giovedì, 28 marzo, 2024
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INTERVISTA ad ANTONIO CONFORTI - a cura di Michele Olivieri

Antonio Conforti Antonio Conforti

Antonio Conforti nasce a Salerno nel 1994 e comincia la danza all'età di otto anni in una piccola scuola provinciale. Ad undici anni entra a far parte della scuola di ballo del Teatro di San Carlo di Napoli dove inizia la sua formazione artistica sotto la direzione della signora Anna Razzi con la maestra Antonina Randazzo. Nel 2010, viene ammesso nella scuola di ballo dell'Opéra di Parigi sotto la direzione di Elisabeth Platel, nella quale perseguirà gli ultimi due anni di insegnamento con i maestri Eric Camillo, Jacques Namont e Wilfired Romoli. In occasione degli spettacoli della scuola di ballo nel 2012, lavora con Violette Verdy per "Variations sur un thème de Paganini" e Nils Christe per "Symphony in three movements", e nello stesso anno supera il concorso ed entra a far parte del corpo di ballo dell'Opéra di Parigi diretto da Brigitte Lefèvre. Da cinque anni Antonio partecipa con la compagnia alle produzioni di Rudolf Nureyev, Roland Petit, Jirí Kylián, William Forsythe, Frederick Ashton, Maurice Béjart, John Cranko e Crystal Pite. Ha l'opportunità di ricoprire alcuni ruoli solisti come le due coppie del primo movimento di "Palais de Crystal" di George Balanchine, il solista indiano della "Bayadere" di Rudolf Nureyev, il primo trio in "Variations Goldberg" di Jérôme Robbins, il balletto "Seven Sonatas" di Alexey Ratmansky, "Tar and Feathers" di Jirí Kylián e "Herman Schmerman" di William Forsythe. Inoltre partecipa alle creazioni mondiali di "Célébration" di Pierre Lacotte in occasione del tricentenario della scuola di ballo, "Le Chant de la terre" di John Neumeier, "Entre Chien et Loup" di Justin Peck, "The Season's Canon" di Crystal Pite e "Grand Miroir" di Saburo Teshigawara.

Gentile Antonio, la danza nella tua vita è entrata per caso, vedendo ballare tua cugina, è stato subito amore a prima vista?
A dire il vero l'unico ricordo che conservo è quello di aver chiesto, un giorno ai miei genitori, di cominciare a studiare danza classica, ma senza nessuna vera ragione. È successo all'improvviso e con una chiara volontà. All'inizio i miei non erano molto entusiasti perché non capivano il motivo di questa scelta, da due anni seguivo dei corsi di nuoto in quanto a mia madre piaceva, e il compromesso è stato quello di iscrivermi a danza se avessi continuato a praticare anche questo sport (personalmente odiavo andare in piscina). Ho accettato e per un anno ho fatto nuoto e al contempo danza ma era dura. Alla fine i miei genitori si persuasero che la danza mi rendeva veramente felice e da allora non smisi più. Quindi sì, posso dire che è stato veramente un colpo di fulmine!

All'età di sette anni poi i tuoi genitori ti hanno iscritto ad una scuola di danza a Baronissi. Che ricordi conservi di quel periodo e delle prime lezioni?
I ricordi che ho di questo periodo sono felici. In un certo senso è lì che ho scoperto cos'era la danza, la prima sbarra, i primi esercizi e ho adorato lavorare sin dall'inizio. Poi ho continuato a ballare anche fuori dalla scuola, dappertutto, in strada, in casa e ricordo mia nonna che non ce la faceva più di vedermi saltare continuamente da una parte all'altra!

Poi a dieci anni, sei entrato alla scuola del San Carlo di Napoli. Cosa rammenti di quella giornata e dell'audizione in particolare?
Ricordo la spenzieratezza e la sensazione di non rendermi veramente conto di cosa stesse accadendo. Ci provavo giusto così quasi per gioco! Eravamo tutti in sala Galizia ad aspettare il nostro turno seduti lungo gli specchi ed io ero l'ultimo. Passammo la prova fisica e poi c'era un altro passaggio per valutare la musicalità di ognuno di noi. Rammento che si fece tardissimo e la segretaria dovette chiedere alla direttrice se potevo passare prima degli altri perché altrimenti avrei perso l'ultimo pullman per far rientro a casa da Napoli! Che vergogna!!!

Che esperienza è stata frequentare per cinque anni la scuola napoletana di una delle più celebri istituzioni coreutiche nazionali?
È stato bellissimo!!! A Napoli ho imparato tutto, e ho avuto la fortuna di avere dei professori eccezionali come Antonina Randazzo, Carmen Panader e la stessa direttrice Anna Razzi. Mi hanno insegnato la disciplina, l'amore per il lavoro costante, e poi il senso artistico e il modo di presentarsi in scena. La maestra Randazzo è stata straordinaria, ci ha insegnato tutte le basi della tecnica con estrema precisione e una devozione al suo lavoro che ho raramente visto. La signora Razzi aveva un bagaglio immenso grazie ad una bellissima carriera da étoile alla Scala e ha saputo trasmetterci gli insegnamenti con infinita passione. Lei stessa ci faceva provare per tutti gli spettacoli di fine anno e si trattava sempre di grandi balletti del repertorio. Ricordo di quando facemmo "Raymonda", ci aveva fatto vedere nel suo studio dei video della creazione all'Opéra di Parigi con Rudolf Nureyev e Noella Pontois, eravamo tutti incantati. Sempre con la Signora Razzi ho cominciato le mie prime lezioni di passo a due, è lei che ci ha insegnato come portare una ballerina e devo dire che i suoi preziosi consigli mi hanno sempre aiutato durante la mia carriera. Poi a Napoli c'era un'atmosfera geniale, nel mio corso eravamo tutti appassionati, con la voglia di scoprire e andare sempre più lontano. Come posso dimenticare le volte che restavamo in sala al termine delle lezioni, la sera tardi, a provare di tutto, facevamo dei concorsi di pirouettes, ci inventavamo dei passi a due... E poi i napoletani ammetto che hanno un senso artistico innato, ho dei ricordi dell'atmosfera che c'era prima di entrare in scena durante gli spettacoli, lo stress di salire in palcoscenico per la prima volta era molto meno importante rispetto alla gioia che si respirava, all'eccitazione e alla sensazione che una volta messo il piede sul quel palco ci sentivamo a nostro agio, a casa! Questi sono momenti bellissimi ai quali ripenso spesso quando sono agitato prima di entrare in scena e il loro pensiero mi fa tornare immediatamente con i piedi a terra dando una visione di maggiore leggerezza.

Raggiungere il palcoscenico dell'Opéra di Parigi è sempre stato un tuo sogno?
Sì quando ero in Italia l'Opéra era il tempio della danza per noi! Era un posto che veramente esisteva solo nei sogni, rappresentava l'irraggiungibile.

Com'è avvenuta la convocazione nel celebre teatro accademico parigino?
Un giorno espressi il desiderio a mia madre di provare a fare l'audizione, ma veramente senza aspettarmi nulla, anzi ricordo che mi dicevo che anche solo entrare una volta nella mia vita in quelle mitiche sale, che vedevo sempre nei video, mi sarebbe già bastato. Quindi ci siamo tutti imbarcati in questa lunga avventura che è durata quasi un anno, tra la domanda di audizione, la preparazione del video e delle foto richieste, abbiamo cominciato a settembre per terminare ed inviare il tutto a marzo. Poi ad aprile ho ricevuto una lettera di convocazione da Elisabeth Platel per un'audizione nella scuola parigina il mese successivo. Già lì fu una vittoria, ero felicissimo di partire per Parigi. Fummo tutti molto sorpresi perché eravamo un po' nell'ottica di provare ma senza aspettarci niente. L'idea di essere ammesso all'Opéra di Parigi era quasi impensabile, venivo da un piccolo paesino di mille abitanti, i miei genitori fino ad allora non sapevano nemmeno cosa fosse l'Opéra, figuriamoci se ci si immaginava che un giorno avrei potuto lavorarci, e pertanto dopo questa famosa audizione a Nanterre, il 18 maggio 2010, Elisabeth Platel ci chiamò nel suo studio per annunciarci che ero stato ammesso alla scuola. Il sogno era diventato realtà!!

Il primo impatto che sensazione ha avuto?
Il primo impatto fu durissimo, per una settimana intera ogni sera piangevo al telefono con i miei! Arrivai a scuola senza parlare una parola di francese ed entrai in una classe dove tutti si conoscevano già da anni. Non capivo niente, non prendevo parte a nessuna discussione, ero spesso solo e l'unico momento in cui non mi sentivo un pesce fuor d'acqua era quello alle lezioni di danza.

All'audizione sei stato l'unico italiano ammesso al corso di danza. Quali differenze hai notato tra l'insegnamento al San Carlo e quello all'Opéra?
Beh le differenze c'erano, ho subito sentito che entravo a far parte di un insegnamento che era portato avanti da generazioni e generazioni. Immediatamente ho percepito un interesse particolare al piazzamento del corpo e alla pulizia di ogni movimento, che forse a Napoli c'era di meno in quanto eravamo più liberi, osavamo molto di più buttarci in tutto senza paura. Malgrado un insegnamento di altissimo livello alla scuola dell'Opéra oggi mi rendo conto che comunque arrivando lì persi un po' d'istinto e di libertà alla ricerca della pulizia e della precisione estrema. Ma in quel momento ne avevo bisogno per migliorare la qualità del mio lavoro e poi per adattarmi agli allievi francesi che erano già molto avanti sotto questo punto di vista.

La Scuola di ballo dell'Opéra era diretta da Elisabeth Platel. Quali sono stati gli insegnamenti più importanti ricevuti da lei?
Le cose che ricordo sono l'efficienza dei suoi consigli che ci rassicurava molto prima dell'entrata in scena. Poi, senza ombra di dubbio, l'eleganza e l'allure dello stile francese!

Hai qualche mito della danza al quale ti ispiri, sia del presente che del passato?
Ho un amore smisurato per Rudolf Nureyev! È stato il primo ballerino che ho visto in un dvd quando ho iniziare a studiare danza. Cerco di ispirarmi a lui sempre. Sono molto sensibile al suo modo di ballare e ho avuto la grandissima fortuna di entrare all'Opéra dove si parla ancora di tutto ciò che ha apportato ad un'intera generazione di ballerini quando era direttore della compagnia. In particolare Florence Clerc, un'insegnante e già étoile dell'Opéra a cui tengo molto, mi trasmette tutt'oggi con un amore estremo ciò che Nureyev, al quale era molto legata, le ha insegnato. È un modo di approcciare la tecnica e la danza che trovo interessante e toccante. Dal momento in cui ho capito la sua essenza ho anche percepito una visione nuova della danza.

Nel 2008 hai preso parte allo "Schiaccianoci" a Napoli con Roberto Bolle protagonista. È stato emozionante?
Sì è stata davvero una bellissima esperienza, per la prima volta io e i miei compagni di corso facevamo parte di un vero e proprio spettacolo con un corpo di ballo e delle celebri étoiles. Partecipando alle prove e vedendo tutti questi ballerini professionisti il risultato fu molto eccitante. In più lo Schiaccianoci è un balletto che ad undici anni fa sognare e ti rende partecipe di una vera e propria magia artistica.

Un tuo ricordo personale per la direttrice del San Carlo, la Signora Anna Razzi?
Il ricordo più bello che ho di lei è il giorno in cui l'ho salutata perché poi sarei partito per Parigi. Siamo rimasti molto tempo a parlare e alla fine eravamo tutti e due commossi e le parole di incoraggiamento e di forza che mi ha detto non le dimenticherò mai!

Mentre della tua maestra Antonina Randazzo?
Della maestra Antonina ricorderò per sempre la dolcezza infinita con la quale ci insegnava e nello stesso tempo anche la sua determinazione. Non lasciava passare niente, vedeva tutto! Poi non ci insegnava solo la danza ma anche la vita, come comportarsi e come relazionarsi con gli altri. Ci ha fatto diventare adulti nel nostro lavoro, e credo che molti di noi le dobbiamo tanto, per essere diventate persone mature e responsabili, in poco tempo, grazie ai suoi consigli.

Ritornando a Parigi, poi ti sei classificato primo in assoluto al Concorso interno indetto dall'Opéra di Parigi e da quel momento hai preso il volo sulle scene internazionali entrando a far parte del Corpo di ballo. Qual è stato il tuo primo pensiero, appreso l'esito?
Il primo pensiero è stato quello di avvisare la mia famiglia. Poi la gioia immensa e una sensazione di sollievo! Quell'anno c'erano solo quattro posti per entrare in compagnia e i candidati erano tantissimi, quindi la missione era altrettanto difficile! Riuscire ad avere un contratto all'Opéra è una cosa di un valore inestimabile, credo che veramente resti uno dei giorni più belli nella mia carriera. Ciò rappresenta anche la transizione tra la fine del percorso di studio e l'inizio di una vita professionale, tutto in un giorno, è enorme!

Sei nato a Gaiano, piccola frazione del Comune di Fisciano. Immagino tu sia diventato l'orgoglio dei tuoi concittadini?
Sì è vero, i miei paesani mi hanno sempre trasmesso immenso calore e ancora oggi quando torno a casa è bello sentire il loro costante sostegno.

Cosa devi in termini di gratitudine ai tuoi familiari, soprattutto ai tuoi genitori per averti aiutato e supportato nel coltivare il sogno tersicoreo?
Tutto!!! Ho una famiglia speciale! La vita di paese è molto diversa da quella di una metropoli e i miei genitori hanno sempre mostrato grande coraggio dandomi fiducia e lasciandomi partire ogni volta più lontano, prima a Napoli poi a Parigi sostenendomi e aiutandomi in ogni momento del mio percorso fino ad oggi, grazie anche a mia sorella. Mi sento estremamente fortunato nell'avere al fianco una famiglia così speciale!

Hai vinto anche il "Premio Arop" (Association pour le Royonnement de l'Opera de Paris), in cosa consiste tale riconoscimento e come è avvenuto?
Per essere precisi è il premio "Arop Jeunes Espoirs" che è assegnato da qualche anno ai due primi classificati al concorso per entrare in compagnia. Quindi essendo arrivato primo mi hanno dato il premio, che viene assegnato presso la scuola a Nanterre alla presenza della direttrice, del corpo di ballo e del presidente dell'Arop.

In occasione degli spettacoli della scuola di ballo a Parigi, hai collaborato con Violette Verdy, da poco scomparsa, cosa ti ha colpito maggiormente in lei?
Che fortuna aver potuto lavorare con lei!!! Era una donna piena di umanità, aveva un senso artistico e dello stile estremo ed era di una gentilezza e dolcezza che nessuno riuscirà mai a dimenticare. Il periodo di lavoro con lei fu bellissimo, era attentissima ad ognuno di noi, e solo con qualche frase riusciva a trasmetterti così tanto amore per la professione. E poi Violette era sempre solare, un vero esempio di positività e felicità. Conoscerla è stato un regalo stupendo.

Tra i ruoli sostenuti fino ad oggi, in quale ti sei sentito perfettamente a tuo agio?
Ogni volta che ho lavorato in un ruolo è stata sempre una bella avventura. Il piacere e il divertimento di calarsi nella ricerca approfondita di un personaggio o di trovare semplicemente un modo di fare o di presentarsi è un'esperienza interessante. Si scopre sempre qualcosa in più su se stessi e si impara tanto. Quando ti metti completamente al servizio di un personaggio o di un coreografo cerchi di partire da zero ed essere totalmente disponibile, quindi automaticamente l'esperienza ti cambia insegnandoti cose nuove e diventa unica. Poi quando vai in scena, dopo giorni di lavoro e di ricerca, all'improvviso ritrovi te stesso di fronte a ciò che hai costruito ed è lì che ritrovi le cose più entusiasmanti. Riguardo la mia esperienza il ricordo più forte è quello in uno spettacolo a Brest in Francia, in tournée con la compagnia dove ballavo "Seven Sonatas" di Alexei Ratmansky. È un ruolo a cui avevo lavorato moltissimo. Quella sera era il mio ultimo spettacolo e sono riuscito a creare ciò che ho poi vissuto nel prosieguo. Ricordo l'istante preciso in cui nella mia testa ho lasciato tutto, e a partire da lì fino alla fine, ho avuto la netta sensazione di essere guidato da un qualcosa che era più grande di me e che non controllavo... più mi lasciavo andare a quella sensazione più tutto andava bene e percepivo un piacere indescrivibile! È stato davvero uno spettacolo che non dimenticherò mai perché mi ha fatto scoprire uno stato rarissimo e difficile da spiegare e che da allora non smetto di voler ritrovare.

Hai preso parte a celebri coreografie di geniali creatori quali Petit, Kylián, Forsythe, Béjart, Cranko, Balanchine, Nureyev e molti altri, quali sono state le difficoltà tecniche riscontrate?
Ognuno di loro ha il suo modo per esprimere e comunicare qualcosa, ovviamente ci sono linguaggi con i quali ti senti subito a tuo agio ed altri meno. La difficoltà sta nel riuscire con il tuo corpo e con i mezzi che hai ad entrare in sintonia con la visione del coreografo e di capire ed esprimere al meglio il suo messaggio.

Cosa ti piace di Parigi e quali passioni coltivi nel tuo tempo libero?
Di Parigi adoro tutto! È una città talmente piena di ispirazione che il solo passeggiare per le strade e guardarti attorno ti riempie gli occhi e l'animo di bellezza. Poi a Parigi non manca nulla, musei, cultura, esposizioni e ogni tipo di divertimento! Nel tempo libero, anche se non ne ho molto, cerco di coltivare il mio sapere andando al cinema o ai musei non tralsciando gli amici su una terrasse de café o in un parco.

Com'è la tua giornata tipo? Quante ore provi?
I planning variamo molto rispetto ai balletti che si preparano durante la stagione. Al mattino c'è la classe, quella non cambia mai! Poi abbiamo dalle tre alle cinque ore di prove quotidiane rispetto ai ruoli che ricopriamo nei balletti e alla sera, frequentemente, lo spettacolo.

Che sensazioni assapori, quando ti ritrovi a ballare?
Il piacere di ricerca su se stesso e sul proprio corpo, la voglia e il bisogno di riuscire a trovare ad ogni istante quello spazio, quel tempo, quel luogo in cui tutto è possibile e infinito.

Caro Antonio, per terminare, cosa è riuscita a regalarti, finora, la nobile arte della danza?
Degli istanti, delle imagini, delle sensazioni, degli incontri che mi formano, mi fanno crescere e mi insegnano ad essere libero.

Ultima modifica il Lunedì, 26 Febbraio 2018 13:32

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