Compagnia Virgilio Sieni
regia, coreografia, spazio e luci Virgilio Sieni
musica Paolo Damiani
costumi SilviaSalvaggio
interpreti Jari Boldrini, Nicola Cisternino, Maurizio Giunti, Andrea Palumbo, Giulio Petrucci
produzione Comune di Firenze, Dante 2021 Comitato Nazionale per le celebrazioni dei 700 anni, Campania Teatro Festival
collaborazione alla produzione Fondazione Teatro Amilcare Ponchielli – Cremona
Teatro Ariosto 20 novembre 2021
Per celebrare Dante nel settimo centenario dalla sua morte Virgilio Sieni offre la sua personale visione di Paradiso, presentata il 20 novembre al Teatro Ariosto di Reggio Emilia. Delle tre cantiche della Divina Commedia il Paradiso è quella dove Dante sperimenta la sua più alta espressione poetica e in cui esprime la finitezza dell’uomo rispetto a Dio. In questa coreografia omonima Sieni non dà una rilettura del Paradiso dantesco, una versione coreografata dei versi, non cerca di tradurre il testo in movimento ma presenta una gestualità proiettata verso l’intenzione dell’azione, rinunciando alla continuità mimica tra reale e immaginario. Dante immagina il Paradiso al di sopra del monte Purgatorio, che termina col Paradiso Terreste sulla sua vetta; Virgilio Sieni immagina un Eden cupo e lussureggiante, in cui, dispone cinque danzatori immersi in una fitta e costante foschia. Su questa scena domina una natura sovrastante, una rigogliosa e cupa foresta. La coreografia è costruita sull’interazione con le piante, che vengono portate sul palco, sollevate e depositate al suolo. L’azione coreutica si sviluppa nell’ accarezzare e pressare lo spazio invisibile edificando una magnificenza geometrica, quella “danza per endecasillabi” costituita di terzine gestuali, in cui il gesto ritorna, ricostruendo l’idea dell’endecasillabo: una maniera umile per porsi nei confronti dell’opera dantesca. I cinque danzatori sono parte dell’intricata vegetazione. I loro gesti sono lenti e fluidi, sono movimenti primordiali sottolineati dal suono di un violoncello rarefatto e distorto da manipolazioni elettroniche, con sonorità ripetitive lente e quasi ipnotiche . I corpi si cercano, sembrano intrecciarsi alla natura, quasi si toccano, ma è solo un anelito che mai si compie come la tensione verso Dio che Dante esprime nella terza cantica. L’atmosfera sul palco è rarefatta e sofisticata, i movimenti si ripetono con un’eleganza formale che non sovrasta mai l’evanescenza dell’intenzione. Sieni non dipinge il Paradiso, il luogo che l’umano non ha possibilità di raggiungere, ma resta nell’Eden, il giardino che mostra cupo, intricato, lussureggiante ma non accogliente. Come dichiara il coreografo, «è un cammino dall’umano al divino, dal tempo all’eterno. Quello che rimane alla fine è un giardino come traccia della coreografia e fioritura dei gesti passati».
Giulia Clai