamo all'Abc dell'opera lirica tout court, almeno ad Almaty. Per fare un esempio non si conosce il valore di prove musicali, prima delle prove di regia, o non si sa cosa sia una prova antepiano o addirittura una generale... Per cui termini e modus operandi sono davvero tutti da 'insegnare'. E probabilmente questa loro non conoscenza farà sì che nel giro di pochi anni si impossesseranno di un know how necessario ad essere autonomi... Lo stesso dicasi per la realizzazione di scene e costumi, o per l'uso delle luci in scena, portati avanti con molta approssimazione nella loro tradizione».
Insomma non proprio una passeggiata, pare di capire...
«Da un lato c'è  la curiosità di introdurre nuove modalità lavorative, di fare cultura e musica con lo stile italiano, dall'altro c'è la volontà di lanciare la cultura nazionale del Katzakistan nel mondo. Questi aspetti la fanno da padroni, pertanto pur con limitate capacità produttive tutti hanno una volontà, in alcuni casi, molto determinata».

Andrea Cigni

Per quanto si ritrovi a dirigere un'opera legata alla storia del Kazakistan...
«Abay è un'opera firmata due compositori kazaki molto famosi, appartenenti alla prima metà del Novecento. Va in scena il conflitto sociale tra leggi conservatrici e leggi progressiste riformatrici. Abay utilizza un plot romantico di una storia d'amore contrastata tra due giovani per dipanarsi fino allo scioglimento finale. Abay rappresenta un po' quello che è il Nabucco per gli italiani».
Un'opera dalla forte connotazione simbolica?
«Non a caso l'Opera House è dedicata ad Abay, le cui statue campeggiano in città e in molte altre città kazake. Tutto sembra rispondere a una necessità: far conoscere la propria cultura per rendere il Kazakistan una nazione interessante agli occhi della comunità internazionale culturale. Quello che si sta preparando è un evento nazionale, sono andato nella tv di Stato, i giornali via hanno dedicato pagine intere. Certe volte è un po' imbarazzante, tanto è l'eco che sta accompagnando questo lavoro».
E' per questo che l'hanno chiamato a dirigere Abay, in scena il 7 e 8 giugno prossimi?
«Siamo stati chiamati dal Ministero della Cultura del Kazakistan. Questo progetto e questo allestimento sarà in repertorio per 20 anni. Dal 2014 al 2034 e sarà oggetto di scambio culturale tra le nazioni in occasione di relazioni e scambi culturali tra il Kazakistan ed il resto del mondo. Ad esempio verrà portato a Parigi il prossimo anno e nel 2017 sarà puntualmente in scena per l'expo 2017 di Astana».
Insomma un evento...
«Qui non si parla d'altro».
Anche se non c'è cultura operistica?
«La tradizione lirica in Kazakistan è limitata al poco loro repertorio, ma c'è molta attenzione a ammirazione per il repertorio lirico italiano soprattutto ed europeo. In generale l'Italia è conosciuta per il prodotto cultura e sicuramente più apprezzato di quanto spesso lo si faccia in patria. E ciò non vale solo per l'Italia in generale...»

Ultima modifica il Domenica, 08 Giugno 2014 21:51

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